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Il valore e l'efficacia dell'intenzione nel processo di cambiamento

Prospettive per una nuova “scienza dei fini e dei metodi”

Di Bruno E. G. Fuoco - Settembre 2014

 

NOTE del saggio: Il valore e l'efficacia dell'intenzione nel processo di cambiamento

 

1) La  parola latina “intentio” riposa “sulla radice indoeuropea “ten” che significa tendere, estendere, in sanscrito abbiamo la parola  “tanoti”, in persiano “tanidan”, in greco antico “teino” e “tasis” […] dal punto di vista etimologico l’intentio è l’azione del tendere verso qualcosa, sul piano metaforico è “un estirar la mente hacia un objeto”,  J. Mainero, De intentione, Anuario de Estudios Filológicos, 2002, p. 254.  L’intentio ha avuto un notevole approfondimento in età medioevale: “nella scolastica del XIII secolo il suo significato va dal senso più generale di «ciò che un autore vuole dire» («intentio Aristotelis est...»), a quello di inten­zione («intentio cordis, intentio mentis»), spesso correlato ad attenzione, sfor­zo, impegno, fino ad assumere significati più propriamente filosofici come indi­retta traduzione di eidos  (nel senso di rappresentazione sensibile o intellettuale) o logos, e infine a investire le discussioni sull'oggetto della logica, che da Avicenna in poi, viene identificato con le «intentiones secundae». Il significato generale proviene già dal latino classico, in cui intentio ha il senso proprio di estensione, atto di tendere. Infine vuol dire intenzione, proposito, secon­do il significato fino a oggi conservato''così A. Saccon, Intentio e intenzionalità nella filosofia medievale: il commento di Alberto Magno al De Anima, in Rivista di Estetica, 2000,  pp. 71-91. Nell'Enciclopedia telematica Sapere, De Agostini, si legge alla voce “intenzióne”: “Disposizione, tendenza dell'animo e della volontà alla realizzazione di un determinato fine […] Esempi di un'etica dell'intenzione sono la morale cristiana (Abelardo, Tommaso), l'imperativo categorico kantiano, l'etica dei valori di Scheler. In queste concezioni la misura della bontà di un'azione è data non tanto dalla perfezione del risultato, quanto dalla purezza del movente, dalla disposizione della volontà ad agire secondo la legge morale. Contro la privatezza e l'interiorità dell'intenzione si pongono invece quelle filosofie che insistono sulla manifestazione e sulla realizzazione concreta dell'azione buona: si pensi all'etica hegeliana dello Stato in cui le intenzioni dei singoli si debbono identificare con le leggi dello Stato; o alla morale di derivazione pragmatista, positivista, o utilitarista, in cui ciò che conta ai fini di una valutazione morale non è l'intenzione ma lo scopo in quanto realizzato".

2) ”In una prima approssimazione che in qualche modo contiene tanto l'elaborazione moderna, fenomenologica, quanto quella scolastica, aristotelico-tomista sull'intenzionalità, una teoria intenzionale della conoscenza definisce come costitutivo dell'atto cognitivo non l’evidenza dell’idea, ma la relazione o direzione ad un contenuto della conoscenza stessa. In una parola, costitutivo dell'atto cognitivo è la relazione intenzionale soggetto-oggetto”, G. Basti, Filosofia dell’Uomo, Edizioni Studio Domenicano, 2008, pp. 197-198.

3) F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Luigi Reverdito Editore, 1989, vol. I,  p. 165 e segg.

4)Però “negli ultimi scritti l’intenzionalità diviene una espressione per spiegare la vita dell’io […] essa  diviene quasi sinonimo di “connessione”, o ancora di motivazione o fine”. Nelle lezioni del 1920-1924 […] questa caratteristica […]  sembra divenire quella linea ideale che collega l’azione del soggetto al mondo” così S. Ferrarello,  Edmund Husserl. Il pensiero etico e l'idea di scienza, Libreria Universitaria, 2010, p. 120.  Secondo Heidegger, “Essere nel mondo significa essere situati in quello spazio di praticabilità che rende possibile l'accesso alle cose. Non si tratta di un accesso assoluto, di un loro completo disvelamento, bensì di un portarsi loro da presso, secondo questa o quella determinata intenzione”, S. Natoli, Intenzione e norme in Ars Interpretandi, 1988, p. 48, www.arsinterpretandi.it.

