Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
Thomas Dunckerley: un Massone dimenticato
Agosto 2009
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Nella storia della Massoneria, Thomas Dunckerley occupa un posto del tutto particolare. La sua vita romanzesca fece di lui uno dei più importanti Massoni inglesi del diciottesimo secolo, e tra questi fu senza dubbio quello che conobbe maggiore celebrità in vita; moltissimi lo amavano e altrettanti lo invidiavano, perché la sua personalità non era di quelle che consentono di rimanere indifferenti.
Eppure, malgrado ciò, Dunckerley è oggi uno dei grandi Massoni meno ricordati. In Inghilterra, il suo nome è noto solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori: non più di due biografie sono state scritte su di lui, e Laurence Gardner (la cui erudizione è pari soltanto all’invincibile antipatia nei confronti di tutti i Massoni di indirizzo “esoterico”) gli dedica soltanto un capitoletto di sessanta righe nel quale lo definisce uno stravagante personaggio.
Fuori dall’Inghilterra è quasi completamente sconosciuto, e in rete il suo nome compare in meno di duemila pagine, nella maggioranza delle quali è citato solo di sfuggita; su Wikipedia non c’è una pagina a lui dedicata.
Come mai? Soprattutto per due ragioni. La prima, che Dunckerley era un uomo che pensava con la sua testa: non gli venne mai in mente di aderire supinamente agli schieramenti che dividevano l’Inghilterra massonica nei suoi anni, anzi la sua intera vita fu spesa in un inesausto lavoro di mediazione e conciliazione tra fazioni opposte.
La seconda ragione è più prosaica: Dunckerley era un figlio naturale del Re (e come vedremo, solo in età abbastanza avanzata riuscì a ottenere il riconoscimento da parte della Casa Reale), e anche a distanza di tanti anni gli Inglesi provano un certo pudore a parlare di queste cose.
Era nato a Oldham il 23 ottobre 1724. Nei mesi precedenti, sua madre era stata a servizio in casa di una nobildonna dove il Principe di Galles, futuro Re Giorgio II, soleva soggiornare.
Suo padre anagrafico era un dipendente del Duca di Devonshire. I genitori tennero nascosta al ragazzo la sua vera origine, e l’infanzia e l’adolescenza di Thomas furono segnate da dignitose ristrettezze. Era un ragazzo forte ed esuberante, segnato da un grande amore per la lettura che presto sfociò in una precoce vocazione massonica; pare non avesse ancora vent’anni quando venne accettato dalla Three Tuns di Portsmouth, che era una delle più antiche e autorevoli Logge britanniche. Ma poco dopo, come molti altri ragazzi della piccola borghesia del suo tempo scelse la Royal Navy, dove per molti anni prestò servizio come semplice cannoniere.
A quei tempi nell’esercito inglese era diffusa l’usanza delle Logge militari, che fornirono un contributo impareggiabile alla diffusione della Massoneria nel mondo; tra le loro caratteristiche più peculiari, c’era la facoltà di poter lavorare all’obbedienza anche di più Ordini contemporaneamente, affinché nessun Fratello tra quanti ne facevano parte dovesse sentirsi in qualche modo discriminato.
Le simpatie delle Logge militari andavano soprattutto agli Antients, che - avendo secessionato dalla Gran Loggia d’Inghilterra gestita dai Moderns - si battevano perché la pratica degli antichi gradi fosse riammessa nell’Ordine.
In verità, quelle effettivamente all’obbedienza della Atholl Lodge degli Antients erano in minoranza rispetto a quelle all’obbedienza delle Grandi Logge di Irlanda e di Scozia; ma queste ultime, per quanto ufficialmente leali verso la Gran Loggia d’Inghilterra, vantavano a loro volta molti antichi gradi da difendere, e di conseguenza erano di simpatie Antient anche loro. Queste caratteristiche facevano di ogni Loggia militare un crogiolo culturale dove Fratelli di diversa provenienza confrontavano le proprie tradizioni e opinioni.
Nel 1758, la nave su cui Dunckerley era imbarcato, la Vanguard, attraversò l’Atlantico per essere impiegata nella Guerra dei Sette Anni, che vedeva contrapposte Francia e Inghilterra. Sebbene egli non sapesse ancora di essere figlio di Re Giorgio, il suo carisma personale era stato sufficiente a fare di lui il Maestro Venerabile della Loggia della sua nave: la n°251 all’obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra (Moderns).
