Le Finestre dell'Anima
di Guido Brunetti indice articoli
La Bibbia degli psichiatri
Aprile 2014
La psichiatria, come concorda Binswnger, è essenzialmente “una scienza dell’uomo, dell’esistenza umana”. L’attività dello psichiatra, ma così di tutti gli operatori della salute mentale, deve essere orientato all’incontro con l’altro, diretto cioè a “comprendere” l’essere umano nella sua globalità.
Come nota Callieri, il grande merito della psichiatria della seconda metà dell’Ottocento fu quello di “identificare” raggruppamenti costanti di sintomi. Di qui, la classificazione, l’ordinamento tassonomico e quindi la configurazione di vere e proprie entità di malattie.
Siamo allora arrivati alla “Bibbia degli psichiatri”? Diciamo che il DSM-5 rappresenta un prezioso e indispensabile strumento di riferimento per psichiatri, medici e per tutti gli operatori della salute mentale e dunque della psichiatria. Una disciplina che ha per oggetto lo studio clinico e la terapia dei disturbi mentali e dei comportamenti patologici.
Un campo - rileva Karl Jaspers - situato fra “Naturawissenschaften”, e cioè scienze della natura, e “Geisteswissenschaften”, scienze umane, come per l’appunto è la psichiatria. Nella quale non è possibile - precisa Vizioli - adottare il metodo riduzionistico o per lo meno non è possibile far proprio il modello biologico delle altre discipline mediche. Infatti quello che manca in psichiatria è proprio il modello medico, costituito di etiologia (sconosciuta), patogenesi (ignota), fisiopatologia (non verificabile), anatomia patologica (assente), diagnosi (affidata alla soggettività dell’osservatore), prognosi (impossibile), terapia, fondata solo su ipotesi e “fortemente generatrice di effetti iatrogeni molto gravi, come ad esempio, il parkinsonismo da neurolettici nella schizofrenia”.
I disturbi psichiatrici vengono classificati in base a tre tipi di indirizzo. Il primo prevede l’ individuazione clinica di insiemi di comportamenti stabili. Il secondo tipo comporta la “ricostruzione” di una storia vissuta della sofferenza umana. Il terzo tipo riguarda la “definizione” dell’ ambito neurobiologico in cui la patologia si forma.
Gli orientamenti principali della psichiatria concernono una concezione di tipo “fenomenologico”. Il quale considera la malattia mentale una “rottura” della comunicazione e delle relazioni interpersonali. Secondo un’altra dottrina, la malattia mentale è più “implicita” nell’organizzazione della psiche. L’approccio clinico sostiene che le malattie mentali (psicosi e nevrosi) sono aspetti di differenti livelli di “dissoluzione” psichica. L’impostazione eziopatogenetica invece afferma che la malattia mentale “dipende” da processi organici.
Nell’attività psichiatrica, l’intuito clinico e l’esperienza non costituiscono di per sé un paradigma assoluto, in mancanza di punti specifici di riferimento concettuali, che hanno la funzione di “provare” o “confutare” la loro validità.
Ove l’individuazione e la descrizione dei sintomi non siano state condotte con sistematicità su tutte le aree psicopatologiche è difficile pervenire a diagnosi certe. Vogliamo asserire che per ottenere una diagnosi secondo i parametri del DSM, il metodo psichiatrico deve essere strutturato secondo canoni irrinunciabili, ovvero secondo i principi guida sottesi alla valutazione e al trattamento.
Un obiettivo fondamentale è poi quello di individuare e svelare i conflitti inconsci del paziente. Identificando le sue difese e analizzando le sue resistenze. La prerogativa è quella di realizzare il duplice obiettivo della diagnosi e della terapia.
Dobbiamo poi precisare che i disturbi psichiatrici rivelano un insieme di segni, sintomi e comportamenti. Si tratta allora di classificare i disturbi del paziente e le disfunzioni in accordo con le categorie diagnostiche stabilite dai criteri del DSM-5. La diagnosi così formulata aiuta a emettere la prognosi e a individuare il trattamento più efficace. Per riconoscere inoltre tutti i fattori eziologici che concorrono alla comparsa della patologia psichiatrica, il clinico deve far riferimento a un sistema diagnostico multiassiale. Occorre in sostanza riconoscere, inquadrare e approfondire i criteri del DSM, allo scopo di sviluppare una piena comprensione dei molteplici, delicati e complessi aspetti, riguardanti la diagnosi, la cura e la prognosi.
La realizzazione della quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) è il risultato di una impresa enorme nell’intento di accrescere la sua validità ed efficacia clinica come guida e modello nella diagnosi delle patologie mentali.
Risale al 1844 la prima classificazione statistica che precede il DSM, elaborata dall’“American psychiatric association” (APA). Dopo la seconda guerra mondiale, il DSM ha subito positive evoluzioni attraverso quattro edizioni. Il più recente è il DSM-IV. L’attuale edizione, il DSM-5, si basa sulle precedenti pubblicazioni ed è finalizzata a fornire le linee guida per orientare le decisioni circa la diagnosi, il trattamento e la gestione dei soggetti.
Il libro: AA.VV., Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM-5, Raffaello Cortina Editore, Milano 2014, pagine 1091, euro 129.
Guido Brunetti
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