Attento al ginepraio della droga, Fini.
di Antonio Abrignani
Signor Vice-Presidente del Consiglio,
non mi rivolgo a lei nella sua veste di responsabile di governo, né di uomo politico. Mi permetto di scriverle da cittadino a cittadino. Da tempo mi occupo di temi inerenti la droga e le tossicodipendenze e, periodicamente, assisto a rinnovati (?) dibattiti pubblici sulla revisione della legge sugli stupefacenti. Ora in un senso, ora nell'altro.
Certe volte mi sembra la scena di un cane che si morde la coda. Un cane, forse, confuso dai troppi padroni.
Ho l'impressione di assistere, in materia, a caroselli di argomentazioni e proposte assolutamente astratte, se non strumentali e tendenziose, senza altro valore che di enunciato ideologico di opposte fazioni.
E non mi riferisco a lei, né ad altri cittadini che prestano sincera attenzione alle questioni riguardanti le giovani generazioni. Credo piuttosto che sia accaduto, purtroppo e stranamente, che la "questione droga", nel suo complesso, si sia ormai arenata sugli scogli di stupidi luoghi comuni e malintese posizioni politicamente (e maldestramente) cavalcate. Così accade che un tema vasto, complesso e articolato, si riduca alla insulsa polarità fra "liberismo" e "proibizionismo", con le varie sfumature di maggiore o minore permissivismo o autoritarismo.
Quel che mi rende ancora più perplesso e che tale polarità venga perlopiù ripresa politicamente dagli opposti schieramenti e che, addirittura, gli stessi schieramenti si ripropongano negli apparati e nelle organizzazioni che, spesso (se non sempre) foraggiati da soldi pubblici, pretendono di gestire le risorse e gli interventi.
Io, caro cittadino Fini, mi permetto di esprimere l'opinione che non esista una "questione droga", ma che bensì esistono moltissime questioni relative ai tanti (purtroppo) giovani cittadini per i quali la dipendenza da sostanze può diventare una grossa difficoltà e pregiudizio di libertà.
Se vogliamo considerare la faccenda da questo punto d'osservazione, senza perdere di vista il fatto che la realtà richiede anche sistemazione giuridica, credo possa essere utile riflettere, a partire dalle considerazioni di due stimabili personaggi della nostra tradizione culturale. Due che, tra l'altro, vedo del tutto estranei o antitetici alle correnti di pensiero che, nel secolo appena concluso, hanno dato origine a sistemi sociali poco rispettosi delle libertà.
Scriveva John Stuart Mill: "...l'unico scopo che consenta agli uomini - sia come individui che come collettività - di intervenire nella libertà d'azione di uno si loro è l'autodifesa (...). L'unico scopo per cui è legittimamente permesso di usare la forza contro un membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è quello di impedire che altri subiscano un danno. Il benessere di quel membro - il suo benessere fisico e morale - non può essere un motivo legittimo per un simile intervento. nessuno può essere costretto dalla legge a fare o a non fare qualcosa perché ciò è meglio per lui; perché sarebbe saggio procedere in un certo modo; e nemmeno perché solo così sarebbe giusto..." .
E, a proposito di droga, Karl Popper aggiungeva: "...é chiaro che secondo il principio di Mill qualsiasi persona capace di intendere e di volere (che sia quattordicenne, ventenne o ventunenne non importa) ha assoluto diritto di rovinarsi liberamente con l'uso delle droghe e che nessuno gli può togliere questo diritto. Ma lo Stato non é forse obbligato a impedire ad altri di creare una situazione così terribilmente pericolosa? Perciò lo Stato non è forse obbligato, proprio come fa adesso, a proibire la vendita di droghe, e anche con le più dure punizioni?.
Ma torniamo a noi.
Lei, caro Fini, nella sua veste governativa ha parlato di sanzioni amministrative e penali riguardanti gli stupefacenti. E io, da cittadino a cittadino, anche sulla scorta di quanto espresso da Mill e Popper, le dico: quando liberamente salgo su un aereo o guido la mia automobile, rivendico che piloti e guidatori non mettano a repentaglio la mia vita. E che dunque siano lucidi. Così come ritengo auspicabile, o meglio doveroso, che sia in pieno possesso ed esercizio dell'integrità psicofisica chi é deputato e/o autorizzato al maneggio di armi o all'utilizzo e alla gestione di strumenti, impianti e macchinari "delicati" rispetto all'altrui sussistenza. D'altronde chi guida in stato di ebbrezza alcolica é attualmente sanzionato e ciò mi conforta, come mi confortano gli accertamenti preventivi relativamente all'esercizio di particolari funzioni. Tuttavia non é sanzionata, né amministrativamente, né tantomeno in sede penale, la semplice DETENZIONE di alcool. Ma é sanzionato, ad esempio, il possesso di tabacchi provenienti dal contrabbando, così come lo é, altro esempio, il trasporto di merci (non soltanto psicotrope) non regolari sotto il profilo degli adempimenti fiscali nel commercio.
Tutte le sostanze farmacologicamente attive, d'altronde sono sottoposte a misure di controllo sanitario: autorizzazioni, prescrizioni, etc..., la cui mancata osservanza é altresì disciplinata e sanzionata da precise norme di legge. Certo, particolari sostanze possono o meno essere inserite o escluse dalla farmacopea. Ma ciò non avviene a caso, bensì sulla base di precisi protocolli e criteri scientifici, clinici e legali. Non ludico/ricreativi.
Concludendo, caro Fini, voglio essere provocatorio: personalmente, ragionando per assurdo, a proposito di stupefacenti non mi scandalizzerebbe né la piena liberalizzazione, né il divieto più assoluto (non credo che, nella sostanza delle cose, cambierebbe molto). Ma come si fa in concreto, su un versante o sull'altro? E come inquadrare le tante implicazioni nel contesto giuridico generale? Le contraddizioni sono enormi. Posso solo augurarmi che tali contraddizioni non impediscano alle persone di buon senso di impegnarsi seriamente, anziché cedere alla facile tentazione della superficialità, della demagogia e della strumentalizzazione. Molti giovani e molte famiglie soffrono, anche in relazione a certe posizioni avventate e spesso tutt'altro che aiutati, a mio avviso, dal clamore e dalla confusione delle polemiche. E alla sofferenza secondo me va riservato, al di là della demagogia, perlomeno rispetto.
Credo che tali contraddizioni e polemiche siano strutturali, anziché incidentali, rispetto alle difficoltà di chi si trova invischiato in particolari e gravi disagi. Come sabbie mobili. Ciò che mi preoccupa, più che la "droga", é la comunicazione sulla droga. Anziché l'attenzione alle singole persone.
Molti saluti
Antonio Abrignani - Sociologo
www.insiemesenza.org
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