5) M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, Bompiani, 2003, p. 176.

6) L. Binswanger, Essere nel mondo, Astrolabio, Roma, 1973; cfr. U. Galimberti, Dizionario di psicologia, Utet,Torino, 1992, p. 43.

7) A. Bonfiglio, L’intenzionalità incarnata, Verso una teoria tra filosofia e neuroscienze, Aracne Editrice, Roma, 2012, p.10.

8) Cfr. R. May,  L’amore e la volontà, Astrolabio, 1971.

9) W. James, Pragmatismo,Aragno, 2007, p. 146.

10) Così A. M. Borghi, R.Nicoletti, Movimento e azione in R. Cubelli, R. Job, I processi cognitivi, Roma, Carocci, 2012, www. laral.istc.cnr.it.

11) Sulla teoria secondo la quale anche la postura di un essere umano riflette un’intenzione, cfr. A. Berthoz, Il senso del movimento, McGraw-Hill, Milano, 1998.

12) Cfr. D. Chopra, Le coincidenze, Sperling & Kupfer, 2004, p.66.

13) C. Rogers, La terapia centrata sul cliente, Martinelli, Firenze , 1970, p. 293  e segg.

14) Le intenzioni nel processo formativo. Itinerari, modelli, problemi, Biblioteca di Scienze della Formazione, Edizioni del Cerro, 2005.

15) M. Tomasello,  Altruisti nati,  Bollati Boringhieri, 2010, p.14. Secondo questo scienziato, la cooperazione umana è informata dalla intenzionalità condivisa o intenzionalità del noi, cfr. Le origini culturali della cognizione umana, Cortina, 2009, p. 20.

16) H.Jonas, La cibernetica e lo scopo in Organismo e libertà, Einaudi, 1998.

17) A. M. Borghi, R. Nicoletti, op.cit. L’approccio intenzionale si è sviluppato, infatti, anche nelle neuroscienze cognitive: “secondo l’approccio intenzionale i contenuti mentali prima che "rappresentazioni" del mondo "esterno" sono il risultato dell’interiorizzazione di "azioni intenzionali" del soggetto, con una ineliminabile componente intersoggettiva, come la fondamentale scoperta dei cosiddetti "neuroni specchio" nella corteccia cerebrale dei primati e degli uomini ha evidenziato […] sintetizzando, proprio dell’approccio intenzionale  è interpretare la conoscenza non come statica rappresentazione "interna" di un "esterno" ma come attiva e adattiva continua auto-modificazione ("azione immanente" la definivano gli scolastici) degli stati disposizionali da/verso l’ambiente ("abiti", li definivano gli scolastici) del cervello, in reciproco controllo con quelli dell’intero organismo, in vista del conseguimento effettivo di fini”, G. Basti, Atti III Congresso nazionale 2008, “Society for the Exploration of Psychotherapy Integration”, a cura di T. Carere-Comes, Florence Art Edizioni, Firenze, 2009, www.pul.it.

18) P. Deunov, La Clé De La Vie, conference 22 aout 1928, Sofia,www.beinsadouno.net.

19) Cfr. O. M. Aïvanhov, Vita psichica, elementi e strutture, 2004, Prosveta.

20) M. Santerini, Educazione morale e neuroscienze: la coscienza dell'empatia, La scuola, 2011, pp. 37-38.

21) Così E. Agazzi,  intervento al seminario  di studio “Il ruolo del concetto di intenzionalità in filosofia”, Pontifica università Santa Croce, 22 gennaio 2014, n.p.

22) Aristotele, Metafisica III, 995 a 27- 995 b 4, citato da  B. Mondin, Manuale di Filosofia Sistematica, vol. I, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1999, p. 28.

