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Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Voodoo e rivoluzione haitiana
Gennaio 2025
Grenadye alaso! Sa ki e mort, zafè ra yo.
Nanpren manman, papa nanpren,
sa ki e mort, zafé ra yo.
Granatieri, attaccate! Chiunque muoia, sono affari suoi.
Non c’è madre, non c’è padre,
chiunque muoia, sono affari suoi.
(Canto della rivoluzione haitiana)
Se è lecito ricercare le origini esoteriche del voodoo nella linea ermetica che si trasmise dall’Africa ad Haiti per mezzo della tradizione Aun-Thom-Bha, la sua origine storica risiede invece nella Grande Rivolta degli Schiavi haitiana.
La Grande Rivolta degli Schiavi costituisce un unicum nella storia dell’umanità, per il suo essere riuscita in ciò che Spartaco aveva fallito: la fondazione di una nazione nuova da parte di coloro che prima erano stati schiavi.
Mi è già accaduto di accennarvi nell’articolo Duvalier e il voodoo, ed ora - anche in seguito all’apprezzamento che questo tema poco noto ha suscitato nei lettori - proverò a trattarne più a fondo.
È da notare innanzitutto che la Grande Rivolta degli Schiavi non va identificata in toto con la Rivoluzione Haitiana: possiamo dire piuttosto che ne costituì uno strascico imprevisto.
Infatti, la Rivoluzione Haitiana si era aperta nel 1789, sulla spinta di quella Francese, ed aveva condotto all’ottenimento di maggiori diritti per i coloni, ma senza apportare sconvolgimenti di rilievo nella composizione sociale dell’isola; invece la Grande Rivolta, che prese le mosse nell’agosto 1791, si sarebbe trascinata con alterne vicende fino al 1804, anno in cui Haiti dichiarò l’indipendenza e diventò la prima repubblica nera della storia.
Invero, la sua unicità è strettamente legata alla sua radicalità, decisamente in anticipo sui tempi; con rivendicazioni ispirate alla volontà di riprodurre i modelli sociali dei Paesi africani da cui gli schiavi provenivano, il che è quello che dovrebbe spingere gli storici di impianto marxista a ricercare in essa il modello del comunismo primitivo.
Non ci vuole, in effetti, molto sforzo per individuare la contrapposizione tra l’etica capitalista occidentale dei bianchi e lo spirito comunitario tribale professato dai ribelli; ed è senza dubbio interessante che quest’ultimo possa essere identificato con la loro adesione all’etica del voodoo.
Sebbene non rientri nel lasso di tempo cui questo articolo fa riferimento, almeno poche parole vanno spese riguardo al sistema delle contropiantagioni (come sono state chiamate in tempi recenti), messo in opera dagli ex-schiavi che si erano divisi tra loro i latifondi dei bianchi: una scelta legata alla coscienza che la disumanità e la fatica legate al precedente modello non erano dipese tanto dalle oggettive difficoltà del lavoro fisico, quanto dalla necessità di massimizzare la produzione.
Ebbene, il modello delle contropiantagioni era ispirato alla konesans, l’ideologia segreta del voodoo della quale gli Aun-Thom-Bha (vedi il mio articolo La dottrina segreta del voodoo haitiano) sono i garanti - un frutto della miscellanea dei valori delle singole etnie che, in schiavitù, si erano ritrovate in forzata convivenza.
Come insegnano gli Aun-Thom-Bha, i tratti della konesans sono il comunitarismo, il collettivismo, la democrazia, il cosmopolitismo, lo spirito di giustizia sociale, l’equilibrio, l’armonia e la gentilezza. I suoi mezzi di produzione (komes) sono l’allevamento del bestiame e il lavoro agricolo; i suoi strumenti (lakou yo) sono i rituali, la magia, i templi, i peristili, le cure naturali, le società segrete(sosyete sekré), i vevè, le massime dei loa e degli antenati, le canzoni, le danze e i tamburi; ed infine, ne sono gli attuatori gli hungan, le mambo, i gangan (dottori) e i granmoun (gli anziani), che sacralizzano il lavoro umano nelle piantagioni, nelle province e sulle montagne dell’isola.
