Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
Martinez de Pasqually
Gennaio 2007
Sulle origini di Martinez de Pasqually non si sa praticamente nulla. C’è chi sostiene che fosse un ebreo sefardita nato a Grenoble nel 1727 (si diceva che egli avesse studiato la Qabbalah alla scuola di Simon Ben Jochai, uno dei massimi rabbini del suo tempo). Ma altri documenti, incluso il certificato di matrimonio, attestano invece che professava la religione cristiana, e il nome della sua famiglia non è stato mai trovato nei registri degli ebrei convertiti.
Il vuoto di informazioni fu senza dubbio alimentato dal personaggio stesso, che – al pari di altri grandi esoteristi del settecento – volle così sottolineare come la sua dottrina costituisse un punto di inizio: un qualcosa destinato a cambiare il mondo, che prima non c’era.
Quel che è sicuro è che a partire dal 1754 un giovanissimo Maestro che rispondeva al nome di Jacques Livron de la Tour de Martinez de Pasqually percorse le Logge massoniche della Francia meridionale, entusiasmando un gran numero di Fratelli con i suoi insegnamenti circa le origini e il destino dell’uomo.
Questi insegnamenti sono sintetizzati nell’unico libro che Martinez ci ha lasciato : il “Trattato della Reintegrazione degli Esseri”, che circolò manoscritto tra i suoi discepoli fino al 1899, ed è stato pubblicato solo in anni molto recenti.
Nella dottrina delle Scuole qabbaliste, la Gloria di Dio si espande nel creato riempiendo progressivamente dieci vasi, le cosiddette Sephiroth, che corrispondono a dieci progressivi livelli di manifestazione. La disposizione delle Sephiroth è analoga a quella di un corpo umano, perchè tutte e dieci erano contenute nel corpo di Adamo ; si trovano ancora dentro ognuno di noi allo stato latente, ed è possibile risvegliarle mediante l’uso di tecniche adatte.
Nel caso che tale lavoro venga portato a termine con successo, l’uomo si trova “reintegrato” in tutte le facoltà di cui godeva Adamo prima della caduta. Per questo, il processo che noi definiamo “trasmutazione interiore” viene definito dai Qabbalisti “reintegrazione”.
Per renderla più comprensibile ai Massoni, Martinez si era sforzato di trasporre questa visione in termini cristiani. Il risultato fu un sistema più complesso di quello sephirotico, che contava dodici centri anziché dieci: collegati non solo fra loro ma anche con un gran numero di “potenze spirituali” esterne all’uomo, e governati da ben 2400 Angeli.
Il “Trattato della Reintegrazione degli Esseri” è in sostanza un commentario esoterico ai primi libri della Bibbia, in cui viene dapprima descritta la caduta degli esseri spirituali creati da Dio, che diede origine alla Creazione. E’ proprio in conseguenza di questo primo dramma che Dio emana l’uomo: un uomo-Dio avente la missione di “sorvegliare gli Angeli decaduti e regnare sull’Universo, sulla Terra e su tutti gli spiriti celesti e terrestri”.
Ma anche l’uomo lo tradisce a causa della sua superbia, e Dio lo precipita dal Paradiso Terrestre sulla Terra, accordandogli però la possibilità di espiare la colpa e percorrere il cammino inverso - quello della “reintegrazione nelle sue primitive proprietà, virtù e potenze”.
Di tutto questo, la parte che più interessava ai Massoni era quella in cui Martinez, pur riconoscendo la legittimità delle trasmissioni sacerdotali ebraica e cristiana, affermava che né l’una né l’altra erano più in possesso delle chiavi per rendere a Dio la sola forma di culto che Egli ritiene degna, ovvero il lavoro dell’uomo per la propria la reintegrazione. Per quanto evitasse di insistere troppo su questo punto, la conclusione era evidente: la sola forma di sacerdozio valida era quella che Martinez si proponeva di instaurare, se solo la Massoneria avesse adottato il sistema da lui proposto.
Inutile, credo, sottolineare le implicazioni di questo passaggio, che fa di Martinez qualcosa di ben diverso da un mero adattatore della Qabbalah alla cultura cristiana (come purtroppo ancora oggi viene presentato da molti Martinisti). Con un secolo o due d’anticipo, aveva intuito che l’avanzata del razionalismo avrebbe generato la necessità di colmare il vuoto spirituale dell’ “uomo nuovo” con qualcosa di più immanente della devozione religiosa tradizionale; così, fagocitati in un sol colpo Ebraismo e Cristianesimo, il suo sistema offre il primo autentico esempio di religione “misterica” moderna, che ben lungi dal sovrapporsi alle strutture religioni preesistenti vi si pone in alternativa.
