Esperienze di vita Indice
The Sound Of Silence
(sempre a base di U.G. Krishnamurti)
di Stefano Sottile
Piergigi (ndr: Pierluigi Piazza) ha ragione, ‘andiamo come ladri...’ e io direi dovunque così, non solo da UG. Ladri rispettosi, miti, comprensivi, ladri gentiluomini, ma pur sempre ladri. E se non lo siamo per indole, abbiamo solo da aspettare masochisticamente che gli altri ci rubino di tutto e di più per, se non moriamo così, trasformarci nell’opposto e rifarci del tempo perduto. Capitano mattine così, in una stanza che sembra una sauna, anche quando fuori la temperatura è intorno allo zero, con un omino di circa 90 anni mezzo sveglio, mezzo addormentato, mezzo… interamente assente al frastuono della nostra irrealtà, sia di quella che ci portiamo dentro, sia di quella che trasmettiamo fuori, lui essendo completamente calato nell’armonia dell’autentica realtà, coi suoi rumori veri di piena fisicità che richiedono una presenza vigile del corpo, presenza a riposo, si direbbe a vederlo, senza ombra di dubbio, come quella del leone seduto nella savana. Già, come si siede un animale? Non certo come noi. È così. Piccoli dettagli, di un giorno insieme, che non sono niente, di cui solo dopo ci si rende conto perché abbiamo acceso di nuovo tutti i programmi del PC che siamo, ma questo per il fatto che lì siamo ‘distaccati’ ‘disattivati’ un po’ come lui. E dire che il giorno prima mi era sorta spontaneamente una domanda: “Tu dici che le cellule sono già Natura sentendola e vivendola (vivendoci) con modalità proprie, ora, quando si disgregano perdendo la coesione di un corpo, e per quanto riguarda noi la presa del pensiero non funzionale, a quel punto, avranno la stessa modalità di funzionare che è presente anche in te ora ‘diversamente’ da noi, che è quella che chiami qualità vivente della vita? Cioè, anche per chiunque alla morte clinica avviene questa liberazione definitiva nel ‘tutto’? Probabilmente in questa mia domanda c’è ancora la speranza di mantenere una individualità, di radunare un centro coordinatore di una energia altrimenti dispersa, cosa che era un po’ la promessa degli sciamani. Però in quella domanda non c’era il tono di urgenza che avevo quando ero negli affari sacri. Però ora onestamente mi rendo conto e posso dire che non cerco, o meglio non mi aggrappo ad una ricerca di individualità, che oltretutto voglio continuare sempre, ma sono appunto curioso del fatto del ‘sentire naturale’ a partire dalla mancanza di un ‘io’ fittizio. Essere tutto nel tutto, o nulla nel nulla, è già tutto, o già nulla; di questo mi rendo conto e ci si rende conto guardando UG. Non è un ‘io sono’, e alla fin fine non è nemmeno il verbo essere, perché lo stesso senso di soggetto e verbo, di azione nei termini di entità pensanti, decade. Energia siamo ed energia restiamo, senza torneremo. Il problema per noi è che non la viviamo con la modalità corretta col quale dovrebbe esser vissuta, e non possiamo perché vogliamo sapere, conoscere se è così.., ecco, ecco che la domanda sorta il giorno prima, quando sono arrivato nella stanzina, è decaduta col suo stesso senso, con anche la minima urgenza che c’era, ma pur sempre nata da uno stato distorto dell’essere, imbevuto di paura e speranza, imbevuto di conoscenza. Forse quel qualcosa attivo nel mio corpo (la qualità vivente della vita) essendo in vicinanza di un corpo simile in quello stato, per trasmissione naturale della non-separazione, ha schiacciato sul momento la trappola dell’autocoscienza, che come sempre e come al solito è sempre attiva in me anche se non più come prima. Un diverso tipo di energia, Attiva, ha disattivato per un momento il meccanismo che distorce. Non mi ha fatto ‘sentire’ quello su cui mi interrogavo con quella domanda, la domanda è solo bruciata.., c’è stato un sollievo e una pacificazione, tutto lì. Non può avvenire la calamità per trasmissione, neanche in quel modo, figuriamoci l’illuminazione tramite indicazioni di altri, per ciò UG insiste nel dire che non solo il nostro, ma ogni stato di natura, è uno stato di ‘non conoscenza’. Nel funzionamento della vita così come scorre fluida coi suoi palpiti, non c’è davvero bisogno di conoscere, e ciò che ci mantiene lontani da quel funzionamento è il volerlo sentire: non si può conoscerlo quel funzionamento, quindi volerlo sentire è allontanarcisi ancora di più. Quel funzionamento funziona da sé e non si chiede nulla, chiedere sul funzionamento stesso è perturbazione. Ecco che son vere le parole: ‘nel silenzio non c’è bisogno di comunicare nulla’ e noi invece siamo alla ricerca di significati anche nel silenzio. Abbiamo distorto la logica stessa intrinseca al silenzio. Se non fosse come dice UG, infatti, ma che silenzio sarebbe? Tutto ciò appunto suona comico, ma in quella stanzina è come un rombo, un ronzio di sottofondo che non chiede traduzione, che invece di disturbare, ci tranquillizza mentre siamo persi nel labirinto dei pensieri e sensazioni del nostro funzionamento. Questa quiete è tipica dell’attività tacita ma laboriosa della natura che riprende dopo un evento, la famosa quiete dopo la tempesta che ogni artista cerca di comunicare. Questa pace di uno che sembra che sia morto sonnecchiando o che stia sonnecchiando morendo lentamente, è viva ma non è pressante, non opprime, non inquieta, non innervosisce e non assorda come i silenzi studiati o inconsciamente studiati dai prestigiatori spirituali, che ti lavorano sotto volendo irrompere per forza in qualcosa di tuo, sia insidiandoti come zanzara sia trascinandoti come canto di sirena. Qualcosa, se sta scorrendo da qualcosa verso qualcos'altro, lo sta facendo perché è così che avviene in natura, senza intensioni, senza tensioni, entrambe le nostre, quelle ‘umane’.
