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Bambini Killer - Insegnanti vilipesi e aggrediti: due fenomeni, mai conosciuti?
di Velia Galati - Maggio 2018
Come quei corsi d'acqua sotterranei che scaturiscono d'improvviso, per poi inabissarsi, fino al prossimo deflusso, così il fenomeno dei “baby killer”, e quello degli insegnanti vilipesi e percossi, sono rimasti ignorati, fintanto che sono esplosi in episodi di inaudita gravità.
È stato allora sollevato il velo della cattiva coscienza collettiva su quella patologia sociale che è la violenza contro l'inerme, l'indifeso, l'incustodito dalla Società.
Il sipario del silenzio si è sollevato solo su episodi di tale, sconvolgente, drammaticità da farli ritenere eccezionali, sconosciuti, mai visti, come quello dei bambini killer e quello degli Insegnanti insultati, umiliati, malmenati e persino accoltellati, da studenti e da loro Genitori.
In realtà, era risaputo che, in relazione a fattori di ordine socio-economico e socio-culturale, la condizione dei soggetti in età evolutiva, adolescenziale e pre-adolescenziale, presentasse aspetti di grande e crescente problematicità, se un rilevante numero di minori aveva già un conto aperto con la giustizia. E, poiché il dato numerico vale come indicatore di un diffuso malessere sociale, che non sempre si traduce in comportamenti devianti statisticamente rilevati, è di tutta evidenza che una quota elevata della popolazione minorile vive una situazione gravemente compromessa, e sperimenta una povertà materiale e immateriale, destinata a prolungare i suoi effetti oltre la soglia dell'adolescenza.
La Società ha dovuto rendersi conto che era un mito l'immagine dell'infanzia e dell'adolescenza come l'età dell'innocenza e, semmai, delle innocue marachelle.
Già nel 1970, lo psicologo svedese Dan Olwens aveva portato alla luce il fenomeno dell'adolescente prevaricatore, violento persecutore di coetanei e di bambini più deboli e indifesi, veri “enfants crible” di questi giovani delinquenti.
L'ordinamento giuridico ha oscillato, nei loro confronti, fra criminalizzazione e proposte di fatto assolutorie; ed astratte teorie pedagogiche, psicologiche e psichiatriche hanno affrontato il problema con le armi loro proprie; ma è mancata l'analisi e la valutazione sociologica.
È prevalsa l'analisi del fenomeno sulla ricerca delle condizioni politiche, culturali e sociologiche che ne avevano permesso, oltre che la nascita, l'impunità e l'aggravamento.
Non si possono estrapolare i fenomeni dalla società che li produce, in cui nascono e si esprimono; ed allora rendiamoci conto di quanto influiscano sui modi di pensare, sugli atteggiamenti, e sui comportamenti degli adolescenti, e dei bambini, la Televisione, il Cinema, gli spot pubblicitari, ed anche la Politica, nelle sue manifestazioni faziose, settarie, ed aggressive.
Non si tratta di individuare le cause del fenomeno nel permissivismo e nel lassismo della famiglia e della scuola, che, certamente, hanno spesso considerato atteggiamenti e comportamenti arroganti ed insolenti come manifestazioni di giovanile vivacità; si tratta, invece, dell'affermarsi di una cultura di eccessiva tolleranza, legittimatrice del disimpegno morale degli adulti, sostenuta, anche, da una stampa alla ricerca dello scoop, della notizia sensazionale, banalizzata, talvolta, da una irrilevanza burlesca, come quella che, nei lontani anni '70, attribuì a giovani teppisti l'appellativo, benevolo e ammiccante, di “piccole pesti”.
E “piccole pesti” furono, per la stampa, i tre giovani protagonisti di una rapina di 33 milioni e di un tentato omicidio, “assolti” perché “hanno visto troppi film”, come avevano concluso i carabinieri. (Secolo XIX - settembre 1997)
E “Pierino la peste” era il giovane che, nella notte del 22 novembre del '97, aveva lasciato un'auto sui binari della ferrovia di Sestri, “non ha la patente, ma sa come forzare le serrature di una macchina” e “si diverte a provocare incidenti stradali”. Fortunatamente, l'intervento della Polizia riuscì ad evitare un disastro, fermando il convoglio proveniente da Genova.