Ed ancora, incongrua alla nostra narrazione sarebbe l’analisi dei mutamenti che il sistema delle contropiantagioni apportò nelle relazioni individuali, sociali e materiali degli schiavi liberati, in virtù delle sovrapposte rivoluzioni dei rapporti di produzione e del rinnovato accesso alle realtà spirituali legate alla loro storia, Se qui alludo a queste realtà, è solo per dare al lettore la misura della portata della Grande Rivolta degli Schiavi, immensamente superiore ai suoi risultati sul piano sociopolitico: infatti ne derivò veramente - come forse mai nelle altre rivoluzioni prodottesi dal settecento al novecento - un modello sociale nuovo e mai visto prima, con nuove interrelazioni tra metafisica, psicologia e sociologia, e con il prevalere dei diritti individuali e collettivi sul guadagno economico.
È lecito equiparare le contropiantagioni a fattorie di grandi dimensioni, in cui si coniugava alla coltivazione dello zucchero, del cotone e del caffè l’allevamento del bestiame, che riusciva meglio quanto più persone vi fossero adibite; il che induceva spontaneamente a trascendere il modello unifamiliare, ed a consentire che le fattorie e le aziende agricole si automodellassero sulla base delle dimensioni più redditizie.
Le difficoltà cominciavano, ovviamente, nel momento in cui l’eccedenza produttiva era avviata al commercio, dovendo sottomettersi a leggi di scambio che non erano certo concepite a misura d’uomo: infatti, nessuna rivoluzione che non sia mondiale può impedire la gestione capitalista del commercio internazionale e dei trasporti, ed anche il governo meno invasivo ed animato dai più nobili ideali sarà costretto a tenerne conto nel sistema di tassazione.
Così, a partire dai giorni di Dessalines, metà dei raccolti cominciarono ad andare allo Stato: metà di essi veniva utilizzata per l’esportazione, e l’altra metà per pagare l’affitto dei terreni. Un altro quarto del raccolto totale veniva trattenuto per gli stipendi dei lavoratori, ed il restante quarto pagava lo stipendio dei sorveglianti.
In questo modo, il sistema delle contropiantagioni sarebbe riuscito a reggere, senza grossi scrolloni, per quasi un secolo.
Va anche osservato - perché è difficile notarlo, sebbene sia importante - che la fede in questo modello non necessitava di alcuna forma di indottrinamento politico, in quanto si presentava in pieno accordo con l’etica tribale. Ben lungi dall’essere l’oppio dei popoli, o comunque una qualche fonte di ideologia arcaica che si contrapponesse all’ideale del comunismo primitivo, la konesans del voodoo non entrava minimamente in conflitto con le soluzioni collettiviste, né ambiva a sostituirle.
La Grande Rivolta degli Schiavi era stata preceduta, nell’ottobre 1790, da un primo tentativo attuato da un nero libero, Vincent Ogè. Sebbene antischiavista, egli riteneva che le rivendicazioni degli uomini di colore dovessero andare per gradi, ed il primo traguardo fosse il riconoscimento dei diritti politici ai neri liberi, parecchi dei quali erano agiati proprietari di piantagioni.
Ogè aveva cominciato la sua protesta per vie legali, facendo appello alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo per ottenere dall’Assemblea Nazionale - sorta sul modello degli Stati Generali francesi - il riconoscimento dell’uguaglianza tra le razze; però non vi era riuscito, e la delusione e la frustrazione avevano prodotto in lui e nei suoi sostenitori una radicalizzazione improvvisa. Formata una banda composta da circa trecento neri liberi, si diedero alla macchia, e vennero dispersi soltanto dopo alcuni mesi di battaglie e saccheggi.
Ogè venne giustiziato; però, nel maggio 1791, l’Assemblea Nazionale riconobbe i diritti politici ad un numero limitato di piantatori di colore, scelti tra i più abbienti.
Dopo alcuni mesi di tregua, la Grande Rivolta degli Schiavi vera e propria sarebbe esplosa ad agosto; e siamo debitori del resoconto di parte bianca sui suoi esordi ad Antoine Dalmas, lo storico della rivoluzione haitiana.
Fu il 20 agosto (1791) che scoppiò la rivolta nera, presso una delle Case (piantagioni) del Signor de Galliffet … i seguenti dettagli sono la sostanza delle deposizioni di diversi negri, fatte il giorno dopo davanti al Siniscalco di Cap (Haitien), che si è recato sul posto per procedere contro i colpevoli.