23) O. M. Aïvanhov, Pensée du 15 mai 1986, Pensées Quotidiennes, 1986, Prosveta, Frejus.

24) In questa direzione, lo scienziato Sheldrake sostiene che “gli obiettivi si riferiscono a fini, traguardi o intenzioni, coscienti o meno. Collegano gli organismi ai loro futuri potenziali […] Gli obiettivi stanno in un regno virtuale, non in una realtà fisi­ca. Collegano gli organismi a fini o traguardi, cose che non esistono ancora o non si sono ancora verificate; sono attrattori, nel linguaggio della dinamica, una branca della matematica moderna. Gli obiettivi o attrattori non si possono pesare; non sono materiali. Eppure influen­zano i corpi materiali e hanno effetti fisici. Le attività che svolgiamo nel perseguire i nostri fini sono fenomeni oggettivi che si possono filmare e misurare […] Gli obiettivi o i motivi sono cau­se, ma operano attirando verso un futuro virtuale anziché spingendo da un passato effettivo” così R. Sheldrake, Le illusioni della scienza. 10 dogmi della scienza moderna posti sotto esame, Apogeo, 2013, p. 101. Si è pure osservato che “una tendenza interpretativa recente attribuisce alle idee platoniche una forma di causalità, rispetto alle cose sensibili, di natura produttiva o efficiente, cioè tale che le idee producono o generano nelle cose sensibili che ne partecipano la proprietà di cui sono le idee e di cui le cose partecipanti sono prive prima di tale partecipazione. Un certo numero di studi significativi negli ultimi decenni ha infatti via via contestato l’impostazione che al problema della causalità delle idee era stata data da Gregory Vlastos in un celebre articolo degli anni ’60, che riconosceva agli intellegibili una forma di causalità esclusivamente formale e in certa misura paradigmatica”, F. Fronterotta, Chiusura causale della fisica e razionalità del tutto: alcune opzioni esegetiche sull’efficienza causale delle idee platoniche, in The Internet Journal of the International Plato Society,  June 2008.

25) M. Bonafini, Dispensa del corso di teoria e pratica di educazione ambientale, 2011, Università di Verona, www.dfpp.univr.it.

26) Discorsi di Silo, Opere Complete, vol. I, edizioni Multimage, Torino, 2000.

27) Ivi: passim.

28) Cfr. O.M Aïvanhov, Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2006.

29) O.M Aïvanhov, Pensée du 12 août 2002, Prosveta, Frejus.

30) O.M. Aïvanhov, Pensée du 11 janvier 1996, Prosveta, Frejus.

31) O.M. Aïvanhov, Pensée du 6 mars 1986, Prosveta.

32) Cfr. B. E. G. Fuoco, Codice delle leggi Morali, approccio olistico al cambiamento, 2012, www.codiceolistico.it.

33) D. Hume sosteneva che il desiderio motiva, spinge all’azione, mentre la credenza individua l’azione  più idonea. Per essere motivati occorrono, dunque, un desiderio e una credenza cioè la riflessione sulla idoneità dell’atto al raggiungimento della finalità perseguita, cfr. Trattato sull’umana natura, Laterza, 1982, p. 484. Secondo Marylin Schlitz, Direttrice dell’Institute of Noetic Sciences: l’intenzione è un piano premeditato volto a compiere un’azione che condurrà ad un esito desiderato, ovvero, l’intenzione è una proiezione della consapevolezza con proposito di efficacia verso un oggetto o un esito (citazione in V. Marchi, Materia: atto d’intenzione, in “Scienza e conoscenza”, 8 febbraio 2011.

34) D. Chopra, Le coincidenze cit.,  p. 83 e segg.

35) Wayne W. Dyer, Il Potere dell'Intenzione, Corbaccio Editore, 2005, p. 16 e segg.

36) Cfr. O. M. Aïvanhov, Regole d'oro per la vita quotidiana, Prosveta.