Nel 1760, Martinez e i suoi seguaci mettevano in pratica le loro idee dando vita al più leggendario dei sistemi di “Alti gradi”massonici, l’ “Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo”. Era diviso in quattro Classi e dieci Gradi, ciascuno corrispondente a una Sephirah, secondo questo schema:
1a classe – Massoneria Azzurra:
1° grado - Apprendista (Sephirah : Malkuth)
2° grado - ompagno (Sephirah : Yesod)
3° grado – Maestro (Sephirah : Hod)
4° grado – Apprendista Cohen (Sephirah : Netzach)
2a classe – Classe del Portico:
5° grado – Compagno Cohen (Sephirah : Tiphareth)
6° grado – Maestro Cohen (Sephirah : Geburah)
7° grado – Maestro Particolare (Sephirah : Chesed)
3a classe – Classe del Tempio:
8° grado – Gran Maestro Eletto Cohen (Sephirah : Binah)
9° grado – Cavaliere d’Oriente (Sephirah : Chokmah)
4a classe (segreta):
10° grado – Reau-Croix (Sephirah : Kether).
I sette gradi inferiori erano destinati esclusivamente agli studi teorici; solo a partire dal grado di Gran Maestro Eletto Cohen l’iniziato poteva partecipare in veste di assistente ai riti sacerdotali, la cui pratica era riservata ai membri delle ultime due classi. C’erano riti di diverso tipo, uno dei quali – la cosiddetta “Invocazione dei tre giorni” – era espressamente dedicato al lavoro di trasmutazione interiore.
Possiamo definirla, se vogliamo, una forma di …trasmutazione rateale. Prima di cominciare, il Reau-Croix (iniziato del 10° grado) sceglieva un certo numero di Angeli le cui “virtù e potenze” desiderava risvegliare nel suo corpo energetico: se gli riusciva di evocarli, nell’Invocazione successiva sarebbe passato ad altri e così via, attivando progressivamente i vari centri del suo corpo come se fossero una serie di lampadine, fino alla “reintegrazione” totale.
Il successo di ogni singola evocazione gli veniva segnalato da un cosiddetto “passo”: ovvero l’irradiazione nella sua mente di un geroglifico luminoso, a ciascuno dei quali corrispondeva a un Angelo diverso. Ciascuno poteva apparirgli una sola volta nella vita, e simultaneamente la forza angelica (o “buono spirito”) corrispondente si incorporava nel suo corpo energetico. Il più delle volte i “passi” erano accompagnati da un leggero suono, “come di sassi che rotolano sul soffitto”.
Il riassunto che segue è tratto dalla cosiddetta “versione estesa” dell’ Invocazione dei tre giorni, entrata in vigore nel 1768.
Dopo essersi preparato con una serie di preghiere, il Reau-Croix tracciava col gesso nell’angolo est della “camera di operazione” un quarto di cerchio, il cui segmento era rivolto a Oriente. Dopo aver tracciato la corda del segmento, iscriveva nel triangolo isoscele così ottenuto un piccolo cerchio intersecato da una croce. Nell’angolo ovest disegnava un altro cerchio detto “cerchio di ritiro”. Le due figure erano separate tra loro da uno spazio di due piedi.
Nel cerchio di ritiro tracciava le lettere I A B, nel quarto di cerchio le lettere R A P e i geroglifici: relativi agli Angeli che desiderava evocare. Non sempre i “passi” avrebbero assecondato i suoi desideri, e c’era la possibilità che gli apparissero i geroglifici di Angeli del tutto diversi; per cautelarsi contro questo inconveniente, egli aveva a disposizione un atlante (detto “Repertorio”) nel quale erano raffigurati tutti i 2400 geroglifici corrispondenti ai 2400 Angeli, corredati da informazioni circa le loro corrispondenze e caratteristiche. Con il suo aiuto poteva identificare “in tempo reale” gli Angeli apparsi, conoscendo così quali parti del suo corpo energetico fossero già trasmutate e su quali altre dovesse concentrare la sua attenzione in futuro.
Per concludere i preparativi, disponeva una candela accesa nel cerchio di ritiro, tre al vertice dei cateti del triangolo, una ciascuno per gli altri vertici, una nel triangolo e una nel quarto sud-occidentale del cerchio inscritto.
