Esperienze di vita Indice
Sul sentiero - Parte quarta
Anonimo - novembre 2010
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Verso la “religione dell’umanità”
Caso e “sincronicità”
La scienza studia i fenomeni naturali al livello più fondamentale e generale, utilizzando lo strumento matematico per indagare la struttura della realtà. Questa corrispondenza tra la matematica (un fenomeno interno al nostro intelletto) e le leggi che regolano i fenomeni della natura (all'infuori di noi) ha sempre sorpreso gli scienziati. Galileo, il primo ad affermare che “la natura parla in linguaggio matematico”, è il padre del metodo scientifico. Questo atteggiamento di fiducia nell'intelligibilità del reale in termini logico/matematici proseguì senza intoppi fino ai primi anni del 1900, quando Einstein, di fronte ai primi risultati che avrebbero poi spinto i fisici a creare la Meccanica Quantistica, intuendo mutamenti nella prospettiva razionale e intelligibile che da sempre aveva dato “senso logico” alla realtà, esclamò: “Dio non gioca a dadi”.
Anche se Einstein si è sempre rifiutato di accettare la nuova visione del mondo che emergeva dalle sperimentazioni, molti altri fisici hanno accettato il mutamento di prospettiva evidenziando il bisogno e il tentativo di sviluppare una concezione della realtà anche con l’apporto di approcci diversi, spesso considerati “non scientifici”: Wolfgang Pauli collaborò con lo psicologo Jung alla definizione di un principio complementare al principio di causalità, il principio di sincronicità, e fu talmente attratto dalle teorie junghiane da concepire un testo dal titolo "L'interpretazione della natura e della psiche" (1952); Erwin Schrödinger si interessò molto di filosofia sia occidentale che orientale, e scrisse un libro dal titolo "Che cos'è la vita?"; Fritjof Capra, fisico delle particelle, ha abbandonato la carriera di fisico per dedicarsi a scrivere libri divulgativi sulla visione del mondo che scaturisce dalla Nuova Fisica; Frank Tipler, cosmologo, è autore di un testo dal titolo sorprendente: La Fisica dell'immortalità.
Sembra che i fisici siano i primi testimoni di un cambiamento epocale che sancisce l’abbandono della concezione meccanicistica della realtà.
Un cambiamento si porta però necessariamente dietro la perdita di alcune certezze, e questo può far nascere resistenze e paure più o meno inconsce. Accettare la nuova visione del mondo che emerge dalla Meccanica Quantistica porta come conseguenza lo scardinamento di antichi assetti conoscitivi e di rassicuranti inquadramenti della realtà, e pertanto del senso complessivo dell’ “essere al mondo”. Sembra addirittura diventare falsa - ed è questo il motivo della perplessità di Einstein - l'ipotesi di fondo che da Galileo in poi ha sempre sorretto l'indagine scientifica: la natura parla in linguaggio matematico. Ma vi è da considerare che dai primordi della Scienza il progresso scientifico implica il superamento delle teorie sperimentate e credute immutabili e la scoperta di altre più ampie che contengano come aspetto particolare la precedente, senza contraddirla. Così, ad esempio, la Teoria della Relatività di Einstein non nega la teoria precedente, ovvero la meccanica Newtoniana, ma la inquadra come sottocaso particolare. In altri termini: per velocità piccole, di molto inferiori alla velocità della luce, i fenomeni sono ben descritti dalla meccanica Newtoniana, ma quando le velocità in gioco sono più elevate bisogna fa riferimento alla teoria di Einstein. Questo schema di ampliamento del sapere ha subito una sospensione quando la comunità dei fisici si è trovata di fronte i fatti sperimentali e i tentativi di interpretazione della Meccanica Quantistica. E' come se ad un certo punto si fosse rotto il principio di intelligibilità razionale del mondo fisico. Pertanto Einstein, che presumeva di non dover abbandonare un inquadramento razionale ai fatti, insieme a due colleghi elaborò un esperimento ideale, conosciuto come esperimento o paradosso EPR, con il quale intendeva dimostrare che la Meccanica Quantistica non poteva essere considerata una teoria fisica perchè incompleta. Il paradosso EPR ha dato origine negli anni '60 ad una rielaborazione che indusse ad una verifica sperimentale, il Teorema (o disuguaglianza) di Bell, e nel 1983 si è avuto il risultato dell'esperimento condotto da Alain Aspect a Parigi per una verifica sperimentale. I dati sperimentali hanno confermato che la Meccanica Quantistica fornisce una descrizione dei fatti “scientifica” e aderente alla realtà.