Abbiamo appreso che un vecchio negro, chiamato Ignazio, e - cosa degna di nota - esentato da ogni specie di lavoro, della particolare cura di cui era oggetto aveva profittato per dedicarsi alla cospirazione segreta. In un lungo colloquio che aveva avuto, proprio il giorno prima della rivolta, con un negro libero di Grande-Rivière, uno dei contumaci nel caso Ogé, aveva usato con lui questo linguaggio:
“Il momento della vendetta sta arrivando, domani nella notte tutti i bianchi devono essere sterminati. Contiamo sulla tua parola e sul vostro aiuto. Il signor Mossut sarà una delle prime vittime, lo apriremo con una pugnalata di traverso. Niente più ritardi, niente più incidenti; la potenza del rito non lascerà ai bianchi nessuna speranza di salvezza. Tutti soffriranno la stessa sorte, e se alcuni di loro eviteranno i nostri pugnali, non sfuggiranno all’incendio che ridurrà la casa in cenere.”
Le disposizioni di questo piano erano state decise qualche giorno prima, tra i principali capi della rivolta, nella Casa Le Normand, a Le Morne Rouge. Prima di eseguirlo, hanno celebrato una sorta di rituale o sacrificio, nel mezzo di un terreno boscoso o incolto chiamato Caiman, dove si incontrarono i negri arrivati in gran numero. Un maiale nero intero, caricato di piccole offerte bizzarre, fu l’olocausto al genio onnipotente della razza nera. Le cerimonie religiose che i negri hanno praticato massacrandolo, l’avidità con cui hanno bevuto il suo sangue, il prezzo che hanno pagato per assicurarsi alcuni ciuffi delle sue setole come una sorta di talismano, tutto questo secondo loro dovrebbe renderli invulnerabili … secondo i terribili dettami dei riti superstiziosi di una religione assurda e sanguinaria.
Il signor Mossut, che i suoi affari avevano portato a Cap, ritornò la sera accompagnato da uno dei suoi amici. Non appena i negri pensarono che dormissero … due di loro si sono presentati nella stanza del primo, la cui porta rimaneva costantemente aperta. Risvegliato dal rumore, ne chiede la causa. Gli rispondono: “siamo venuti a parlare con te”. Lui fa per togliere la zanzariera dal letto, ma ecco due colpi di pugnale farla a brandelli, ed un terzo colpisce il signor Mossut sulla spalla e nella mano … ma l’altezza e la larghezza del suo letto lo proteggono dai colpi che cercano di portargli; riesce a fare luce, afferra una lancia con entrambe le mani, si scaglia sul negro che aspettava il suo passaggio … e l’altro, sorpreso da tanta resistenza, fugge terrorizzato.
Allora il signor Mossut chiama i suoi servi e corre nella stanza del suo amico, che trova addormentato profondamente, lo sveglia e lo manda alla Grande Casa Galliffet. Poi si arma di spada e pistola, giurando di uccidere chiunque gli si avvicini senza essere stato chiamato …
In effetti, gli storici concordano nel considerare come data d’inizio della Grande Rivolta il giorno in cui un certo numero di neri scontenti della propria condizione - inclusi alcuni che avevano già partecipato alla rivolta di Ogè, nonché (forse) futuri leader haitiani come Dessalines e Cristophe - vennero convocati in riunione, nei boschi vicino al paese di Caiman, dallo hungan di etnia yoruba Dutty Boukman, schiavo impiegato come cocchiere da una famiglia di piantatori.
Non è un fatto di secondaria importanza che Boukman fosse uno yoruba, perché sarebbero stati due loa di origine yoruba, Sango il dio del tuono ed Ogun, corrispondente a Marte - dio della guerra, del fuoco, del ferro e della lavorazione dei metalli - a guidare la Rivolta fino al successo finale; sebbene, in seguito, sarebbe stato identificato dagli studiosi anche il contributo di loa di origine fon, come Erzulie Dantor (alla quale sarebbe stato sacrificato il maiale nero offerto nel rito) e Marinette.
In particolare, sarebbe stato rivolto a Erzulie Dantor il giuramento collettivo che concluse la cerimonia; per il quale gli Haitiani non avrebbero mai più permesso nessuna disuguaglianza sull’isola, né che fosse adorato il dio dei bianchi, che tanto spesso ci ha fatto piangere.