Terminato questo lavoro per cui occorrevano circa due ore, l’Adepto era pronto per l’operazione, che iniziava a mezzanotte precisa. A piedi scalzi, indossando soltanto l’ “alba” sacerdotale che ancora oggi è in uso nell’Ordine Martinista, prendeva la candela accesa del cerchio di ritiro e la metteva alla propria destra, fuori dal cerchio. Restando nel cerchio si distendeva al suolo, la fronte appoggiata sui polsi incrociati. Dopo essere rimasto sei minuti in questa posizione, si rialzava, accendeva le candele del quarto di cerchio, metteva all’estremità del quarto di cerchio la candela posta accanto alle lettere R A P e quella che stava al centro della corda del segmento, dopodichè si prosternava nel quarto di cerchio.
Poi ritornava nel cerchio di ritiro, con il ginocchio destro a terra e le mani a squadra poggiate al suolo. In questa posizione “rilevava” i nomi scritti nei due cerchi e nel quarto di cerchio, cioè li ripeteva tre volte, inserendoli nella formula seguente: “in quali die x, x, x invocavero te, velociter exaudi me”. Chiedeva a Dio di accordargli, in virtù della potenza che aveva dato ai suoi servitori, la grazia che desiderava “con cuore sincero, veramente contrito e sottomesso”.
Lo supplicava poi di ripetergli, come segno della Sua misericordia, uno dei geroglifici che aveva tracciato con il gesso al centro della stanza. Dopo aver incensato ripetutamente il quarto di cerchio e l’angolo ovest, spegneva tutte le candele tranne quella in mezzo al quarto di cerchio. La spostava nel cerchio di ritiro, dove si metteva lui stesso, e finalmente - dopo aver recitato le invocazioni - cominciavano i “passi”…
Nel 1772, Martinez si imbarcò improvvisamente per Haiti. Non risulta che avesse nemici né debiti, il suo Ordine era bene avviato e nessuno ha mai trovato una spiegazione convincente per questo viaggio. Un violentissimo attacco di malaria lo stroncò a Saint-Domingue (Santo Domingo, che in quegli anni era in mano francese) il 20 settembre 1774, alla probabile età di quarantasei anni.
In seguito alla sua morte, gli Eletti Cohen conobbero una terribile crisi: si dice che gli iniziati non riuscissero più a concentrarsi sui riti, i “passi” non funzionavano più, insomma tutto era bloccato. Furono fatti molti inutili tentativi per risollevare le sorti dell’Ordine, finchè nel 1780 il Gran Maestro Sebastian de Las Casas lo “assonnò” ufficialmente, determinando la sua definitiva cancellazione dal panorama dei sistemi massonici di Alti gradi.
Martinez però, probabilmente consapevole di aver avviato un esperimento troppo avanti sui suoi tempi, si era premurato di approntare anche una linea di successione extramassonica tramite un’organizzazione “sorella” dalle pretese assai più limitate: l’Ordine Martinista – materialmente fondato dal suo discepolo prediletto, Louis Claude de Saint Martin (1743-1803) – i cui primi tre gradi sono sostanzialmente corrispondenti ai primi tre gradi Cohen, e il quarto (Superiore Incognito Iniziatore) sintetizza “virtualmente” tutti gli altri.
Louis Claude de Saint Martin – il “Filosofo Incognito”, come venne denominato – era un pensatore mistico di una certa originalità, che interpretava il “martinezismo” soprattutto come un tentativo di conciliare cristianesimo e razionalismo. In disaccordo con il suo maestro sulla complessità, a suo dire artificiosa, dei rituali Cohen (“è veramente necessario tutto questo per pregare Dio?” scrisse una volta), tendette a minimizzare l’aspetto qabbalistico dei suoi insegnamenti, e imboccò la strada di accreditare l’Ordine Martinista come unica vera forma di esoterismo cristiano.
Con questa svolta, Saint-Martin si illudeva probabilmente di proteggere il lavoro di Martinez dal preoccupante clima intellettuale che andava rapidamente sostituendosi al “secolo dei lumi”, con fenomeni di sospetto e violenza nei riguardi di ogni forma di pensiero che apparisse eterodossa; non comprendeva però che nei confronti del pensiero martinezista una svolta di questo genere era esiziale, perché l’equidistanza da ogni forma religiosa precedente costituiva condizione necessaria alla sua esistenza.
