Esperienze di vita Indice
Lettura filosofica del quadro biblico "Il sacrificio di Isacco"
Pagine Autobiografiche di Francesco Introzzi.
- L'impegno civile come atto di fede.
CUNEO, venerdì 25 aprile 2003
La città di Como costeggia il lago. La riva del Lario - questo è il nome classico del Lago di Como - è tutta un susseguirsi di ville che si specchiano nelle acque antistanti. Ai piedi del colle di Monte Olimpino, che a occidente collega Como con la cittadina svizzera di Chiasso, domina sulle altre Villa Olmo. Prima di Villa Olmo, ad interrompere la serie continua delle ville rivierasche, esiste un ampia spianata di accesso al lago destinata a non nascondere la vista dello stesso dalla settecentesca Villa Salazar, arretrata di un buon centinaio di metri dalla riva.
Le "idi di marzo" del 1930, a dispetto della tragica ricorrenza della morte di Giulio Cesare per mano del suo diletto Bruto nell'antica Roma (per fortuna era passato un po' di tempo e la gente non ci faceva più tanto caso, anche perché non aveva mai avuto occasione di conoscere personalmente né Giulio Cesare, il dittatore romano vittima di quell'antico dramma, né Bruto, il suo filiale sicario) e - eravamo ormai in piena "Era fascista" - a dispetto della storicamente incombente crisi economica del 1929-33, fu un giorno di festa per villa Salazar: alle ore 8 del mattino di domenica 16 marzo mamma Angelina (Introzzi nata Broggi), aveva messo al mondo - e alla bellissima vista del lago - il suo quinto figlio (su sei: 1 - Ernesta 25/06/1920; 2 - Carla 10/09/1923; 3 - Elena 30/06/1925; 4 - Enrico 03/09/1926; 5 - Francesco 16/03/1930; 6 - Paolo 27/09/1937): destinato ad assumere il nome del sottoscritto: Francesco. Il nome, dedicato per l'onomastico religioso al santo di Assisi festeggiato il quattro ottobre - era stato scelto in omaggio a Francesco Broggi (1844-1924) - mio nonno materno - figura di rilievo dell'industria serica comasca di inizio '900 [industria che, dopo la sua morte, era rimasta duramente colpita dall'imperante autarchia - economica e culturale - del fatidico "Ventennio"].
Il fatto di nascere in una villa di storia e architettura aristocratica era dovuto proprio al fatto che il parco era stato utilizzato da "Sciur Cek" - così era chiamato mio nonno dai suoi operai - come area industriale per la costruzione di un grosso stabilimento di tessitura serica. Qui venivano lavorate le matasse di seta che uscivano dalle filande della Brianza e del Cuneese.
Villa Salazar era appartenuta ad una famiglia comitale spagnola - appunto i conti Salazar - che deve aver avuto la sua importanza ai tempi della dominazione spagnola sul Ducato di Milano e della relativa cattolicissima, ma anche ferocissima, Inquisizione. Inquisizione che nel Comasco aveva imperversato a vero e proprio livello di genocidio con intere popolazioni in fuga verso il meridione: le camere a gas naziste "suicidio culturale della Germania" avevano avuto i loro bravi precedenti nei roghi contro gli eretici italo-ispano-francesi, anche nel Comasco.
Nonno Francesco Broggi nel momento di acquistare Villa Salazar (inizio 1900) per i suoi progetti industriali, dopo averli acquistati in occasione della vendita dell'arredamento del Castello di Carate Brianza, vi portò una serie di grandi quadri di argomento biblico (scuola bolognese del '600): le nozze di Canaa, l'incoronazione della regina Ester, ed altri ancora.
Papà Mario era andato ad abitare a Villa Salazar nell'agosto del 1919, quando - approfittando delle ferie per non interrompere la sua attività lavorativa nello stabilimento di "zio Francesco"- aveva sposato (23/08/1919) mamma Angelina che aveva appena preso il diploma di ragioniere all'Istituto tecnico commerciale statale di Como.
Di fronte ad uno dei quadri biblici di Villa Salazar papà Mario (Mario Introzzi, Cantù 8/9/1883 - Boves 11/11/1961) provava un moto di ripulsa: nonostante la "sacralità" della rappresentazione assolutamente non poteva sopportare - tanto gli creava disgusto emotivo e ripugnanza mortale - la vista del quadro raffigurante "IL SACRIFICIO DI ISACCO" con Abramo che, per ordine di Dio, è ritratto nell'atto di uccidere suo figlio sull'altare, come un agnello sacrificale!
