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Vita metropolitana: Il mistero delle bottiglie anti-pipì
di Davide Riccio
Me ne accorsi un giorno di circa dieci anni or sono, portando a passeggio il mio cagnolino: lungo i basamenti perimetrali e agli angoli dei palazzi, vicino ai portoni, agli ingressi e alle vetrine dei negozi, d’improvviso i marciapiedi delle città cominciarono ad ospitare erette bottiglie di PET tappate e colme di acqua. E giorno per giorno ne crebbe una sempre più inquietante antiestetica e numerosa presenza, che a tutt’oggi continua, quantunque per fortuna diradata. Di notte strane bande, come quelle che rubavano i nanetti dai giardini dei privati per ridar loro libertà nei boschi, si divertivano a lasciare un qualche nuovo dilagante, indecifrabile segno della loro attività? Che cosa potevano simboleggiare, dunque, questa bande delle bottiglie d’acqua? O c’entravano proprio coi cani a passeggio e i loro padroni? La prima cosa che pensai fu: ma tu guarda, tutt’a un tratto c’è stato un passaparola per tutta la metropoli, tra i negozianti, i portinai e le imprese di pulizia, un rapidissimo tam tam che neanche la televisione avrebbe potuto tanto: i concittadini mettono bottiglie d’acqua per invitare e facilitare il compito dei padroni di sciacquare l’orina dei cani là dove alzano la gamba e la fanno. E, questa, mi parve la spiegazione più plausibile e naturale, sicché continuai a pensarla così per molto tempo ancora a venire, senza neanche lontanamente immaginarmi che da allora nacque invece tutto un fiorire di ipotesi e discussioni sul caso, che ancora proseguono, dove le più disparate interpretazioni venivano e vengono ognora tentate senz’arrivare mai a una vera conclusione soddisfacente. In ogni caso, non mi sognai mai di chinarmi a cogliere la bottiglia, a stapparla, a mettermi ridicolmente in vista mentre buttavo l’acqua lì gentilmente lasciatami per ripulire ad ogni tre passi (ché i maschi son tremendi poi, devono grufolare e schizzettare tutto un territorio a noi ignoto ad ogni piè sospinto). Oltretutto, quelle bottiglie, erano una lampante incitazione per i cani (il mio lo dimostrò da subito) a orinarvi semmai sopra. Che irresistibile invito, quella sporgenza tondeggiante, all’alzata di zampa! Anzi, al mio cane non dovette sembrare vero un così bello spuntare ovunque di piccoli pali (e ben sappiamo quanto i pali di cartelli stradali e semafori siano tappa obbligata di alzata, mira e spruzzo). Una scioccheria, mi dissi! Ed io dovrei pure prendere in mano una bottiglia su cui tutti i cani si sono già accaniti? Che devo fare, da oggi, munirmi, oltre che di sacchetto e paletta, pure di guanti monouso per poter prendere in mano queste bottiglie di esagerata civiltà, prenderle in prestito e portarmele a spasso col cane e quindi annaffiare qua e là e rimetterle al loro posto perché qualcuno me le riempia nuovamente entro il prossimo giro? Che questa usanza di paranoica pulizia fosse stata importata dalla Svizzera? Poi, cominciai a parlarne con altri proprietari di cani a passeggio. Uno mi disse che la prima volta aveva pensato fosse acqua da passeggio per cani, magari una forma di promozione di un certo ideatore australiano, che aveva commercializzato un’acqua minerale per cani, ricca di vitamine B1, B3, B5 e B6 e vitamina C, importanti per un corretto sviluppo fisico dell’amato e fido amico a quattro zampe. Io cascai dalle nuvole. Che cosa? Acqua minerale per cani? Ma siamo ammattiti? Tre dollari per 600 millilitri? Diceva che sarebbe finita come quell’altra pubblicità apparsa sui tabelloni della città, dove c’era solo un simbolo che rievocava un pipistrello; poi, mesi dopo, quando tutta la metropoli si era ormai interrogata al riguardo, sempre più interessata al mistero, finalmente ne ebbe svelato il prodotto e il marchio con una nuova serie di manifesti. Infatti, non erano tutte quelle bottiglie messe sui marciapiedi state private dell’etichetta? Un bel giorno uno spot televisivo avrebbe finalmente dato un nome e un senso alla cosa: “non avete mai pensato a quanto il vostro cane torni a casa stremato e prosciugato dopo aver segnato ogni volta daccapo tutto il territorio? Con la nostra acqua per cani aiuterete il vostro più caro amico a reintegrare ogni volta i suoi preziosi liquidi!”, avrebbe recitato la pubblicità. Un altro, un tipo un po’ paranoico, mi riferì invece che quelle bottiglie temeva contenessero acqua avvelenata. Del resto, in quei giardinetti e in quel controviale, sulla banchina erbosa e quei bei tigli, non venivano spesso buttati bocconi alla stricnina? Sì, va bene, ma i cani mica se le potevano stappare per dissetarsi strada facendo!