37) Infatti, la rilevanza delle intenzioni è stata equivocata anche da alcuni filosofi i quali partendo dalla distinzione weberiana  tra etica delle intenzioni ed etica delle responsabilità, hanno sostenuto che l’etica delle intenzioni è superficiale ed improponibile in settori quali quelli della tecnologia e dell’ecologia. Gli effetti delle azioni umane nei predetti  campi, si è sostenuto, potrebbero essere catastrofici, per cui occorre essere etici anche nelle conseguenze e non solo nelle intenzioni. Weber affermava: “Ogni agire in senso etico può oscillare tra due massime radicalmente diverse e inconciliabilmente opposte, può essere cioè orientato secondo l’etica dell’intenzione oppure secondo l’etica della responsabilità. Non che l’etica dell’intenzione coincida con la mancanza di responsabilità, e l’etica della responsabilità coincida con la mancanza di buone intenzioni. Non si vuol certo dire questo. Ma c’è una differenza incolmabile tra l’agire secondo la massima dell’etica dell’intenzione, la quale – in termini religiosi – suona: ‘Il cristiano opera da giusto e rimette l’esito nelle mani di Dio e agire secondo la massima dell'etica della responsabilità, secondo la quale bisogna rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni”, così La politica come professione, Einaudi, Torino 1971, p. 109. Queste tesi filosofiche assumono, a ben vedere, una nozione di intenzione quale mera astrazione concettuale. La corretta intenzione nella prospettiva delle filosofie spirituali esclude, in radice, comportamenti ambigui o superficiali.

38) “… Les bons sentiments et les bonnes intentions ne suffisent pas pour faire réellement le bien. Celui qui veut aider les autres doit commencer par se débarrasser de tous les éléments qui, en lui, s'opposent à ce bien qu'il veut réaliser”, O. M. Aïvanhov, Pensée du 20 novembre 2010, Prosveta, Frejus.

39) M. Laitman, Concetti base nella kabbalah, Publishers kabbalah, 2009.

40) Cfr. B. Fuoco, Codice delle leggi Morali cit.

41) Seneca, Costanza del saggio, 7, 4. L’equiparazione tra l’intenzione di compiere un delitto e il delitto realizzato, appare esagerata, ma occorre considerare che già, a quell’epoca, i pensieri negativi non venivano ritenuti neutrali, ma idonei a influenzare psichicamente la collettività.

42) Seneca, De Beneficiis, 1, 6, 1 - 2.

43) M. Pohlenz, La Stoa, Bompiani, p. 83 e segg.

44) Sant’Agostino, Contra Faustum XXII, 27.

45) P. Abelardo, Ethica, Quid sit animi uicium et quid proprie dicatur peccatum.

46) Geshe Gedun Tharchin, Bello accumulare buon karma! Leicester, 2003.

47) C. Tulku Rinpoche, L’eredità della Motivazione Pura, in “Sacred voices of the Nyingma Masters”, Padma Publishing.

48) Geshe Gedun Tharchin, op. cit.

49) Sant’ Alfonso Maria de Liguori, Opere ascetiche, Vol. 1.

50) Chandogya Upanishad.

51) Corano, versetto 173.

52) Ibn Rajab al-Hanbali, Jami al-Ulum wal Hikm.

53) R. Steiner, L’iniziazione, 1904. Cfr., nello stesso senso O. M. Aïvanhov,  “Alcune leggi dell'attività spirituale”, in Potenze del pensiero, Prosveta. L’essere umano, afferma Aïvanhov, è giudicato non solo per gli atti ma anche per le intenzioni, cfr. La  Bilancia cosmica, la scienza dell’equilibrio, Prosveta, p. 192.

54) Seneca, Epistole a Luciano, 34 - 3.

55) Patanjali, Samâdhi Pada, sutra 1. 21.

56) G. Gershom, La Cabala, Mediterranee, 1992, p. 179.

57) M. Laitman, La Cabala rivelata, Urra edizioni, 2009, p. 25.

58) Ibidem.

59) Peter Deunov, Le Grain de blè, n. 21/1963.

60) D. Chopra, Le coincidenze cit., p. 64 e segg.

61) Ibidem.

62) Wayne W. Dyer, Il Potere dell'Intenzione cit., p. 13 e segg.