In età più avanzata, ricordando quell’esperienza, avrebbe scritto:
Reggere una Loggia su una nave affollata di uomini può essere difficile, e trovare posto tra merci, vele, munizioni e cannoni può essere un problema ancora più grande. Era una fortuna che, a quei tempi, non fossero ancora in uso le perambulazioni nel Tempio che oggi sono diventate così di moda (…). Anche il permesso del capitano non era sempre facile da ottenere, perché un gran numero di membri dell’equipaggio riuniti dietro porte chiuse a chiave suggerisce sempre idee di ammutinamento…
Il 18 settembre 1759, la città di Quebec capitolò, e il dominio dell’Inghilterra sul Canada fu temporaneamente assicurato. Si è calcolato che nelle truppe inglesi impegnato nell’assedio fossero impegnate ben quattordici Logge militari, delle quali ben dieci all’obbedienza della Gran Loggia d’Irlanda, e le altre quattro rispettivamente della Gran Loggia di Scozia, della neocostituita Gran Loggia Provinciale del Quebec, degli Antients e dei Moderns.
Il numero di Logge militari complessivamente presenti in Canada nel corso della Guerra dei Sette Anni non è stato mai calcolato con esattezza, ma era probabilmente vicino al centinaio; basti dire che pochi mesi dopo, nella pausa invernale delle operazioni, si costituirono in Gran Loggia e si diedero un Gran Maestro.
Non era mai accaduto prima che una nazione massonica si sviluppasse con tanta incontrollabile rapidità, e le notizie che giungevano da oltreoceano avevano posto la Gran Loggia d’Inghilterra in grande allarme: se non si fosse fatto qualcosa, il Quebec – infarcito com’era di tradizionalisti irlandesi e scozzesi – sarebbe certo diventato la roccaforte mondiale degli Antients.
Nei primi mesi del 1760, la Vanguard traversò a ritroso l’Atlantico per un breve soggiorno nei porti della madrepatria. Dunckerley ne approfittò per andare a far visita a suo padre, rimasto vedovo da poco, e in quell’occasione ricevette lo choc di essere messo al corrente sulle sue vere origini.
Non ci è dato di sapere quale reazione abbia avuto sul piano psicologico, ma subito ripartì per Londra, dove cercò di farsi ricevere dal Re senza riuscirci.
Non ci furono invece problemi, nella sua qualità di Maestro Venerabile di una Loggia Modern, a farsi ricevere da Lord Aberdour, l’allora Gran Maestro della Gran Loggia d’Inghilterra; il quale certamente, nel sentire la storia che il giovane cannoniere aveva da raccontargli, ebbe non poche occasioni di sobbalzare.
L’effetto che deve avergli fatto, lo possiamo arguire dai risultati. Dunckerley, infatti, uscì da quel colloquio con in mano un incredibile passaporto il cui testo credo non abbia uguali nella storia della Massoneria: gli conferiva l’autorità di regolare gli affari della Massoneria nelle Province del Canada appena conquistate o in qualsiasi altra parte del globo che egli possa visitare nella quale un regolare Gran Maestro Provinciale non sia stato già insediato.
Quando poche settimane dopo la Vanguard fece nuovamente vela alla volta del Canada recava dunque a bordo, nella persona di Thomas Dunckerley, il castigamatti che la Gran Loggia d’Inghilterra aveva scelto per mettere ordine nella Massoneria canadese.
Il Fratello Dunckerley, però, era destinato a rivelarsi un Modern completamente anomalo: nella Three Tuns, sua Loggia madre, era stato iniziato all’Arco Reale (che a quei tempi - ben lungi dal diventare il fiore all’occhiello della Massoneria britannica riconciliata – era ancora l’antient degree più temibile e prestigioso, che gli Antients propagandavano in contrapposizione al terzo grado “hiramita”), e solo il caso - complici le consuete mescolanze delle Logge militari - lo aveva portato a reggere il maglietto di un’Officina Modern. Non aveva mai nascosto le proprie simpatie nei confronti degli antichi gradi, e possiamo star certi che mentre la Vanguard vedeva delinearsi all’orizzonte le tormentate coste canadesi egli aveva già deciso che avrebbe interpretato il proprio mandato in modo molto personale.