E, intanto, vedevo questa fungaia di bottiglie di PET rotolare per vari eventi sui marciapiedi e giù in strada, costringendo i pedoni a maggiore attenzione perché, non vedendole, non vi urtassero coi piedi finendo lunghi distesi per terra. Qualcuno mi disse allora di aver finalmente capito: i cani alzavano la gamba per orinare sulla bottiglia, la colpivano, quella cadeva rotolando e il cane, sorpreso, desisteva dal continuare, scappando impaurito. “Sì” gli feci però notare “ma allora perché certi le legano con fil di ferro alle grate delle finestrelle delle cantine o ai pali? Così non possono cadere e spaventare il cane!”. “Già” mi rispose quel padrone di beagle, “ma in tal caso non ha ragione neache lei, perché se le legano con il filo di ferro non si possono neanche prelevare e usare per lavare le orine come sostiene lei”. Vero! Non ci avevo mai pensato: il mistero allora si infittì sempre più. Una sera in birreria con amici, la conversazione cadde sulle leggende metropolitane. Un’amica disse che tra queste c’era anche quella delle bottiglie anti-pipì. Io mi stupì. Come, leggenda metropolitana? Era una cosa vera, quelle bottiglie c’erano davvero! Al limite, non se ne capiva il senso. Lei allora disse che la leggenda metropolitana stava nella funzione loro attribuita da chi le aveva collocate lì. E cioè? Lei finalmente sapeva il perché? Disse: “I cani e i gatti, per effetto dell’acqua, si specchiano come su vetro, ne scorgono oltretutto un’immagine deformata dalla rotondità della bottiglia, oppure ne colgono dei riverberi improvvisi, o anche si imbattono inaspettatamente nelle ombre che queste proiettano minacciose, si spaventano e si allontanano da quel punto, lo scartano”. “Non è possibile” le ribattei: “il mio, ed anche i cani dei miei colleghi di passeggiata, vi orinano sopra senza farsene problema. Come sullo zolfo e pepe che certi altri buttano non meno inutilmente lungo i muri bassi delle case: ai cani non gliene potrebbe di meno”. “Allora” disse un altro “sarà vera l’altra spiegazione: i padroni le vedono e capiscono che in quel punto non è gradito che lascino far fare la pipì ai loro cani”. “Mmm… La verità si è che che non ci sono accettabili interpretazioni scientifiche che possano spiegare o avvalorare una qualche efficacia realmente deterrente” conclusi quella sera.
Passa un anno, passa l’altro, ancora mi imbatto in queste misteriose bottiglie. Nel tempo ho raccolto tanti altri tentativi di spiegazione, taluni decisamente fantasiosi, del tutto inverosimili, come quello per cui gli animali avvertirebbero, a contatto con le bottiglie, una leggera scossa elettrica che li allontanerebbe. Ma, in virtù di cosa, dovrebbero ricevere una scossa elettrica? Quelli che hanno pensato questa stupidaggine si sono mai presi la scossa servendosi di acqua minerale? Perfino Beppe Grillo si è a un certo punto soffermato su questo bizzarro fenomeno. «Dicono che il cane, vedendo tutto quel liquido chiuso in bottiglia, si inibisca... Però poi, lascia andare la parte... solida. Per inibire anche quella, bisognerebbe piazzare tanti barattoli di Nutella». A un certo punto mi dissi basta: avrei fatto delle ricerche accurate. Seppi che la cosa riguardava tutta la nazione, altre nazioni ancora, particolarmente Spagna e Argentina. Lessi da qualche parte che una simile usanza anglosassone di disporre bottiglie di plastica mezze piene nei prati era servita (ma servita poi davvero?), negli anni Ottanta, a scoraggiare i cani dal lasciare i loro ricordini sui manti erbosi. Anche in quel caso, efficacia comprovata o meno, quel metodo, che pure imbruttiva i giardini e tanti rovinosi inciampamenti doveva causare ai bambini in corsa, si diffuse per il mondo dal Canada alla Nuova Zelanda. Queste bottiglie anti-minzione ed anti-bisognini per cani continuavano a suonarmi come una pratica assurda e infondata! Si sa che per cani e gatti qualunque oggetto in terra è luogo ideale su cui segnare il territorio, a meno che non si usino potenti e appositi repellenti e disabituanti. Insomma, dopo lunghe ricerche, c’è per me stata una sola conclusione possibile: il fenomeno, tra flussi e riflussi storici, è solo una diceria credulona e nasce forse da una ben più datata pratica popolare scozzese (anche quella, se efficace o no, non saprei), poi probabilmente di lì diffusasi anche nelle più lontane campagne d’Europa e d’America. Le bottiglie - un tempo presumibilmente di vetro, ché quelle sì che suonano - venivano (e vengono tuttora) piantate nella terra, piene per metà, senza tappo, per tenere le volpi lontane dai pollai. Il vento impetuoso delle highlands, infilandosi nella canna della bottiglia, provocava un forte sibilo che teneva lontani o faceva rifuggire impauriti i predatori. Il che, quando o dove non ci fosse stato tutto quel vento, smetteva ogni vera o presunta utilità. E, intanto, nonostante siano passati anni per interrogarsi e documentarsi e ravvedersi sul fenomeno, i metropolitani evoluti del 2005 ancora ci cascano e perseverano e disseminano orrende bottiglie di PET lungo i marciapiedi… E il mio cane a orinarvi sopra con molta amabile nonchalance.
Davide Riccio
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