Lo guardo e non respira come noi, il petto addirittura quasi non si muove, e se dorme (dorme?) è quieto ma non immobile, muove forse il pollice come un neonato o un animale che di riflesso agita la coda, non certo per un sogno che emotivamente lo turba. Lui sta solo riposando, noi non sappiamo farlo senza annoiarci dopo poco, o senza che usiamo questo per dormire o per recuperare, ristorarci, affinché dopo possiamo ripartire per la meta eventuale più carichi per affrontarla. Non esiste questo in UG, semplicemente. Non ci sono mete mentali, non ci sono nemmeno tentativi di ‘lavoro’ su queste mete che di sicuro lui avverte in noi come noi si avverte l’umidità. Quando lo vidi 2 anni fa parlare in Gstaad tenendo il filo con tutti, pur ‘non essendo interessato’ cioè coinvolto di persona, ovvero senza la minima traccia di residuo emotivo durante e dopo ogni parola, potevo ancora credere che facesse qualcosa seppur non facendolo intenzionalmente, come è stato notato per qualche raro ‘maestro’. Invece ora, con la sua senilità, con un’energia che è solo sotterranea ma non svanita, proprio come un vulcano inattivo da millenni, vedo che non può fare neanche questo, proprio ‘non può’, non è più nella sua costituzione biologica. UG sta mangiando, già, pranza mentre noi siamo lì intorno, forse lo vogliamo guardare, anzi senza forse, lo spiamo anche lì, volendo captare qualche cosa di diverso e di utile per noi. Invece pranza come noi pranzeremmo a un buffet, a una festa di ritrovo tra conoscenti, ma senza nessun falso convenevole. E noi lo spiamo, e Checco a un certo punto ironicamente ma con tono affermativo, come dire, ‘questi sono i fatti’, mi dice: ‘certo, fare centinaia di kilometri per vedere uno che mangia…’; rido, posso solo ridere in una situazione così. È proprio così, però, dentro a questo assurdo c’è il suo effetto ‘realtà’, c’è anche il suo ‘perché no’.
Come dico spesso io, ‘siamo a mangiare la pasta a casa sua’. Appena finito il tutto, in modo celere, senza distrazioni, UG si alza come se andasse verso un obiettivo definitivo, ma senza né fierezza né quella consapevolezza da eroe che c’è quando si va incontro o a una vittoria o ad una sconfitta sicura; si alza senza che tu possa dire ‘si sta alzando’, va verso il lavabo della cucina della suite, mi passa accanto, sarebbe passato accanto a un mucchio di cobra (come quando gli capita in India) o su un filo sospeso su una voragine, allo stesso modo, o accanto a chiunque o qualunque cosa fosse stata lì, e ora è dietro di me. D’un tratto lo scroscio d’acqua del rubinetto aperto e subito lo scroscio di qualcos'altro: sta vomitando! Solo quando realizzo questo mi accorgo che nessuno si cura della cosa, io non so che fare, mi sentirei di aiutarlo, ma aiutare a fare che? E poi, sorpresa, non mi viene nessun movimento, e mi rendo conto che anche prima, quando mi era passato accanto, non avrei potuto muovermi; era come se, per dirla nel gergo della mia arte marziale, UG nel mentre camminava e si dirigeva al lavabo stesse facendo un blitz a tutti. Lavorando io con il sentire le energie in relazione alle distanze e riuscire a restare elastici, felini, per scattare morbidi all’evenienza, posso dire che non conosco al mondo un essere che come UG è ri-nato davvero con la natura dentro. E senza dover fare nessuna postura preventiva, di preparazione, dovuta a qualche addestramento. Le sue movenze infatti dicevano che era impossibile aiutare un animale che si stava andando a curare da solo. Per me questa sensazione d’impotenza e di stronca-orgoglio è stata come un fulmine e un tuono a cielo aperto, perché alla fine è la semplicità e la naturalezza della cosa che mi ha fatto rendere conto che in effetti è una questione di orgoglio il voler dare il primo servigio, e allora ho compreso in pieno le parole di UG sull’aiuto reciproco o umanitario. Ho chiesto poi a chi mi stava accanto se altre volte UG fa così, e mi ha risposto che sempre è così, e guai a provare