Ad Haiti i giorni della seconda metà di agosto, coincidenti con l’inizio della stagione delle piogge, erano sacri a Sango; e fu proprio nel fuoco dei fulmini e dal rimbombo dei tuoni che Boukman trovò le parole per entusiasmare i suoi compagni d’avventura. Uomini e donne danzarono convulsamente al suono dei tamburi yoruba bata, ed al canto dei suoi inni sacri, finché venne il momento del patto di sangue: spezzare le catene o morire.
Si diedero appuntamento il 20 agosto (secondo altri il 21, secondo altri ancora il 24), con l’impegno che ciascuno dei congiurati avrebbe portato il maggior numero possibile di compagni fidati e decisi.
Il luogo scelto per il raduno era uno spiazzo erboso nella foresta di Bois Caiman (in creolo: Bwa Kayiman - La Foresta degli Alligatori), e nessuno probabilmente immaginava che quell’incontro sarebbe stato ricordato, a oltre due secoli di distanza, come l’unico caso documentato di rito magico che abbia dato origine ad una rivolta politica.
Ma Bois Caiman fu, in realtà, molto più di questo: fu anche l’atto di nascita del voodoo come oggi lo conosciamo. Infatti, su di esso si sarebbe modellata grandissima parte del pantheon voodoo odierno, e viene di lì la predominanza dei loa di origine yoruba su quelli legati ad altre etnie.
Va anche detto che, prima di Bois Caiman, le riunioni voodoo erano viste soprattutto come eventi di incontro sociale, in cui gli africani ridotti in schiavitù avevano la possibilità di ritemprarsi nel ricordo delle proprie tradizioni. Questi incontri e opportunità erano considerati innocui dai proprietari di schiavi bianchi, e quindi erano consentiti. Le cose sarebbero cambiate, e di molto, dopo che Bois Caiman avrebbe svelato - con il massimo della prepotenza - il potere della magia voodoo di incidere sulla realtà.
A Bois Caiman, quella notte di vento e pioggia, si ritrovarono circa duecento persone. Lo scrittore haitiano Herald Dumesle ha registrato la tradizione orale del discorso tenuto da Dutty Boukman all’apertura del rito, che viene tramandata tuttora:
Vi parlo a nome del Dio che ha fatto il sole, che ci porta la luce dall’alto, che solleva il mare e che fa rimbombare la tempesta. Perché Dio è in queste cose, lo capite? Nascosto in una nuvola, ci osserva, e vede tutto ciò che fanno i bianchi. Il Dio dei bianchi li spinge al crimine, ma vuole che facciamo del bene. Ma il vero Dio buono ci ordina la vendetta. Egli dirigerà le nostre mani e ci darà aiuto. Buttate via l’immagine del Dio dei bianchi assetato delle nostre lacrime. Ascoltate la libertà, che parla in tutti i nostri cuori.
Nella ricostruzione fattane dall’hungan contemporaneo Max Beauvoir, in piedi mentre guidava la cerimonia, Dutty Boukman invocava gli Spiriti mentre le persone dietro di lui battevano i tamburi. Al suono del tamburo, l’assemblea fu cavalcata dagli Spiriti degli Antenati, e li invitò a unirsi e ad aggiungere la loro forza a quella dei vivi in questi momenti cruciali del destino. L’asson, o zucca rituale, che Boukman teneva in mano, associata a una campana, simboleggia il potere che esercitava sulle molte forze dell’universo ...
Dutty Boukman officiava a quattro mani con una mambo giovanissima, ma già famosa: Cécile Fatiman - sicuramente uno dei personaggi storici il cui destino post mortem fu più singolare. Per quasi un paio di secoli nessuno si ricordò di lei, salvo i pochi ai quali era nota come l’unica donna facente parte del direttivo della Grande Rivolta; dopodiché, nel 1954, un suo pronipote - il generale Pierrot Benoit Rameau - svelò allo storico Étienne Charlier il ruolo rivestito dalla sua antenata, dando la stura ad una stagione di ricerche più attente sul suo nome.
È emerso in questo modo che Cécile era probabilmente … un’oriunda italiana. Secondo un altro storico haitiano, Rodney Salnave, mentre la madre di lei (la mambo Celestina Coidavid) era di origine africana, il padre (Gregorio Attiman o Attimani, il cui cognome venne poi deformato) sarebbe stato un esule livornese, la cui famiglia aveva sostenuto il Re di Corsica Theodore Neuhoff (1694-1756).