Inoltre, le discrepanze del “Trattato della Reintegrazione degli Esseri” dalla teologia cristiana erano davvero troppe e troppo grandi per sperare di superarle con un generico “volemose bene” di taglio mistico (oggi si direbbe “di ispirazione new age”): per esempio, Martinez negava esplicitamente la Trinità, non escludeva la possibilità per i demoni di essere salvati, aveva insomma deliberatamente introdotto nel suo sistema svariati elementi espressamente volti a lasciarsi il cristianesimo dietro le spalle. Rifiutarsi di vedere questo poteva forse garantire ai Martinisti protezioni politiche più sicure, ma li spingeva all’umiliazione di mendicare inutilmente ortodossia da quel cattolicesimo che, in duemila anni di storia, ha sempre orgogliosamente rifiutato la necessità e financo l’esistenza dell’esoterismo.
In definitiva, ogni tentativo operato da Saint-Martin per diffondere il Martinismo si rivolse in un fallimento, con una sola eccezione: l’iniziazione (operata nel 1780) del principe russo Alexis Galatzin, che ritornato in patria lo diffuse presso la nobiltà zarista con successo travolgente: nel periodo di maggior fulgore, i Gran Maestri dell’Ordine Martinista russo venivano scelti soltanto tra i membri della famiglia reale.
In Francia, invece, fu solo con grande fatica che l’Ordine Martinista – ormai inviso tanto ai laici che ai religiosi – sopravvisse nell’ottocento; ma era ridotto (pare) a …tre soli membri quando nel 1891 ascese al grado di Superiore Incognito Iniziatore il dott. Gerard Encausse (1865-1916), più noto come Papus, uno dei massimi artefici del movimento occultista francese.
Papus fu il primo a comprendere che il Martinismo avrebbe potuto salvarsi solo recuperando le sue radici di scuola trasmutatoria; operazione che non avrebbe potuto dirsi compiuta senza il “risveglio” dell’Ordine degli Eletti Cohen. Purtroppo i suoi tentativi furono frustrati dall’oblio di cui i rituali Cohen avevano sofferto per oltre un secolo: parte erano dispersi in biblioteche e fondi privati, parte non si sapeva dove fossero finiti.
In tali condizioni non se la sentì di procedere oltre, e scelse di mantenere per il momento inalterata la divisione in quattro gradi creata da Saint-Martin; ma comunque lavorò sodo per propagandare il Martinismo negli ambienti occultisti e neo-spiritualisti, determinando la rinascita di una corrente “martinezista” che si poneva come obbiettivo di ricostituire gli Eletti Cohen appena possibile.
Purtroppo il movimento occultista non era soltanto caratterizzato dal risorgere della Qabbalah e delle tecniche di trasmutazione interiore, ma anche dal mito duro a morire di un ”esoterismo cristiano” - auspicato questa volta come freno al dilagare delle discipline orientali, in cui molti (non c’è niente di nuovo sotto il sole) ravvisavano una minaccia all’identità delle culture nazionali europee. Tra i nuovi Martinisti non mancavano quindi i sostenitori di Saint-Martin, e il conflitto tra le due correnti segnò dolorosamente la storia del Martinismo per tutto il ventesimo secolo, ritardando oltremisura ogni progetto di ricostituzione degli Eletti Cohen e fornendo pretesto per dolorose lotte e scissioni.
Anche la “grande storia” diede il suo contributo a segnare drammaticamente l’esistenza di questa piccola e gloriosa famiglia esoterica: nel 1926 la repressione staliniana si abbattè duramente sui Martinisti russi, centinaia dei quali subirono la condanna a morte (alcuni superstiti fuggirono in Sud America, dove la “successione Galitzin” prospera a tutt’oggi, con filiali anche in Europa). In Francia, invece, il Martinismo finì nel mirino dei Nazisti perché secondo loro contribuiva a diffondere la cultura ebraica; nel 1944, il Gran Maestro Constant Chevillon venne fucilato da eroe, dopo essersi rifiutato fino all’ultimo di rivelare dove aveva nascosto l’elenco degli iscritti.
Dopo mille vicissitudini, il risveglio dell’Ordine degli Eletti Cohen venne infine attuato dal gruppo facente capo a Robert Ambelain nel 1960. Negli ultimi decenni la crescita è stata lenta ma costante, e numerosi Capitoli sono oggi attivi in vari Paesi; quello italiano, seppure numericamente esiguo, gode di ottima reputazione per l’elevato livello culturale e la qualità del lavoro.
Daniele Mansuino
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