
Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
La forza sinistra
di S. C.
Settembre 2025
Voglio innanzitutto ringraziare l'amico e maestro Daniele per l’opportunità offertami nel portare un mio piccolo contributo (spero gradito) a questa rubrica, che personalmente ritengo abbia un'importanza fondamentale nella sua missione di portare stimoli e consapevolezza a tutti coloro che in qualche modo si sentono chiamati ad approfondire l'analisi della realtà, mantenendo apertura mentale e libertà di azione.
Il concetto e la formalizzazione in termini razionali di ternario è a mio avviso uno degli strumenti cardine che ci consente, previa assunzione da parte del nostro sistema nervoso, la decrittazione della realtà che ci circonda e dei percorsi della mente umana, consentendoci di avere a nostra disposizione una lente nell’analisi dei fenomeni tutti (quantomeno di quelli che si prestano a formalizzazioni logico/razionali).
Nello specifico, volevo qui parlare dell'utilizzo del ternario logico/razionale nell’analizzare quella che possiamo definire la corrente politica di sinistra, nella sua natura e nelle sue manifestazioni pratiche tanto del passato quanto attuali, e della sua manifestazione sul piano della realtà oggettiva con tutto quello che ne è conseguito, e ne consegue tuttora in termini pratici.
Si rende necessaria però una premessa per poter apprezzare questa breve esposizione: ovvero l’assunzione interiore che l'umanità è impegnata in un percorso, in vista di un orizzonte (il primo di tanti, probabilmente) che le consentirà di collocarsi al suo posto armonico e funzionale all’interno di un disegno più ampio, nell’intero universo e possibilmente oltre; ed infine, è fondamentale rendersi conto che la realtà visibile è sì una realtà, appunto, ma è solo un vestito - e che dovremmo sforzarci di osservare lo scheletro della sua architettura, per evitare di perderci in un labirinto caleidoscopico (dove le nostre piccole fisime mentali, e i complessi della psiche ordinaria, ci attraggono) fatto di estetismi e narrazioni ideali, che pur essendo incredibilmente affascinanti rischiano di intrappolarci, facendoci perdere la visione d’insieme e la freddezza di analisi.
Ed infine - scusate la ridondanza - consiglierei di rileggere il ciclo di articoli di Daniele sul comunismo esoterico.
Quella che viene chiamata sinistra politica, nata in seguito agli stravolgimenti della rivoluzione francese, è una singola manifestazione di quella corrente - presente dagli albori dell’essere umano - che, a mio avviso, è la forza propulsiva stessa verso l’evoluzione; anzi è quasi identificabile con il movimento stesso, precedente alla manifestazione umana.
Orbene, possiamo osservare come questa forza, se non avesse freni, probabilmente chiuderebbe il cerchio in tempi talmente brevi che l’universo faticherebbe a metabolizzarla; in quanto è una forza contenente in se tutti i semi di manifestazione ed evoluzione (le possibilità infinite, o solo indefinite per alcuni) ed al contempo estremamente dissolvente - quindi probabilmente, per la legge ermetica dell’equilibrio, è necessario che lo svolgersi degli eventi debba fornirsi di una forza contraria, che bilanci e accompagni senza fare troppi danni la corrente di sinistra, permettendo una metabolizzazione ben misurata nel tempo di tutte le spinte che la manifestazione stessa riceve continuamente dall’altrove.
Questo ci porta ad una seconda considerazione di tipo culturale: ovverosia, di come la corrente sinistra - per la sua natura dissolvente - possa essere effettivamente percepita in certe congiunture come una forza diabolica (naturalmente, cerchiamo di astrarre questa parola da considerazioni di tipo moralistico.
Effettivamente, le visioni future che nascono nella mente umana in seguito alla sua ricezione possono essere al contempo recepite come liberatorie e paurose; non essendo la nostra mente ordinaria, il più delle volte, capace di assimilarle con il necessario distacco.
Ora che abbiamo cercato di identificare e percepire l’energia sottostante alla sinistra, passiamo ad analizzare come la sinistra politica si sia trovata, nel corso della sua breve storia, a dover affrontare il problema di ricevere, ordinare e gestire l’incredibile potenzialità che si è ritrovata tra le mani - cercando di coordinarla fruttuosamente mettendola a terra, e non riuscendoci sempre con risultati ottimali: problema, che a tutt’oggi, non è stato ancora pienamente risolto.
Dando per assodato che questa corrente c’è a prescindere, piaccia o meno, e che opera comunque aldilà della presenza dell’essere umano, si rende necessaria una forza che abbia il compito di frenarla; ed è la forza che possiamo chiamare reazionaria.