La Fisica ci ha abituato a considerare che il senso comune a volte ci inganna. Per esempio, le pareti della stanza in cui siamo, il tavolo su cui appoggiamo il computer che noi percepiamo come solidi e “reali” sono fatti in massima parte di vuoto. La massa nucleare (il 99,9% della massa dell'atomo) è concentrata in uno spazio minimo mentre gli elettroni ruotano attorno al nucleo a grandi distanze. La proporzione è quella di un granello di sale (nucleo) al centro della cupola di S. Pietro (spazio in cui ruotano gli elettroni). L'atomo è dunque vuoto anche se l'impressione che ne abbiamo è che la materia sia fatta di un “tutto pieno”. In questo caso riconosciamo che la nostra sensazione sia fuorviante rispetto ad un livello di verità più aderente alla intima natura delle cose; accettiamo questa convinzione per fede nella scienza, perchè sappiamo che queste teorie sono verificabili da appropriate esperienze di laboratorio. Questo è solo uno dei casi in cui i nostri sensi ci ingannano: pensiamo all'equivalenza massa-energia, al diverso scorrere del tempo a seconda del moto dell'osservatore (paradosso dei gemelli), alla contrazione delle lunghezze a seconda del moto dell'oggetto...
Ma non sempre è così: per quel che riguarda il Teorema di Bell e le sue straordinarie conseguenze c'è da parte della cultura ufficiale un atteggiamento di chiusura, forse per le conseguenze dirompenti delle prospettive che ne derivano. Il Teorema di Bell ci mostra fondamentalmente che, se la Meccanica quantistica è valida - e gli esperimenti fisici non sono stati finora in grado di affermare il contrario - le misurazioni eseguite su due particelle saranno sempre correlate, indipendentemente dalla distanza che le separa. John Gribbin afferma quanto segue a proposito di questo paradosso:
Essi [gli esperimenti basati sul test di Bell] ci dicono che le particelle che hanno interagito una volta continuano in un certo senso a far parte di un unico sistema, che risponde come un'unità a ulteriori interazioni. Virtualmente ogni cosa che vediamo, tocchiamo e sentiamo è costituita da un insieme di particelle che fin dai tempi del Big Bang hanno interagito con altre particelle. (John Gribbin, Search of Schródinger's Cat)
In sintesi, il messaggio che emerge è il seguente: la logica e la razionalità non sono strumenti che valgono in senso assoluto, ma hanno il loro limite. Non si può quindi avere piena fiducia in questi mezzi pretendendo una comprensione razionale e causale di tutta la realtà e non si può ricorrere alla meccanica newtoniana all'infuori del campo di applicabilità di questa teoria. Il Teorema di Bell svela che l'atteggiamento razionale non esaurisce l'analisi della realtà, e proprio in nome della scienza dobbiamo andare oltre se non vogliamo rinchiuderci in un dogmatismo razionale parallelo al dogmatismo teologico cha ha caratterizzato il Medioevo. La cultura occidentale, che non è in grado di concepire nulla se non in termini razionali, ha spesso avvertito questa teoria come un attacco a qualsiasi possibilità di fare scienza. Si teme che rinunciare ad un'analisi del reale in termini razionali possa riportare ad una sorta di contaminazione tra scienza e misticismo, procedimento che abbiamo imparato ad evitare da quando Galileo ha introdotto il metodo scientifico.
Di certo da tali nuove visioni consegue la necessità che lo studio della realtà superi la logica razionale con cui abbiamo indagato fino ad oggi, e che accetti di considerare la sincronicità oltre alla causalità.
In sintesi, la prospettiva più ampia che emerge:
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avvicina oriente e occidente, fisica, religione, filosofia;
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reintroduce nella scienza la componente femminile, “magica” della realtà;
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armonizza la dicotomia tra materia e spirito;
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accorda le scienze esatte con quelle umane;
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rende ad ogni branca della scienza il suo ruolo e la sua dignità;
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concilia l’analisi dei dettagli particolari con i messaggi provenienti dal Tutto;
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proclama il livello di intima armonia del reale.
La Nuova Fisica, in quanto a volte in conflitto con la nostra idea classica di razionalità, aiuta ad identificare le proprietà più intime del mondo e a chiarire che l'intelligibilità del reale in termini razionali non è una proprietà del mondo ma è una proprietà del nostro modo di guardare alla realtà. Essa, con le straordinarie sfide che impone al nostro tentativo di comprendere, sostiene il tentativo di distinguere quanto della realtà abbiamo compreso veramente e quante sono invece le idee preconcette che derivano dal nostro modo di osservare la realtà.
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