C’è da chiedersi ovviamente perché la Gran Loggia d’Inghilterra avesse deciso di dar fiducia a un uomo così lontano dalle sue idee, e una delle ragioni può senz’altro essere ravvisata nel carattere del personaggio: Dunckerley era un uomo tutto d’un pezzo, e la sua integrità e lealtà erano fuori discussione. Inoltre, a parte le sue opinioni sui gradi, concordava con i Moderns su un punto fondamentale della loro politica: la centralizzazione del potere, con l’obbligo delle Logge di fissare una quota d’ingresso uguale per tutti e piuttosto elevata.
Come abbiamo già osservato ne I due progetti della Massoneria, per quanto le schematizzazioni del ventesimo secolo su modernismo e tradizionalismo abbiano creato l’opinione che gli Antients fossero favorevoli a un ordine più rigido, era vero il contrario: in realtà, solo il decentramento più esasperato poteva garantire a ogni singola Officina la possibilità di praticare gli antichi gradi secondo le tradizioni del luogo, e questo era fonte di innumerevoli disaccordi e rivalità che incoraggiavano in seno agli Antients il malcostume delle iniziazioni selvagge. Tenendo basse le capitazioni, l’Officina aveva la possibilità di reclutare un maggior numero di Fratelli, da “pelare” poi – facendo leva sulle loro ambizioni individuali – vendendo loro gli antichi gradi uno alla volta.
Tutto questo il disciplinato Dunckerley disapprovava incondizionatamente, ed era anche un uomo saggio, che - a differenza di tanti Lords pomposamente insigniti - non si faceva illusioni sulla futura supremazia della Gran Loggia d’Inghilterra sulle Gran Logge Provinciali: quindi, pur ben deciso a farsi rispettare dai Canadesi, non intendeva alienarseli con eccessi di autoritarismo.
Appena sbarcato, poté rendersi conto che la sua forza principale stava nel sostegno delle Logge militari, sorprese e inorgoglite perché un umile Fratello - a fianco del quale fino a poco prima avevano combattuto e lavorato - fosse stato imprevedibilmente insignito di un tale onore. Fu soprattutto merito loro se la Gran Loggia Provinciale del Quebec accettò di sottoporsi all’autorità del nuovo arrivato, e anche questo la dice lunga a riguardo della lungimiranza con cui Londra aveva operato la sua scelta.
Dunckerley, poi, aveva buone maniere e fascino personale, e dopo le prime diffidenze la buona società gli spalancò le sue porte. Negli anni successivi, la grande rapidità con cui le Officine del Quebec passarono tutte all’obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra la dice lunga sui suoi poteri di convinzione, e il fatto che tra queste c’erano anche parecchie Officine Antient ci conferma che la sua tolleranza nei confronti degli antichi gradi era ben lungi dall’essere venuta meno.
Quello che Dunckerley seppe fare della Gran Loggia Provinciale del Quebec nei pochi anni della sua permanenza fu una sorta di serra, in cui gli antient degrees venivano coltivati con la massima e più amorevole cura: le Officine facevano a gara tra loro per studiarli, rilasciarli e praticarli, e sembra che in alcune di esse, addirittura, il cammino massonico dei Fratelli fosse scandito dal rilascio di un grado antico ad ogni tornata.
Si batté poi con grande foga perché il rito di Installazione dei Maestri Venerabili fosse praticato da tutte le Officine in forma analoga a quello praticato nell’Arco Reale, creando un precedente che – molti anni dopo la sua morte – sarebbe stato ripreso nell’accordo tra Antients e Moderns del 1813. Si impegnò anche perché le parti dei Gradi Azzurri che facevano riferimento al simbolismo cristiano fossero lasciate intatte: non perché fosse un uomo particolarmente religioso ma perché, come soleva dire, ogni virgola che noi toglieremo agli antichi rituali sarà come una coltellata vibrata al cuore dell’Istituzione.
Questi erano argomenti che in Inghilterra venivano sostenuti dagli Antients; ma forse neppure in seno agli Antients si poteva riscontrare tanto integralismo, in quanto la maggior parte si batteva semplicemente in favore delle tradizioni della sua Loggia, ben lungi dall’aver sviluppato sulla questione degli antichi gradi una teoria generale.
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