Cerco di spiegarmi semplicemente: se poniamo la forza propulsiva (sinistra) come una tesi, ecco che naturalmente deve sorgere - per la legge di equilibrio - una forza reattiva (reazionaria) che si pone come antitesi; ed il risultato finale sarà un movimento (da quello non si sfugge) in avanti, ma temperato e digeribile (in tempi, purtroppo, apparentemente lunghi) dall’umanità intera … e forse, mi azzardo a dire: al nostro stesso piano di realtà.
Facciamo un esempio pratico e attuale, ma i cui prodromi furono già presenti nei tempi immediatamente successivi alla Rivoluzione d’Ottobre.
In seguito alla rivoluzione, nel tentativo di creare una società di tipo nuovo, all'interno del PCUS si levarono voci che proponevano in tempi immediati la soppressione di una di quelle sovrastrutture che sono uno dei punti cardine dell’analisi e della critica marxista-engeliana, ovvero la famiglia; ebbene, vi era chi proponeva già a quei tempi (anche se abbiamo illustri predecessori premarxisti o protomarxisti, come Weishaupt, che proponevano soluzioni simili) di togliere i bambini appena nati alle famiglie di origine ed inserirli in comunità collettive, così da estirpare forzatamente sul nascere ogni legame di tipo utilitaristico e egoistico nelle menti dei futuri uomini nuovi.
Dovette intervenire Trotsky per stroncare sul nascere queste iniziative: non per obiezioni di tipo morale ma poiché - data la levatura del personaggio - si rendeva conto che, sebbene il principio non fosse sbagliato, l’umanità dell'epoca (e pure quella attuale) non era ancora pronta a reggere un processo di tale portata dissolvente; ma si sarebbe dovuto, con il tempo, venire a creare questa consapevolezza.
Soprattutto Trotzky, da buon materialista dialettico, sapeva bene che ogni cambio sovrastrutturale nasce e fiorisce dal mutamento delle condizioni materiali, e non viceversa. Personalmente mi permetto di aggiungere (anche se non è, forse, pienamente ortodosso) che a loro volta le condizioni sovrastrutturali possono influire sulla coscienza tanto individuale che collettiva, ed in un rapporto dialettico creare una strada a doppio senso, nella quale le sovrastrutture possono portare a prese di coscienza che scuotono l’essere umano dal torpore in cui è normalmente immerso, e gli danno le motivazioni per agire.
Questo esempio ci porta ai tempi attuali, nei quali la sinistra politica sta vivendo una crisi senza precedenti, che potremmo riassumere nell’incapacità di gestire quelle che in realtà sono due facce della stessa medaglia ma vengono percepite come separate: ovvero la contrapposizione - apparente, ci tengo a ribadirlo - tra diritti civili e diritti sociali.
La sinistra pare essersi arroccata e sclerotizzata nella difesa dei soli diritti civili, lasciando in soffitta la critica alla società capitalista (lo si è detto mille volte, ma tant’è ...), e permettendo alla destra di avere campo libero, e farsi paladina di quei diritti sociali che, nei fatti, non ha mai avuto interesse a difendere, anzi tutto il contrario; ma essendo forse più cinica per natura, sotto questo punto di vista ha saputo e sa cavalcare questo vuoto in maniera ottimale.
Se la sinistra si ricordasse che la questione non è diritti civili vs diritti sociali, ma che gli uni sono lo specchio degli altri, forse potrebbe riprendersi dalle sonore batoste che sta prendendo (mi si permetta di dire: meritandosele pure).
Dopo queste considerazioni politiche che potrebbero apparentemente stonare in un articolo di esoterismo (ma chi legge questa rubrica sa che non è così, perché non esiste un ambito separato da un altro, pur essendo sempre necessario il tenere a mente le corrette prospettive), vorrei portare l’attenzione sul concetto di riformismo graduale, e sui pruriti che esso suscita spesso e volentieri - e non a torto, poiché va a scontrarsi con quel desiderio di cambiamento che possiamo considerare alla base della forza sinistra.
La considerazione che desidero porre è quale sia il valore del riformismo e, come eventualmente si possa spostare il suo baricentro verso sinistra.
Spiegandomi meglio: abbiamo la tendenza a collocare il riformismo in una posizione intermedia alla destra e alla sinistra attuali (politicamente parlando); ma se noi spostassimo la prospettiva verso una società interamente rivoluzionaria, ecco che destra, centro e sinistra verrebbero a spostarsi, il baricentro stesso verrebbe a spostarsi, ed il riformismo non sarebbe più una tendenza criptoreazionaria, bensì il giusto mezzo lungo la strada dell’evoluzione umana.