Nel 1997, si fece conoscere la “gang degli autoscontri”, della quale faceva parte il già noto “Pierino la peste” che, come ammise alla Polizia, aveva rischiato di investire un poliziotto che voleva impedirgli di rubare un'auto, e del quale, con altri amici, ”per gioco”, aveva rubato e distrutto la macchina di servizio.
Bambini arruolati dalla Mafia, attivi nel traffico di droga: don Andrea Gallo: “non volevo crederci, ma è la realtà” (Secolo XIX – 17 gennaio 1997)
Con maggiore o minore tossicità, episodi di criminalità minorile si sono presentati su tutto il territorio nazionale: quelli che un tempo erano “bravate” hanno assunto forme criminose.
Non si tratta di distinguere, per catalogare, le tipologie dei baby-killer, non si tratta solo di analizzare una mentalità dissociativa, o, comunque patologica, ma, piuttosto, di esplorare gli ambienti disfunzionali, di valutare i livelli culturali in cui è germinato l'evento scellerato che, peraltro, si inserisce nel più generale svilimento della funzione pubblica: le leggi per combattere la violenza in tutte le sue manifestazioni ci sono, ma non vengono applicate.
E' una sensibilità sociale che va ricostruita sulle macerie morali di questo tempo, che sono lo specchio dell'edificazione morale derivata da serie televisive, quali “Gomorra”.
Ad un diverso ramo del bullismo appartenne, ancora negli anni '70, il “Programma finalizzato alla classifica degli Insegnanti più strapazzati, programma della genovese “radio libera di Albaro”, che così fu pubblicizzato: “Adesso c'è anche la “rivincita degli studenti”, l' “hit parade” dell'insulto al Professore”. Dalle 21 alle 21,30, uno studente può vendicarsi di un voto non gradito, di un rimprovero, di una semplice osservazione, o, addirittura di un consiglio, come quello, ad un giovane scooterista di indossare il casco. Coperto dall'anonimato, l'ardimentoso denigratore addita al pubblico ludibrio, con nome e cognome, il “colpevole”, imputandogli ignoranza, impreparazione, finta democrazia, e ridicolizzandone l'aspetto fisico: sei goffo, sciancato, rantego, nasone, pelato, nano, ed altre accuse oscene, se, del caso, volte al femminile.
“I Professori nell'occhio del ciclone - commenta un giornalista - mentre i precari scioperano da anni inutilmente... a Genova qualcuno ha inventato il gioco perfido che gira il coltello in una ferita storica della categoria, la paura del ridicolo”.
Indubbiamente, da allora, non solo nulla è cambiato, ma il fenomeno si è inacerbito, se tutti i mezzi di comunicazione di massa riportano episodi di ingiurie ed anche di aggressioni fisiche compiute contro insegnanti da parte di studenti e, persino, dei loro genitori. Sono cambiati soltanto gli strumenti dell'offesa, dell'ingiuria e della calunnia, che il progresso tecnologico ha reso più raffinati, più affliggenti.
Episodi di umiliazioni, e aggressioni verbali e fisiche inflitte a Insegnanti affollano oggi tutti i mezzi di comunicazione, anche con la possibilità di prenderne cognizione visiva.
Nulla è cambiato, perché, oggi come allora, è venuto a mancare il giusto riconoscimento sociale, che è alla base del rispetto e della considerazione del ruolo; ed è paradossale che i genitori, i quali dovrebbero interagire con i docenti in un comune progetto educativo dei figli, si arroghino il diritto e il compito di controllori, di giudici, e, infine, di giustizieri; fino alle punizioni corporali.
Un alunno di prima media si diverte a lanciare chewing-gum sui capelli dell'insegnante; un diciassettenne ha sfregiato con un coltello, il volto della sua Professoressa, viene accoltellato un docente di Caserta e, sempre nel casertano, un altro Insegnante è stato preso a calci e pugni. A Treviso un Professore è stato picchiato da Genitori, a Foggia un vice Preside è stato aggredito, stessa sorte per un altro, ad Avola.
