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La coscienza e la questione del soggetto
Giugno 2013
L’esperienza cosciente può essere considerata la componente più caratteristica dei fenomeni mentali: essa rappresenta ciò che ciascuno di noi vive, con coinvolgimento più o meno profondo, nella propria dimensione soggettiva. Questa peculiarità comporta due conseguenze del tutto sconosciute agli ordinari eventi del mondo fisico:
1) l’esperienza cosciente implica sempre un contenuto, che si pone come oggetto dell’esperienza stessa;
2) l’esperienza cosciente presuppone necessariamente un soggetto, cioè un’entità personificata che viva su di sé le esperienze, vale a dire i contenuti che si presentano di istante in istante nell’orizzonte di quella determinata soggettività.
Non si danno quindi esperienze senza un contenuto, in termini di sensazioni, emozioni, percezioni, pensieri, deliberazioni; né esperienze impersonali, ossia prive di soggetto, dal momento che l’esperienza cosciente è sempre e immancabilmente esperienza di qualcuno.
Per questi suoi aspetti, l’esperienza cosciente rappresenta un grave problema per la scienza. Particolarmente difficile da accettare è la soggettività dei vissuti, che viene a trovarsi in aperto conflitto con la prescrizione di oggettività, per la quale gli oggetti di cui la scienza si occupa devono essere osservabili da una pluralità di soggetti, preferibilmente in condizioni ben definite. La stessa nozione di “soggetto”, del resto, ricorda troppo da vicino lo “spettro della macchina”, criticato ferocemente da Gilbert Ryle più di 60 anni fa (1), per poter essere accettata senza resistenze.
Scienziati e filosofi hanno compiuto sforzi indicibili nel tentativo di superare tali problemi, senza tuttavia riuscire a trovare soluzioni adeguate e largamente condivise. In generale, ciò che maggiormente si può rimproverare a simili tentativi e l’idea di poter superare le difficoltà ridimensionando in una qualche maniera l’importanza dell’esperienza cosciente a favore della metodologia scientifica. Per questa via si possono anche ottenere dei risultati che, a prima vista, appaiono soddisfacenti, ma solo perché si è trasformato l’oggetto di indagine (l’esperienza cosciente) in “qualcos’altro”, oppure perché si è fatto ricorso a concetti ad hoc altamente problematici.
Una delle soluzioni più discutibili è quella che considera il soggetto di esperienza, di solito identificato come Io, una convenzione, vale a dire il risultato di un accordo tra più persone. Una convenzione è qualcosa che non ha consistenza nel reale, non è empiricamente osservabile o soggettivamente sperimentabile: essa ha senso solo per coloro che ne riconoscono la validità e accettano le conseguenze che ne derivano.
La latitudine e la longitudine geografiche sono convenzioni; i confini che delimitano le nazioni sono convenzioni, tant’è vero che essi possono essere modificati a tavolino da un numero ristretto di persone; i titoli nobiliari sono convenzioni. Non nascono da osservazioni riguardanti oggetti o fenomeni appartenenti al mondo fisico, bensì da decisioni prese da determinati gruppi di individui.
Considerare il soggetto – il sé – una convenzione, è un puro artificio. Noi sviluppiamo infatti tali concetti dall’esperienza diretta che facciamo del nostro esistere nel mondo. Non certo in seguito a un accordo. Sotto questo profilo, la nozione di soggetto non è poi così lontana da altre nozioni che hanno origine dalla nostra esperienza percettiva: la luce, i colori, i suoni, i sapori, gli odori. (2)
Un’altra proposta, discutibile non meno della precedente, è quella che considera sia l’esperienza cosciente che il soggetto che la vive in prima persona, come degli espedienti che il cervello utilizza per meglio gestire la propria attività. In altre parole, i processi nervosi che si svolgono a livello cerebrale genererebbero delle immagini virtuali, costituite da una entità personificata e da esperienze coscienti vissute da questa, nell’ottica di rappresentarsi sia le capacità cognitive e motorie che gli elementi dell’ambiente in una visione altamente unitaria. E’ questa una concezione sostenuta, sia pur con importanti differenze, da autori come Antonio Damasio, Bernhard Baars e Thomas Metzinger.
Ho espresso altrove le mie critiche a tali concezioni (3). Qui vorrei solo sintetizzare l’argomento principale da me utilizzato, per il quale non ha senso ipotizzare la costruzione di immagini virtuali da parte del cervello, visto che esse non possono contenere nulla di più di quanto non fosse presente nei circuiti cerebrali. Non essendo ipotizzabile alcun guadagno in termini informazionali, tale costruzione non può che rivelarsi una complicazione del tutto inutile dal punto di vista esplicativo.
In definitiva, penso che non ci troviamo ancora nella condizione di poter affermare con relativa sicurezza che il soggetto (il sé o Io) costituisca una entità esattamente definita e ben localizzabile a livello cerebrale o in qualsiasi altro ambito del reale, né sappiamo se ciò sia effettivamente possibile. E’ certo però che non possiamo trattare il soggetto come una convenzione o come una immagine virtuale. Si tratta di “soluzioni” che mostrano tutti i loro limiti allorché vengono esaminate con maggior distacco, prendendo le distanze dai presupposti e dai vincoli concettuali che contraddistinguono lo specifico contesto in cui sono state concepite.
La questione del soggetto dell’esperienza cosciente è un problema serio che non possiamo sperare di liquidare in maniera superficiale e sbrigativa con modelli esplicativi che si presentano più come espedienti per liberarsi a buon mercato di un argomento assai imbarazzante (per il pensiero scientifico) che come tentativi di comprendere fino in fondo la realtà ad esso associata.
Astro Calisi
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Suggeriamo inoltre: Ma che cos’è la coscienza? di Luciano Peccarisi
NOTE
(1) Cfr. Gilbert Ryle, Lo spirito come comportamento [1949], Laterza, Bari, 1982.
(2) Per una discussione di alcuni problemi riguardanti la distinzione tra soggettivo e oggettivo, si veda Astro Calisi, “La coscienza e il principio di oggettività galileiano”, su questo stesso sito: www.riflessioni.it/lettereonline/coscienza-principio-oggettivita-galileiano.htm.
(3) Sulle tesi di Damasio, vedi Astro Calisi, Oltre gli orizzonti del conosciuto. La sfida cruciale della mente alla scienza del XXI secolo, Uni Service, Trento, 2011, pagg. 47-50; su Baars e Metzinger, vedi Astro Calisi, “Il tunnel dell’io”, su Sitosophia.
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