Era per lui assolutamente inconcepibile ed inammissibile che un padre possa - anche solo pensare - di uccidere un proprio figlio e che potesse essere Dio, nella persona di Javè-Padre celeste, a comandare - e quindi ad essere lui il mandante - di un simile inaudito delitto!
Dopo essere rimasti installati in un alloggio di Como in piena città, affacciato sulla centralissima piazza Grimoldi, tra il Duomo e il Vescovado, per tutti gli anni intercorrenti tra il 1934, anno di scioglimento dell'"Unione industrie seriche" e il 1949, i quadri della serie biblica avevano seguito il trasloco della famiglia da Como a Boves nella casa civile che si trovava accanto alla "Fabbrica" com'era chiamata a Fontanelle di Boves la locale filatura di cotone.
Costruito nella seconda metà dell'800 dai Pirinoli in regione Gastaldato - tra Fontanelle e Boves - il "Cotonificio di Boves" era stato comperato, poco prima della guerra mondiale, da nonno Francesco dai Pirinoli che da allora si sarebbero dedicati all'industria cartaria con la creazione della Cartiera di Roccavione. Questo cotonificio - come tanti altri stabilimenti dell'Altopiano cuneese - era situato nel luogo stesso di un salto d'acqua. In questo caso si trattava del "Canale Naviglio" che portava l'acqua proveniente dalla sorgente "Dragonera" di Roaschia, dopo essersi mischiata alle acque dei torrenti Gesso e Vermenagna ed essere stata nuovamente separata subito a valle del "Ponte di ferro" - anticamente detto "Ponte dellla Badìa" - dal Gesso e dal "Canale Vermenagna".
Tutti e due i canali "Naviglio" e "Vermenagna" attraversavano la ridente frazione di Fontanelle, il primo a monte e il secondo a valle della strada principale del paese. A valle del "Canale Vermenagna" transitava la vecchia linea ferroviaria Torino-Ventimiglia e la presenza del salto d'acqua e della ferrovia era allora sintomatica per l'allocazione di una attività industriale. Appena aggirata la base della collina e lasciata la borgata di Fontanelle il salto d'acqua del "Canale Naviglio" era stato trasformato in vasca di compressione per azionare la turbina, le trasmissioni meccaniche a base di alberi d'acciaio, pulegge e cinghie di trasmissione oltre all'alternatore per la produzione di energia elettrica.
Mamma Angelina si era trasferita da Como a Boves nell'estate del 1949 e anche papà Mario, nel 1958 - ormai malandato di salute - si era trasferito a Gastaldato di Boves. Sarebbe poi morto nella casa civile del cotonificio l'10 novembre del 1961.
Mamma Angelina, qualche anno dopo, mi aveva offerto di tenere per me uno dei quadri della serie biblica ed io scelsi proprio quello che papà Mario aveva tanto detestato, ossia "Il sacrificio di Isacco". A questo quadro mi ritenevo particolarmente affezionato per la maturazione dei valori ideali che, da ragazzo, ci avevo costruito sopra.
Non che non condividessi l'orrore di mio padre per la scena di Abramo - antico sicario (che oggi qualificherei come "fondamentalista talebano") nell'atto di uccidere suo figlio: l'idea che mio padre (liberal-nazionalista ma anche antimilitarista e anti-violento per eccellenza) avesse potuto alzare su di me ragazzino - inerme e rassegnato - il suo "macete" certo non mi avrebbe molto rallegrato. Ma nella scena raffigurata dal quadro compariva un altro protagonista: era l'angelo celeste - l'uomo alato volteggiante nell'aria - nell'atto di intervenire per bloccare la mano armata di Abramo.
Ecco era quella dell'angelo l'identificazione che mi rendeva la positività del messaggio: non il fanatismo auto - (o etero) suggestionante di Abramo, non la rassegnazione passiva di Isacco, ma la forza etica e razionale dell'uomo alato indicava la strada della salvezza: l'angelo era l'unico vero essere umano (il vero "uomo", "l'essere civile") dell'intero dramma pittorico!
