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L'impostura della chiesa e il libro di Ponzetta
di Carmelo R. Viola
Fabrizio Ponzetta è uno studioso di tutto rispetto. Con “
”, 76 pagine dense di citazioni, nomi e considerazioni icastiche, ci conferma in maniera irrefutabilmente documentale e oggettiva che “il Vaticano è un inganno che dura da duemila anni” (p. 17), basato sulla leggenda di Gesù, dal che deriva la illegittimità storica e giuridica di un istituto detto Chiesa cattolica.
La tesi è tutt’altro che nuova; nuovo è l’approccio con cui l’autore, con uno stile ironico, divertito e divertente, scopre le carte della somma impostura e le sventola sicuro di non potere essere smentito, proprio perché l’istituto in questione non ha verità storiche ed argomenti logici da contrapporre all’evidenza solare dei fatti, ma solo dogmi, decreti e il divieto di mettere in dubbio – per dovere di fede – le affermazioni formulate e fossilizzate dall’autocrazia dei papi, i quali sono infallibili, per autoaffermazione (sic!) quando parlano “ex cathedra”, qualunque cosa dicano.
A nostro avviso, non ci sarebbe bisogno di alcuna prova cartacea per confutare quella montagna di gratuità su cui si erge la Chiesa cattolica, proprio perché le assurdità in quanto tali si confutano da sé. Basta la prima della lunga serie a far crollare tutte le altre come una colonna di coppie di carte da gioco messe in piedi a V rovesciata: spingendo la prima coppia, crolla via via tutta la colonna fino alle ultime due carte. È l’immagine del dio-persona, una contraddizione in termini in quanto sta per “tutto-parte”. Il padreterno (si noti bene l’attributo incorporato) sarebbe vissuto in un eterno infinito, entità solitaria e inutile, fuori del tempo e dello spazio. Finché avrebbe creato dal nulla il mondo e l’umanità. Poi, notando l’imperfezione della propria opera (sic!), avrebbe mandato sulla Terra l’unico figlio (avuto da chi?) per esservi sacrificato attraverso il terribile supplizio della croce e così produrre la redenzione dell’uomo ovvero la correzione dell’opera divina... Donde la favola del cristianesimo. Ora, se il dio-persona è un non-senso, come può esistere un istituto che lo rappresenti? E così via.
Tuttavia, il semplice gioco critico della letteratura del settore, le cui pagine si elidono a vicenda, come nel caso specifico, in una fantasmagoria di ridicolo, è un di più utile e perfino ricreativo e serve a documentare la patologia dell’uomo – geneticamente adolescente, che la biologia sociale chiama “antropozoo” – ad abbandonarsi ai ludi del pensiero per crearsi una realtà immaginaria ma rassicurante o per sostenere un potere dispotico ma rassicurante. Infatti, il secondo bisogno costante dell’uomo (inizialmente un “animale che ha coscienza della propria precarietà”) è quello della rassicuranza affettiva contro il mistero della vita e della morte. Senza questa “costante” (uno dei motori biologici, alias diritti naturali, del soggetto) non ci sarebbe il sovraffollamento delle invenzioni “religiose” e un archivio poderoso di parole inutili. Con l’età adulta, ovvero con consapevolezza critica, ogni disputa “religiosa” perde ogni ragion d’essere, ma l’uomo tarda a crescere diventando sempre più grottesco a fronte di una tecnologia sempre più potente, quasi magica e spettacolare che lo sovrasta e minaccia di distruggerlo.
Il nostro bravissimo Ponzetta prende in considerazione il “Codice Da Vinci” dell’americano Dan Brown (1999), che dà una versione eretica della vita di Gesù e fa vacillare, attraverso una serie di altre affermazioni, la legittimità del Vaticano: diventa un best seller mondiale ma la Chiesa, invece di confutarlo, lo scomunica il 25 marzo 2005 per bocca del cardinale Tarciso Bertone. Questi denuncia una specie di complotto anticattolico nel libro in questione che, guarda caso, a sua volta, denuncia un “complotto cattolico per occultare la verità e addirittura la discendenza di Cristo”, dal Dan Brown ritenuta “di sangue reale” (p. 19).
Il lavoro incontra un oppositore critico sistematico nel cattolico Ullate Fabo che scrive, appunto, “Contro il Codice Da Vinci”. Il paladino papale si destreggia ma non esce – e come potrebbe? – dai confini catechistici dell’istituto di cui è un suddito psicologico (alias fedele), nemmeno quando pretende di – come dice Ponzetta – indossare “i panni dello storico” (p. 31). Davvero mostruosamente sconcertante quando pretende perfino di difendere la memoria della “tanto ingiustamente diffamata Inquisizione spagnola” (sic!) (p. 32).