63) Presso la Princeton University è stato realizzato il progetto PEAR (Princeton Engineering Anomalies Research – Ricerca Ingegneristica di Princeton sulle Anomalie) per studiare l’influenza del pensiero sulla materia: www.princeton.edu. Nella letteratura medica sono numerose le prove scientifiche e le documentazioni che corroborano come il mondo interiore (la meditazione, la preghiera, la consapevolezza…) possa intervenire sulla materia anche a distanza (cioè su soggetti lontani) nei processi di guarigione: cfr. il vasto materiale (studi ed esperienze di psicologi, psicoterapeuti e medici) raccolto dal medico Larry Dossey nei volumi “Il potere curativo della preghiera” e “Guarire con la preghiera e la meditazione” editi rispettivamente da Red Edizioni e Rizzoli. Per una ricognizione degli studi ed esperimenti scientifici compiuti circa l’impatto del pensiero e dell’intenzione sul corpo e sulla realtà fisica, cfr. L. McTagger, La scienza dell’intenzione, Macro Edizioni, 2008. Ricorda questa autrice che alcune ricerche sul cervello tramite EMG e EEG hanno dimostrato che l’attività elettrica del cervello è identica, sia quando ci limitiamo a pensare di fare qualcosa, ad es. un atto sportivo, sia quando compiamo quell’atto sportivo; il solo pensare produce le istruzioni neurali che servono a compiere l’atto fisico, cfr. ivi pp. 210 - 211. Oppure pensiamo ai campioni di acqua tenuti nelle mani di soggetti esperti meditatori con l’intenzione di cambiare le proprietà dell’acqua (cfr. ivi, p. 61) o agli esperimenti del fisico Tiller (cfr. ivi, p. 60)  che hanno dimostrato come il solo pensiero diretto verso un obiettivo produca una energia fisica dimostrabile anche a distanza (Subtle energies, in Science e medicine 6/1999, pp. 28-33). Per una ricognizione degli studi effettuati circa gli effetti della meditazione e dello yoga sul sistema nervoso, cfr. F. Coppola, Il segreto dell’Universo, L'età dell'acquario, 2003, pp. 179 - 213. In particolare, i primi studi ufficiali sugli effetti della meditazione risalgono agli anni ‘70 quando due medici di Harvard, Benson e Wallace, pubblicarono “Fisiologia della Meditazione” sulla rivista Science n. 167/1970. Ad avviso di F. Marchesi, anche il principio di indeterminazione di  Heisemberg (secondo cui non è possibile conoscere la realtà attraverso l’osservazione in quanto la semplice osservazione di un fenomeno, modifica il fenomeno stesso) dimostra “che anche l’atteggiamento mentale e le aspettative di chi osserva intervengono su di esso modificandolo. Se il comportamento di una particella subatomica cambia quando viene osservata, è ragionevole aspettarsi che qualsiasi struttura della materia costituita da un numero grande di particelle subatomiche, sia a sua volta soggetta alle influenze esterne” così La Fisica dell’Anima, Tecniche Nuove, 2004, pp. 21- 25. Un uomo, afferma Marchesi, “compie un salto evolutivo quando diviene consapevole  che ciò che pensa è più importante di ciò che fa. Ciò che fa dipende da ciò che pensa, ma ciò che pensa può produrre effetti enormemente più importanti”, ivi, p. 31.  Nell’articolo “Meditare fa bene” di Paola Emilia Cicerone, pubblicato sull’Espresso il 14 febbraio 2011, vi sono numerosi riferimenti ad alcune recenti ricerche scientifiche in materia: “La meditazione rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione e attiva il cervello. Non lo dice qualche guru New Age, ma una ricerca dell'università di San Francisco sul cromosoma […] promette di allungarci la vita e modificare i geni responsabili di molte malattie […] A essere sotto esame oggi sono i benefici molto terreni che si possono ottenere con l'antica pratica della meditazione. Lo dimostra, innanzitutto, uno studio realizzato dall'Università di San Francisco. Che mette d'accordo scienza e tradizione, visto che può contare sull'endorsement del Dalai Lama e di Elisabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 per i suoi studi sui telomeri, i cappucci di materiale genetico posti in cima ai cromosomi la cui lunghezza è collegata all'invecchiamento. Ed è proprio sui telomeri che agisce la meditazione […] Una ulteriore conferma arriva da uno studio realizzato in collaborazione dal Massachusetts General Hospital e dal centro di genomica del Beth Israel Deaconess Medical Center, che mostra come la meditazione modifichi l'attività di geni collegati con l'infiammazione, la morte cellulare e il controllo dei radicali liberi responsabili di molti danni al Dna. E quindi, ancora una volta a rallentare l'invecchiamento, e a farlo con una rapidità insospettabile per una pratica così "soft": due mesi di pratica bastano a modificare circa 1.500 geni. "Abbiamo visto che agire sull'attività della mente può alterare il modo in cui il nostro organismo attiva istruzioni genetiche fondamentali", spiega Herbert Benson, uno dei responsabili della ricerca”.