È colossale e spaventoso (e certamente non colto dagli storici haitiani, perché non sono esoteristi), il panorama che si delinea dalla possibile associazione di Neuhoff con Bois Caiman: perché, come ho accennato nell’articolo del mese scorso, egli era stato in rapporti tanto con il frankista londinese Samuel Falk (1708-1782) quanto con Swedenborg (1688-1772) - ed ecco dunque che il personaggio di Cécile aggiunge un indizio a quel possibile percorso Sabbataismo-Martinismo-Voodoo già riscontrabile nel viaggio di Martinez de Pasqually a Port-au-Prince, quasi vent’anni prima.
Comunque, se dalla madre Cécile aveva ereditato i loa, dal padre aveva ereditato il demone della politica, che si sarebbe espresso anche nel suo matrimonio con Jean-Louis Michel Pierrot, generale dell’esercito rivoluzionario e quinto Presidente di Haiti.
Poiché era nata nel 1775, non aveva più di 16 anni quando a Bois Caiman, vestita di una tunica bianca, concelebrò il rito con Dutty Boukman in veste di hungan. Fu lei ad immergere il coltello nel cuore del maiale nero, prima che tutti si affollassero per segnarsi la fronte col suo sangue; e le sarebbero rimasti parecchi anni per ricordarlo, in quanto sarebbe morta nel 1887 - all’età di 112 anni (con il solo dispiacere che suo marito, il Presidente, l’avesse lasciata prematuramente, a soli 96 anni).
Dopo aver sacrificato il maiale nero, si dice che Cécile avesse parlato con la voce di Ogun (secondo altri, di Erzulie), elencando i nomi di coloro che avrebbero portato Haiti all’indipendenza: Boukman, Biassou, Jeannot, Bullet, Papillon ...
Sarebbe stato, quindi, in seguito all’investitura da parte di un loa yoruba che i rivoluzionari scelsero i loro capi, e la possessione di Ogun si sarebbe poi estesa a tutti i presenti.
In buona sostanza, il senso più profondo di Bois Caiman risiede nel suo rappresentare, se vogliamo, un’anti-dialettica - il radicale rifiuto, da parte della leadership voodoo, della cultura bianca, della lingua dei bianchi, del loro dio, del loro modo di produzione, della loro ideologia e del loro patrimonio culturale: ai quali veniva contrapposta una dialettica costituita dall’etica africana e dallo spirito del comunismo primitivo, che ad essa è intrecciato.
Ci sono già stati alcuni osservatori che, in varie epoche, hanno fatto notare come al nichilismo implicito nell’idea di anti-dialettica corrisponda pienamente il concetto voodoo di cavalcata (possessione).
La natura ha orrore del vuoto, e là dove il vuoto si fa, qualcosa provvede a riempirlo; il che vuol dire che il gwo-bon-anj (il gros bon ange - il corpo astrale) della persona posseduta viene temporaneamente spostato dall’influenza di un elemento estraneo, il cui potere accorda alla persona la capacità di compiere imprese umanamente impossibili in circostanze ordinarie.
I posseduti o cavalcati perdono la memoria, l’intelligenza e la responsabilità delle proprie azioni, e nessuna persona vivente può imporre una tale volontà ai vivi; è uno svuotamento totale, subito seguito dal riempimento da parte di qualcosa di totalmente diverso - il donarsi a bondye, o ai loa (una citazione che, sebbene non direttamente associabile, mi viene in mente: Marshall McLuhan, quando faceva notare che gli indigeni della Nuova Guinea imparano a usare il computer con molta maggiore facilità rispetto ai bianchi).
La vera storia di Bois Caiman è, peraltro, ancora oggi un tema dibattuto. Nel 2006, l’ex-Presidente di Haiti Jean-Bertrand Aristide narrò del loa Sanpwel, affermando che in quella occasione non si sarebbe sacrificato un maiale: sarebbe stato invece un partecipante al rito ad offrirsi in sacrificio volontario ai loa, tagliandosi le vene.
Sanpwel: Nome di un loa appartenente al rito Petwo (Petro). Si manifestò per la prima volta nella cerimonia di Bwa Kay Iman.