L’autore segue passo passo la confutazione dell’Ullate Fabo, che finisce per scadere nell’esilarante come chi voglia difendere la bontà di un boia. Inserisce momenti della somma impostura come quello della teofagia, bellissimo termine (dal sottoscritto da sempre usato) per indicare il mangiare “il corpo di Cristo” nell’eucaristia (edizione riveduta e corretta del selvaggio totemismo) (p.40). Ullate Fabo confuta con insistenza la condanna della Chiesa del sesso in quanto cattivo e sporco affermando che questo ha una funzione specifica come il mangiare “che non è un male ma non serve per unirsi a Dio”, dimenticando – fa notare Ponzetta – la funzione sopra accennata dell’eucaristia.
Il “Codice Da Vinci” – annota ancora l’autore – espone “verità incontestabili come le incongruenze dei vangeli”, l’essere il cristianesimo “un sincretismo azzardato di ebraismo e culti misterici” (p. 47), l’assenza di alcuna “fonte storica dell’esistenza di Gesù relativa all’epoca in cui sarebbe dovuto esistere” (tra p. 47 e p. 48).
Dan Brown, autore del “Codice Da Vinci”, venne denunciato da Baigent, Lincoln e Leigh da cui avrebbe copiato buona parte del suo lavoro, il che non toglie nulla all’importanza delle affermazioni in esso contenute. Per contro “l’ansia di confutare Dan Brown – scrive l’autore a p. 50 – porta Ullate Fabo a livelli davvero demenziali”, donde il sottotitolo del saggio con riferimento allo neognosticismo, cioè alla pretesa “gnosi” (conoscenza) dei nuovi correttori della demenza romana.
Fabrizio Ponzetta riporta affermazioni delle due sponde e cita una serie di autori che consolidano la sua posizione di negatore di cotanta menzogna e impreziosiscono la sua fatica. In una nota di p. 60 ricorda come lo studioso e assistente papale Lorenzo Valla dimostrò, nel 1440, “la fasulla “donazione di Costatino” che giustificò il potere temporale della Chiesa per tutto il medioevo” (…) “spiegando che il papa all’epoca della donazione non era Silvestro, ma Milziade, che Costantinopoli non portava quel nome, ma si chiamava ancora Bisanzio e che il testo non si esprimeva in latino classico, ma in una forma volgarizzata in uso secoli dopo la data che voleva essere quella del documento”. Più falsi di così! A p. 64 Ponzetta riporta come Ullate, avvocato (si fa per dire) della Chiesa, “cristiano abbastanza colto (giornalista laureato in Legge)”, nello sforzo di confutare “un’affermazione storicamente inconfutabile” del Brown: “La sopravvivenza della religione pagana nella simbologia cristiana è innegabile” e “nel cristianesimo non c’è nulla di originale”, contrappone che “Il cristianesimo non si presenta come una religione “originale” ma come la vera religione”, dimostrando con quale e quanta disinvoltura sofistica la Chiesa liquida suoi critici. È la logica dell’“ipse dixit” che autorizza il cardinale Ratzinger (attuale papa regnante) a definire negli anni Novanta, in un documento indirizzato ai teologi “come peccato la tentazione del dissenso” (p.70). Allora il detto alto burocrate del potere clericale era a capo della “Congregazione per la dottrina della fede” successa al “Sant’Uffizio”, a sua volta filiazione della “Santa Inquisizione”!
Il lavoro di Fabrizio Ponzetta, uno che conosce ed esercita con passione ed onestà il mestiere di ricercatore ed esegeta della complessa storia delle religioni, va letto dalla prima all’ultima pagina con l’attenzione di chi ha da apprendere anche motivi di profonda riflessione sulla grottesca miseria umana, come quello che nel 1964 un ennesimo decreto papale “afferma la verità storica dei vangeli e vincola esplicitamente ogni interprete a “nutrire uno spirito di pronta obbedienza all’autorità docente della Chiesa”” (p.70).
Come si può credere – si chiede lo stesso Ponzetta – e cercare la verità? A p. 63, premettendo che, se dipendesse dalla Chiesa, esisterebbe solo la libertà di credere in essa, afferma “A prescindere da ciò, i cristiani (…) devono essere liberi di professare il proprio credo; io sarei fra i primi a insorgere se questo diritto venisse loro negato”.
Carmelo R. Viola
crviola@mail.gte.it
Centro Studi Biologia Sociale - gennaio 2006
per approfondire: il primo capitolo de: Il "complotto" da Vinci. Scontro demenziale tra Chiesa e neognosticismo di Fabrizio Ponzetta - Jubal editore
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