a intervenire se proprio il gesto non viene automatico. Siamo d’intralcio, ecco cosa, siamo d’intralcio a noi stessi e alla natura del nostro organismo e vorremmo con falso altruismo soddisfare il nostro ego disturbando l’operato corretto della natura. Una volta finito, UG infatti come se non fosse successo nulla (e cosa è successo, poi…) torna a sedere con la stessa non-chalance dell’andata. Impressionante nella sua spontaneità, la cosa mi sbaraglia completamente, non avevo mai visto in azione nel quotidiano una cosa del genere che, per come si è svolta, disintegra all’impatto ogni pensiero o idea sul ‘qui e ora’ dei cosiddetti maestri spirituali. Qui c’è un essere naturale che ‘non c’è’ ma è presente in ogni minimo battito del tempo, noncurante delle nostre menate senza far pesare nessuna delle sue azioni, che comunque hanno la leggerezza della forza di gravità. Lui non agisce per farti vedere chissàcche o per insegnarti tramite paradossi o altri rigiri, lui ‘non agisce’, la natura agisce e tramite lui lo fa con correttezza e senza distorsioni, ecco perché tutto sommato ai nostri occhi è come un esempio vivente e vivo, perché meglio che nelle altre creature di ogni regno biologico riusciamo a specchiarci in lui, o meglio, le nostre lenti non è che vedano meglio, che raggiungano la luce, la consapevolezza etc etc, no, vanno proprio in frantumi! Il fatto è che erano quelle lenti stesse il filtro, quindi è un nonsenso dichiararsi realizzati attraverso lo specchiarsi in qualcosa di considerato già luminoso, è sempre un filtrare. Lo specchio nostro va in frantumi perché scorge che il resto era un paravento e solo si stava potenziando, scorge che non c’è da specchiarsi in nessuno perché non c’è in realtà nessun gioco di specchi, o meglio, non c’è nessun ‘io’ che si deve specchiare in altri ‘io’. Caduto questo muro invisibile ma divenuto per noi materiale, resta la corrente di azioni dei corpi, degli esseri che non sono nati né moriranno, che non ci sono ma sono. Siamo tutti qui vivendo in un unico movimento, che non cogliamo perché cogliamo i riflessi distorti da un filtro che è s-corretto e spesso anche corrotto.
Caduta di ogni insegnamento in pochi dettagli e in due minuti di un atto fisiologico: Non c’è zen, non c’è wu-wei, non c’è ‘l’arte del non fare’, non c’è il neti-neti indù…, e avverti come ogni tentativo che è stato fatto o che chiunque ora possa fare nella direzione intenzionale di negare per arrivare a qualcosa, non ha per nulla senso, è sempre un auto-indursi.
UG è lì, e non fa niente, non fa niente per, e succede che te sei lì con lui, personaggi che son lì concreti e leggeri senza il peso dei traguardi anche minimi dei minimi pensieri o sensazioni, tutto è stemperatamente fluido e scorrevole in questo salotto di amici, le parole non pesano, i silenzi non pesano, non solo il tuo essere è lasciato a se stesso senza non solo secondi, ma neanche primi fini, ma la realtà, lì, è lasciata a e da se stessa, come d’altronde dovrebbe essere, ahimè che ogni volta vogliamo arrivare NOI. Per cui allora tutto diventa ‘noise’ , rumore. Anche un passo (ma basta l’intenzione) in direzione di una voglia sottintesa e taciuta e perciò artificiosa e pesante, anche un grazie che così assume le stesse sembianze, anche un passo e un grazie fisici, di azione e parola. NOI è rumore, noi siamo un interferenza sonora in quell’armonia, che per fortuna è toccata, intaccata un poco ma mai interrotta, che è sempre lì incontaminata nello stormire delle foglie o nell’abbaiare del cane, e ancora che fortuna se, essendo lì presenti con un po’ di sensibilità attenuiamo il disturbo (e forse finalmente togliamo il disturbo), che fortuna quando da quella stessa fonte naturale arrivano poche sillabe che con un tono senza tono ti dicono: Shut-up!, shut-up!
Stefano Sottile - giugno 2005
Altra esperienza: Sulla Natura e sulla Spiritualità (a base di U.G. Krishnamurti)
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