Ma riconoscendo che non siamo in questa situazione storica, dobbiamo per forza parlare del riformismo con ancora il baricentro spostato alla vecchia maniera, e cercare di analizzare come di fatto sia una spinta moderata e costante, che pur con periodi di ristagno tende a procedere inesorabilmente; poiché, piaccia o non piaccia, il ternario hegeliano tesi/antitesi/sintesi è iscritto nella mente umana, e l’umanità non può far altro che procedere in questa direzione.
Da questo punto di vista i marxisti come Bordiga non avevano torto nel rammentare che le condizioni rivoluzionarie non si creano, ma al massimo si possono dirigere: compito precipuo del partito, che si pone come una cellula antesignana della futura società.
Questo ci riporta alla mente il concetto esoterico di tempo capovolto, e ci accompagna alla presa di coscienza che il riformismo è la realtà stessa; o meglio, che il movimento ad esso sottostante è in itinere, e che non vi è in realtà una contrapposizione tra rivoluzionari e riformisti - il che tutto sommato non è un male, a patto che si sia in grado a patto di mantenere le giuste prospettive, ed imparare a valutare le realtà sotto diversi punti di vista.
Infatti, se la manifestazione, sotto il profilo del suo rapporto con il tempo, è in movimento, e se e questo movimento è costantemente proiettato in avanti, è lecito indentificare la manifestazione stessa con una riforma continua - il che, sia chiaro, non preclude che vi siano congiunture in cui le crisi delle condizioni materiali, e gli effetti che hanno sulla psiche individuale e collettiva, si presentino in maniera tale da poter essere dirette e gestite in senso rivoluzionario, sapendo dosare i momenti di azione prorompente e i momenti di stagnazione nei quali sia la tendenza riformista qui intesa in senso politico) a dominare.
Permarranno in questo caso necessarie tanto la presa di coscienza quanto la capacità fattiva di vivere, analizzare ed agire contemporaneamente su due binari, apparentemente separati ma in comunicazione diretta e continua; qualcosa che ricorda, se vogliamo, la capacità di lavorare su sé stessi e nello stesso tempo sul sociale - la capacità di essere individuo e massa, onda e particella allo stesso tempo.
La sinistra politica potrebbe forse prendere consapevolezza di ciò; marciando pure separata nelle sue varie tendenze, ma per colpire unita.
Vi è indubbiamente un rischio in questo tipo di manovra, ovvero il rischio che la tensione rivoluzionaria venga meno - come più volte abbiamo visto nella storia: se un operaio acquista conquiste sociali mediante il riformismo ed innalza il suo livello di vita, perché dovrebbe poi fare la rivoluzione?
Ma c’è, a mio avviso, una possibile prevenzione, ispirata dal lavoro su entrambi i fronti di cui parlavamo sopra: una continua ma incessante (Gramsci insegna) azione di monopolio culturale - iniezioni intradermiche di consapevolezza rivoluzionaria, che portano la coscienza di quanto la rivoluzione non sia un semplice giungere a determinate condizioni sociali, ma un trampolino di lancio per un futuro ampliato dell'umanità intera (per la prima parte del processo, vedere Gramsci; per la seconda, i cosmisti dell’Unione Sovietica).
Soltanto in questo modo si può non spegnere nelle masse la tensione rivoluzionaria, anche quando sono state raggiunte migliori condizioni di vita; ma sarà senza dubbio un tipo di lavoro certosino, che richiederà infinita pazienza e fiducia nel futuro.
Qualcosa di non molto lontano avevano teorizzato i Fabiani.
La Società Fabiana nasce nel 1884 a Londra, sull’impulso delle teorie di Thomas Davidson, personaggio motivato da un grande desiderio di giustizia sociale. Egli pensava che un progresso sociale potesse avverarsi solo come riflesso di una rigenerazione individuale personale; ma i fondatori dell’associazione da lui ispirata ritennero che le sue indicazioni fossero troppo vaghe, e decisero di delineare un corpus teorico più dettagliato, insieme alle eventuali linee di condotta conseguenti.
I Fabiani trovarono il loro modello nel generale romano Quinto Fabio Massimo, soprannominato il Temporeggiatore, poiché tendeva ad evitare le battaglie e prediligeva un costante e graduale logorio delle forze nemiche, fino al momento di sferrare all’improvviso il colpo fatale: una tattica che, a loro avviso, si sarebbe adattata perfettamente alle lotte sociali di oggi.
Nei Saggi Fabiani del primo periodo si legge: per il momento giusto devi attendere, così come fece Fabio con pazienza, mentre fronteggiava Annibale, anche se molti lo criticarono per questo (nota; anche le critiche da sinistra al movimento fabiano sono famose). Quando però il momento giunge, devi batterti duramente come fece Fabio, o la tua attesa sarà stata vana e infruttuosa.