64) G. Braden, La guarigione spontanea delle credenze, 2008, p. 9. Una credenza per Braden è più di un semplice pensiero o sentimento: “è l’accettazione  di ciò che pensiamo sia vero con la mente, unito a ciò che sentiamo vero con il cuore”. La credenza o convinzione è un’esperienza che accade sia nella mente che nel corpo e che modifica la realtà, ivi, p. 92. La nuova visione secondo cui “tutto è energia che interagisce con altra energia” porta a ritenere naturale questo impatto sulla realtà. Questo autore sottolinea che ”quando all’interno del nostro organismo prendono forma delle credenze centrate sul cuore, nel linguaggio della fisica, noi stiamo dando loro espressione elettromagnetica, sotto forma di onde di energia, non confinate  nel nostro cuore, né limitate dalla barriera fisica della pelle o delle ossa  del corpo umano. Quindi, noi chiaramente “parliamo” col mondo circostante ogni attimo della giornata, attraverso un linguaggio senza parole: le onde di credenza emesse dal cuore”, ivi, p. 101. Le nostre esperienze interiori creano campi, cioè si convertono in onde elettromagnetiche le quali apportano modificazioni all’atomo: “si altera sia il suo comportamento sia il modo in cui si esprime in quanto materia. E quando l’atomo cambia, lo fa anche  il nostro mondo”, ivi, p. 100. Il mutamento dell’energia di un atomo per mezzo di un  campo è un fenomeno ben documentato, afferma Braden, dagli esperimenti  del premio Nobel Zeeman (1896) e  di J. Stark (1913). Queste affermazioni di Braden sulla rilevanza fisica delle credenze centrate sul cuore, poggiano anche sulle ricerche scientifiche condotte dall’Institute of HeartMath, www.heartmath.org, cfr., infra, note successive. Dunque, noi modifichiamo la nostra realtà in quanto, tramite il nostro campo, ovvero con le nostre energie, riusciamo ad agire sul campo quantico (una sorta di matrice) che tiene uniti, in modo sincronico, tutti i fenomeni dell'Universo.

65) E. Laszlo, Risacralizzare il cosmo, Apogeo Editore, 2008,  p. 75.

66) M. Tomasello, Le origini culturali della cognizione umana cit. p. 23.

67) B. Lipton, St. Bhaerman, Evoluzione Spontanea, Macro Edizioni, 2011.