La persecuzione degli Insegnanti in alcune zone d' Italia è in mano alla Mafia, è in mano a piccoli mafiosi; e riguarda questi “cattivi ragazzi” l' “Operazione hod guys”, i ragazzi dediti al ricatto, all'estorsione agli incendi, più vicini ai kamikaze, ai “leoncini” dell'ISIS che ai muschilli degli anni 80.
Se gli Insegnanti si sono rivolti al Capo dello Stato per ottenere una legge che tuteli la loro integrità fisica e la dignità del loro ruolo, se il Capo dello Stato ha ricevuto ed insignito di una benemerenza un'insegnante che era stata sfregiata con una coltellata nel volto da uno studente, mille e mille altri vivono esperienze di estrema gravità.
Non è estraneo a questo fenomeno di minorile delinquenza l'aver tolto alla scuola il meccanismo di selezione degli alunni, dai sette ai sedici anni, lasciandole, tuttavia, il dovere e la responsabilità dell'istruzione e dell'educazione.
E non è estraneo il mancato ricambio generazionale del Corpo Docenti, che è il più anziano fra quelli europei. E non è estraneo, anzi, ad esso pertinente, la famiglia; a fronte di episodi di così grave maleducazione, ci si domanda: “ma da che famiglia provengono questi ragazzi che ci lasciano esterrefatti con le loro scelleratezze?
Con la diffusione dei filmati mediante WhatsApp, ad opera degli stessi autori degli atti delinquenziali, abbiamo assistito, per così dire, in diretta alla “bravata” dello studente lucchese che, con l'accompagnamento di triviali risate dei compagni di classe, incalza il Professore con il casco da moto, tenta di strappargli il registro e così lo apostrofa: ”Professore, non mi faccia incazzare, non mi faccia incazzare”; rovescia sulla cattedra il cestino dei rifiuti e ordina: “in ginocchio e mi metta sei, qui comando io. Capito chi comanda?”.
Stupefacente la non reazione dell'Insegnante, che minimizza i fatti, non li denuncia, quasi li giustifica. Nessuna obiezione alle violenze fisiche e verbali del suo alunno: non parliamo di “sindrome di Stoccolma”, certo che no, però, il comportamento di questo insegnante è quello di resa incondizionata di chi si sente incapace di reagire ed anche non protetto dalla Società. Giorno dopo giorno, di Regione in Regione, si compiono atti ingiuriosi, arroganti contro i docenti, da parte degli studenti, talvolta, affiancati nella violenza dai loro genitori. E' stata dunque abbandonata e sconfessata quell'alleanza fra Scuola e Famiglia, fra insegnanti e genitori, che, posta alla base di un processo di ammodernamento, avrebbe dovuto portare la Scuola italiana ai livelli europei.
L'Istituto inglese “The Economist Intelligence” ha stabilito una classifica mondiale delle Scuole, e la posizione della Scuola Italiana è allarmante! E se gli indicatori di valutazione, nel rapporto 2017 dell'OCSE, comprendono la considerazione del ruolo dell'Insegnante e la “Comunità”, cioè, quanto Genitori, Insegnanti ed Alunni collaborino insieme, non ci si può' stupire che l'Italia sia penultima nella graduatoria.
La mancanza di attrattiva (il discredito della professione e stipendi assai inferiori alla media europea) ha impedito il ricambio generazionale, così che il Corpo Docenti è il più anziano rispetto a tutti gli altri, secondo la relazione dell'OCSE. Insomma, l'insegnamento è considerato un ripiego per chi non ha di meglio.
Non la pensa così il Presidente di “Pearson Italia”, che scrive sul Corriere della Sera: “fare il Professore deve essere un privilegio per chi ha la laurea, non meno prestigioso di altre professioni, come avvocato, ingegnere”.
Velia Galati
Dott. Velia Galati - Psicologa
Medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica
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