La rappresentazione artistica del quadro mi aveva quindi suggerito l'idea di avere di fronte un variare di sentimenti religiosi in evoluzione e, più precisamente, in sintonia con l'evoluzione delle successive condizioni - storiche, ambientali, psicologiche e culturali - dell'insieme delle società di matrice giudaica, sviluppatesi poi nelle varie civilizzazioni cristiane, umanistiche, illuministiche e liberal-socialiste.
Le divinità degli antichi riflettevano una condizione di vita circondata da paure e violenze terribili e ineluttabili. E il Dio di Abramo non poteva che essere anch'egli terribile e violento: è la prova dell'accettazione dell'inaccettabile la sua condizione della vivibilità nel mondo e di sopravvivenza del mondo. Il suo Dio è "il Dio degli eserciti" che combatte al fianco del "suo popolo" contro gli altri popoli. La disponibilità all'uso violento della forza e all'impiego della ferocia è una condizione di vita vissuta e di dolorosa, tragica, sopravvivenza. Abramo è l'uomo che degli eserciti di Dio è il soldato, l'esecutore materiale - e, se è il caso, anche il sicario - della volontà di quel suo terribile Dio.
Isacco, che si rassegna ad un destino di sacrificio, rappresenta la religiosità di Cristo e dei Cristiani: per il cristiano Cristo è ancora una vittima sacrificale che, paradossalmente, si ribella al dio di Abramo e rifiuta l'idea stessa del sacrificio umano, ma nello stesso tempo, accetta di assumere la posizione ed il destino dell'agnello sacrificale, proprio come testimonianza di rinuncia alla violenza, sia della violenza soprafattiva e criminale, sia della stessa violenza difensiva, piuttosto Egli preferisce la morte fisica alla morte universalistica dell'umana spiritualità.
Gli uomini della pace saranno anche degli animali - dei "porci" per recuperare la terminologia usata a suo tempo da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera - e questo diventa il messaggio religioso del '68 novecentesco - ma animali auto-ridefiniti nella loro valenza spirituale (culturale, mentale, comportamentale) - ovvero "porci con le ali" - : il loro è un messaggio universale di una spiritualità liberatoria che intende affermare con categorica determinazione la rivalutazione - la "resurrezione dei corpi" in quanto "animalità alata" e "materialità spiritualizzata". Come un blocco di marmo acquista il valore artistico nel momento in cui diviene statua - e quindi espressione artistica - così il corpo dell'essere umano esprime - nelle sue modalità esistenziali - i valori della sua spiritualità: qualunque sia la sua auto-definizione etico-biologica.
Saranno le popolazioni civili di questo mondo - e non quelle di un mondo altro, metafisico e trascendentale - a negare l'immolazione sacrificale - come strumento di salvezza per l'umanità: sarà il nostro "post-cristianesimo" a realizzare l'aspirazione del Cristo "Amore voglio e non sacrificio".
I popoli dell'umanità evoluta - adulta, libera e responsabile - si ribellano a un destino di immolazione sacrificale che noi oggi giudichiamo aberrante ed inaccettabile. Noi, oggi, crediamo di poter negare la violenza contro l'essere e la vita dell'uomo: crediamo di dover negare sia l'uso attivo della violenza, impersonato da Abramo, sia l'accettazione passiva della violenza impersonata da Isacco.
Sarà l'essere umano - e in questo postulato religioso riponiamo la nostra fede e il fondamento della nostra libertà - a creare le condizioni culturali, organizzative e pratiche perché la violenza - come condizione di vita - e il sacrificio umano - come clima psicologico ambientale - sia decisamente bandito dalla società civile: il progresso della scienza e delle tecnologie non consentono più a nessuno di misurarsi in una competizione globale fondata sull'uso della forza in termini di un reciproco tentativo permanente di sopraffazione e di morte.
A costo di affrontare il rischio di trovarci individualmente sopraffatti dalle forze dissennate della violenza, della prepotenza, della sopraffazione e dell'omologazione liberticida, dobbiamo mobilitarci per solidarizzare con tutti coloro che - nelle loro specifiche situazioni personali e nei loro rispettivi paesi - a loro volta si impegnano per il generale reciproco rispetto dialettico delle loro - rispettive, differenti e conflittuali - esigenze, convinzioni, interessi e libertà.
Francesco Introzzi
Libri pubblicati da Riflessioni.it
RIFLESSIONI SUL SENSO DELLA VITA 365 MOTIVI PER VIVERE |
|