68) Osserva R. Sheldrake: “Ci hanno insegnato a credere che la mente sia solo dentro la nostra testa, che l’attività mentale non sia altro che attività cerebrale. Alcune prove sperimentali […] suggeriscono che la nostra mente si estenda ben oltre il cervello; estendendosi attraverso dei campi che ci collegano al nostro ambiente e gli uni agli altri. I campi mentali sono radicati nel cervello, proprio come i campi magnetici che circondano un magnete sono radicati nel magnete stesso, o come i campi di trasmissione attorno ai telefoni cellulari sono radicati nel telefono e nella sua attività elettrica interna. I campi mentali inoltre si estendono attorno al cervello allo stesso modo in cui i campi magnetici si estendono attorno ai magneti, ed i campi elettromagnetici attorno ai telefoni cellulari. I campi mentali ci aiutano a spiegare la telepatia, la sensazione di essere osservati ed altre capacità molto diffuse ma tuttora prive di spiegazione” così La Mente Estesa, Apogeo, 2006, p. 293. Ricerche scientifiche sono state condotte anche sul campo elettrico emanato dal cuore il quale “funziona da  sistema sincronizzatore di tutti gli altri campi prodotti  dai vari organi del corpo umano, ciascuno dotato  di una propria intensità e frequenza di campo […] È stato ormai dimostrato e sperimentato ampiamente che l’insieme  di questi campi forma la cosiddetta misteriosa (ora non più) aura, un inviluppo energetico di campi elettromagnetici che a sua volta forma una specie di globo a forma di uovo radiante disposto attorno all’organismo degli esseri viventi” così  V. Marchi, op. cit., pp. 206-209.  Effettivamente, dalle ricerche scientifiche condotte dall’Institute of HeartMath si evince che il cuore ha un piccolo e proprio cervello formato da circa 40.000 cellule nervose generanti un campo elettromagnetico con l’asse centrato nel cuore: ”I campi elettromagnetici generati dal cuore permeano ogni cellula e possono agire come un segnale sincronizzatore per il corpo in maniera analoga all’informazione portata dalle onde radio. L’evidenza sperimentale dimostra che questa energia non solo è trasmessa internamente al cervello ma è anche recepibile da altri che si trovino nel suo raggio di comunicazione. Il cuore genera il più ampio campo elettromagnetico del corpo. Il campo elettrico come viene misurato dell’elettrocardiogramma (ECG) è all’incirca 60 volte più grande in ampiezza di quello generato dalle onde cerebrali registrate da un elettroencefalogramma (EEG). La componente magnetica del campo del cuore, che è all’incirca 5000 volte più potente di quella prodotta dal cervello, non è impedita dai tessuti e può essere misurata a diversi piedi di distanza dal corpo con uno Strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID) basato su magnetometri. È stato anche rilevato che le chiare modalità ritmiche nella variabilità della cadenza del battito cardiaco sono distintamente alterate dall’esperienza di differenti emozioni. Questi cambiamenti nelle onde elettromagnetiche, nella pressione sanguigna e in quella sonora, prodotti dall’attività del ritmo cardiaco sono percepite da ogni cellula del corpo a ulteriore supporto del ruolo del cuore quale globale e interno segnale di sincronizzazione” così P. J. Rosch e M. S. Markov, Applications of Bioelectromagnetic Medicine (Applicazioni cliniche di Medicina Bioelettromagnetica), Istitute of HeartMath, New York 2004.

69) Cfr. R. Sheldrake, La Mente Estesa cit., p. 17. La parola “morfogenetici” deriva dal greco morphe (forma), e genesis (messa in essere).

70) L. Dossey, Il potere curativo della preghiera cit., p. 61.

71) Ibidem.

72) Il Potere dell'Intenzione cit., p. 16.

73) Cfr. per approfondimenti su questo esperimento quanto scrive il fisico A. Goswami, Guida quantica all’illuminazione, Mediterranee, 2007, p. 82.

74) V. Marchi, Materia: atto d’intenzione cit. Ora tocca a noi agire con consapevolezza, aggiunge questo autore: ”la maggior parte delle persone non influenza la realtà in modo consistente, significativo, perché non crede di poterlo fare. Le persone in genere scrivono nella mente un’intenzione e poi la cancellano, poiché pensano: non è possibile, è un’idea assurda! A cosa porta tutto questo? A nulla, alla distruzione della possibilità. Tant’è che molti ricercatori si chiedono ancora oggi: possibile dunque che un individuo, con la propria osservazione, possa influenzare il mondo della realtà presente davanti ai propri occhi? Certo che sì, se quella realtà è viva! Lo stesso Werner Karl Heisemberg, negli anni 30 del secolo appena trascorso, fu molto esplicito al riguardo: gli atomi non sono oggetti, ma solo tendenze. E anche John Wheeler, uno dei padri della bomba atomica, lo fu in modo ancora più eclatante, quando dichiarò che la Realtà del mondo non è altro che un atto di Coscienza partecipata”.