Secondo le testimonianze dei presenti, “come, nella Bibbia, Gesù offrì sé stesso in sacrificio al posto di un agnello, uno schiavo di nome Jan Viksama si offrì al posto di un maiale, come sacrificio a Dio per liberare la terra dalla schiavitù; da qui il significato di “sanpwèl”, che significa “senza peli sulla pelle (Jan Viksama ofri tèt li nan plas yon kochon. Se pou sa yo di san pwèl)”.
I negazionisti di questa tesi fanno notare che il nome di Viksama comparve per la prima volta in un racconto del 1993, la cui autrice - la scrittrice haitiana Deita - sostenne di averlo trovato in un testo riconducibile alla società segreta Bizango.
In quel racconto, Viksama (il cui nome per esteso sarebbe Jean Baptiste Vixamar Legrand) si sarebbe manifestato in qualità di loa: quello di Aristide non sarebbe quindi un riferimento storico, bensì il frutto di una fantasiosa teoria recente.
A parte questo, l’obiezione più comune è che, quando i bokor del voodoo fanno riferimento a un sacrificio umano, non parlano di solito di un maiale, bensì di un capretto.
Un testo biasimato dagli storici haitiani, perché frutto di un discutibile collage di vari autori dell’epoca, sono le Cronache della Grande Rivolta di Jean Marie Jan. A prescindere dalla sua attendibilità, lo cito perché mi sembra renda l’idea delle emozioni suscitate nella popolazione bianca dai fatti del 1791.
… durante la notte, abbiamo sentito queste parole incomprese dei bianchi, cantate alternativamente da una o più voci. Il re della setta vaudoux aveva dichiarato guerra ai coloni, la fronte cinta da un fazzoletto rosso come diadema, accompagnato dalla regina della setta che indossa una sciarpa dello stesso colore ... il re vaudoux ha fazzoletti più belli ed in maggiore quantità, ed è tutto rosso, e ciò che gli copre la fronte è il suo diadema. Un cordone, comunemente blu, serve a sottolineare la sua abbagliante dignità. La regina, vestita con lusso semplice, mostra anche lei la sua predilezione per il colore rosso, che più spesso è quello della sua corda o della sua cintura.
Il re … scuotendo i campanelli con cui era guarnita una scatola contenente un serpente, marciò per attaccare le città della colonia … (ed) il trambusto disordinato che scuoteva la sua testa e le sue spalle si trasmetteva, passo dopo passo, a tutti i presenti. Ognuno di loro era preda di un vortice vertiginoso, che la regina … manteneva agitando le campanelle con cui la scatola del serpente era piena. Le risate, i singhiozzi, gli ululati, gli svenimenti, i morsi aggiungono il loro delirio al crescente delirio della febbre e della tafia …
In mezzo ai ribelli c’era Zamba Boukman, che li incitava ad attaccare la caserma ed il convento, che contenevano entrambi un buon numero di ragazze e coloni … e ricordava loro, nelle sue improvvisazioni poetiche, che i bianchi erano maledetti da Dio, perché erano oppressori dei negri che schiacciavano senza pietà, e concludeva ogni ritornello con queste parole: “couté la liberté, li parle coeur nous tous (costa la libertà, ha parlato al cuore di tutti noi)”.
… si notava chiaramente una certa agitazione nell'animo delle negre, agitazione che accrebbe soprattutto dopo il ritornello che avevano adottato escludendo tutti gli altri: “Eh eh, bombaa, eh eh - canga bafio te - canga mousse de lé. canga do ki la. canga li” …
… la Principessa Ametista, un’ex studentessa molto intelligente, appartenente alla classe dei mulatti, in seguito divenne il capo di una compagnia di amazzoni … iniziate alla setta di “ghioux” o “vaudoux”: una sorta di religiosa massoneria danzante, introdotta dai negri Arada a Santo Domingo, ed attirò molti dei suoi compagni nella setta …
Purtroppo, Dutty Boukman non fu uno di quei rivoluzionari destinati a godere dei frutti della loro opera. Catturato in combattimento pochi giorni dopo, venne decapitato, ed i Francesi esposero la sua testa sulla piazza di Cap Haitien, per mostrare ai neri - presso i quali la sua fama stava già correndo - che era un uomo e non un dio.
Ma non ci riuscirono affatto; perché Boukman - come Dessalines, e vari altri protagonisti della Grande Rivolta - è oggi un loa.
Daniele Mansuino
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