Il gradualismo, le riforme sociali e un certosino lavoro di influenza culturale erano il modus operandi dei Fabiani. La loro speranza era di portare consapevolezza e coscienza alla società, per spostarla da una impostazione capitalista ad una socialista, senza ricorrere alla violenza; però erano anche disposti a convertirsi ad un’azione più decisa.
Possiamo ricordare brevemente alcuni degli illustri appartenenti alla società, alcuni dei cui membri più di spicco erano donne: Annie Besant, Virginia Woolf e Emmeline Punkhurst, solo per citarne alcune.
Possono essere considerati predecessori del movimento fabiano i Livellatori, sorti durante il periodo della rivoluzione puritana inglese. Questi socialisti del seicento, influenzati dal calvinismo del loro capo John Lilburne, contestavano la chiesa anglicana nel nome della democrazia parlamentare e della libertà religiosa.
I Livellatori si posero come uno dei partiti che meglio rappresentavano il desiderio di tolleranza religiosa e giustizia sociale; tanto da divenire in seguito critici dello stesso Oliver Cromwell, che sulle prime avevano identificato come l’attuatore del loro sogno, ma che poi avrebbe instaurato una sorta di teocrazia autocratica e restrittiva.
Fatto curioso ed interessante è il fatto che anche in questo partito la presenza delle donne era di primo piano; il che, per un partito del XVII secolo - in più, ispirato dal protestantesimo calvinista - non era certo qualcosa di scontato.
Ben dopo i Livellatori, anche il socialismo cristiano di Saint Simon avrebbe avuto la sua influenza nella genesi dei Fabiani.
Quello che vorrei sottolineare è il ruolo delicato e criticato che i riformisti (o gradualisti) ebbero sempre a dover fronteggiare: attacchi che gli derivarono tanto da chi era più a sinistra di loro - che li vedeva come pericolosi servi della borghesia, impegnati in una lotta di abbassamento di tensione rivoluzionaria - quanto dalla destra, che senza fare sottili distinzioni ha sempre percepito la sinistra tutta come un’orda di pericolosi agitatori sovversivi.
Almeno da un punto di vista teorico, mi pare evidente che le posizioni fabiane e riformiste siano potenzialmente adattabili al lavoro sul doppio binario; poiché, se è vero che tendevano a scartare tanto la rivoluzione violenta quanto le idee a loro avviso utopiche, questo non significa che nelle loro potenzialità di azione futura non fossero ravvisabili adattamenti rivoluzionari.
Sarà però necessaria una condizione indispensabile: ovvero ritrovare quella unità che i partiti socialisti conservarono fino alla prima guerra mondiale.
Non è una condizione facile da ristabilire, in quanto se c’è una cosa in cui la sinistra è maestra è il dividersi, sia pure giustificando il proprio frazionamento con sistemi concettuali e schemi teorici di alto livello; ma questo va a scapito tanto dell’emozionalità del singolo (non dirò dell’elettore) quanto delle masse, lasciando un vuoto che viene spesso occupato dalla reazione, sempre maestra a cavalcare l’emozionalità.
In conclusione, possiamo affermare che per la sinistra politica ci sia una possibilità di riprendersi il posto che le spetta se sarà in grado di recuperare - accanto alle giuste lotte per i diritti civili - anche una critica unitaria nei confronti della società capitalista; e contemporaneamente di ritrovare la sua unità originale, insieme alla consapevolezza che le sue varie tendenze interne possono e devono alternarsi a seconda del momento storico.
Se sarà in grado di avvicendare la predominanza dell’una o dell’altra a seconda delle condizioni oggettive della società - di collocare al posto giusto l’importanza dell’emozionalità - di trovare parole che parlano ai cuori - di veicolare le proprie tensioni inespressa in correnti attive di azione e pensiero - allora il mondo si raccoglierà nuovamente intorno alle sue bandiere.
Ma salta agli occhi che tutto questo si renderà possibile con un innalzamento culturale e un approfondimento delle energie che sottendono alla manifestazione tutta; e quindi anche all’essere umano, ed il suo complesso corpo-mente.
Riflettere e meditare sul ternario hegeliano, tesi-antitesi-sintesi è un buon esercizio per allenare la nostra mente ad armonizzare gli opposti più, all’apparenza, inconciliabili.
La sintesi, ricordiamolo, non è altro che la tesi dopo che è transitata attraverso il travaglio dell’antitesi - la sua apparente nemica, ma in realtà la migliore alleata - che concorre con lei nell’impostare la tesi del prossimo ternario.
Esoteristi di tutto il mondo, unitevi!
S. C.
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