75) D. Chopra, Le coincidenze cit., pp. 65-66.

76) Rileva Aïvanhov: “che cos'è più importante: il rubinetto o l'acqua che ne esce? Il rubinetto può anche essere d'oro, ma se da esso scorre acqua sporca […] Ciò che conta è che l'acqua sia pura. Ebbene, una cattiva intenzione è paragonabile a un'acqua sporca, e un'intenzione buona a un'acqua cristallina e vivificante” cfr. cap. VI, Le Masculin et le Féminin, fondements de la création, Prosveta, 2011.

77) Cfr. su questa importante tematica O. M. Aïvanhov, Lo yoga della nutrizione cit.

78) O. M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani, 2014, Prosveta.

79) Che la pedagogia debba occuparsi dei fini e dei mezzi è pacifico. Osservava il pedagogo austriaco Brezinka:”È nella natura delle cose, il fatto che ogni disciplina educativa debba incominciare da fini, scopi o ideali e, per questo, non è mai stato posto in discussione. La discussione c'era e c'è soprattutto su quali fini debbano essere scelti”, W. Brezinka, Obiettivi e limiti dell'educazione, Armando editore, 2002. L’espressione “scienza dei fini e dei mezzi”, impiegata da noi  in modo neutrale, in pedagogia è già stata vagliata, ad esempio, da Herbart il quale scriveva che la pedagogia come scienza dipende sia dall’etica (o scienza dei fini), sia dalla psicologia (o scienza dei mezzi). Il termine mezzi che per Herbart concerneva "l'insieme delle energie di cui si dispone” può benissimo concernere anche i metodi, cfr. J.F. Herbart, La pedagogia generale dedotta dal fine dell’educazione, Paravia, 1925. Deunov ha dato un fondamentale contributo alla nascita di questa (che noi amiamo chiamare), “Scienza dei fini e dei metodi”. Questo Autore ha illustrato, ad esempio,  in una conferenza tenuta a Sofia il 7 marzo 1930, “les nouvelles methodes que proposent la psychologie et l'ethique pour l'education de l'homme”, cfr. P. Deunov, L'homme Parfait, www.beinsadouno.net.

80) Ad es. cfr. i volumi: Yoga della nutrizione, Amore e sessualità e Regole d'oro per la vita quotidiana editi da www.prosveta.it.

81) Il termine ideale, inter alia, identifica anche gli scopi ai quali tendono i principi costitutivi dell’essere umano, cfr. la tavola sinottica illustrata da O.M Aïvanhov, Conosci te stesso, jnani yoga, Prosveta. A differenza della  famosa e  pur pregevole tabella dei bisogni di Maslow (apparsa nel tempo agli esperti  affetta  da una non realistica gerarchicizzazione dei bisogni, la cd. piramide di Maslow) la tavola sinottica pone in relazione non i bisogni umani soggettivamente interpretabili (anche sulla base di presunte stime circa la prevedibilità dei comportamenti individuali) ma i principi che costituiscono la struttura dell’essere umano (lo spirito, l’anima, l’intelletto, il cuore, la volontà e il corpo fisico) sia con i relativi “Ideali” verso i quali ciascuno di essi  tende, sia con le relative attività umane che necessariamente occorre compiere per alimentare i predetti Ideali e sia con i connessi stati di coscienza implicati. La tavola sinottica grazie alla sua completezza offre una validissima chiave di autovalutazione e di orientamento per intraprendere le azioni di miglioramento personale. La tavola sinottica è destinata, a nostro avviso, ad essere ampiamente valorizzata dalla cultura ufficiale via via che essa riuscirà a superare le vetuste pregiudiziali sulla natura spirituale dell’essere umano.

82) O. M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani 2014, Prosveta.

 

 

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