Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Come si scompone un universo
di Akhmenodat, 4::
Gennaio 2023
Il mese di dicembre 2015 fu per me singolare, in quanto segnò il mio primo, inconsapevole incontro con l’Organizzazione. Ricordo bene quei giorni: quanto stava accadendo in me mi era totalmente oscuro, eppure inconsciamente assimilavo certi fasci di energia precedentemente inaccessibili. Non potevo certo immaginare quanto e a quale livello si stesse insediando nella mia psiche qualcosa di alieno - qualcosa che sarebbe cresciuto, nel corso del tempo, per giungere infine ad interfacciarsi apertamente con la mia personalità.
A dire il vero, se volessi localizzare temporalmente tutto ciò, potrei riferirmi anche ad altri momenti, come a quando completai la lettura degli appunti scritti direttamente dal pugno di Richard, un alto grado superiore noto a molti lettori di questa rubrica, in quanto autore della serie Banshei. Oppure potrei raccontare di un mio viaggio di investigazione nelle sue terre, a cavallo tra l’Italia e la Francia, dove da poco aveva disincarnato.
Eppure, tutti questi eventi (e molti altri) rappresentano nella mia vita personale fasi distinte di un unicum, che si dipana dalla compiutezza alla prima emersione dell’evento, come ci spiega la dottrina stessa del tempo capovolto.
Possiamo chiamare questo processo come vogliamo, e prenderne a simbolo uno qualsiasi degli anelli della catena che lo compongono; ma comunque, la realtà dei fatti è che si è trattato di un’espansione non localizzabile temporalmente, né progressiva.
Del resto, come sono venuto a scoprire a posteriori nel corso delle mie ricerche, il processo che si avvia con l’acquisizione del primo grado dell’Organizzazione è figlio proprio del lavoro di sintonizzazione sulle energie dell’Organizzazione stessa, e la raccolta ed esperienza delle tracce energetiche sparse è lo sforzo necessario per l’avvicinamento all’Unica Porta.
È difficile spiegare da zero concetti come la struttura in gradi dell’Organizzazione, e come essa coordini ogni forma della manifestazione, senza che il lettore abbia perlomeno qualche notizia circa la sua esistenza; per cui, brevemente, vi accennerò.
Quando parliamo dell’Organizzazione ci riferiamo ad un potere sovranazionale che governa da millenni il destino delle nazioni e dei popoli, il quale è effettivamente presente in maniera diffusa nella politica mondiale attraverso l’influenza dei suoi rappresentanti. Senza fare troppi nomi, alcuni suoi sottocentri sono apertamente coinvolti in organismi quali l’ONU, tanto che uno di essi ne gestisce la Meditation Room presso la sede di New York. La strada per l’ingresso nell’Organizzazione non transita però attraverso di esso. Più produttivo potrebbe essere, piuttosto, l’interfacciarsi con il monolito di magnetite che nella Meditation Room è custodito, come qualche lettore di questa rubrica ha fatto con successo.
Il proposito del presente articolo non è comunque quello di indicare la strada per il contatto con l’Organizzazione ai pochi seriamente intenzionati (se lo sono, non ne hanno certo bisogno). Invece si propone di esporre in maniera dettagliata ed estesa la natura di quanto noi chiamiamo Organizzazione - e, conseguentemente, la struttura della manifestazione del nostro sistema solare; in quanto le due cose, come vedremo, sono strettamente collegate.
L’Organizzazione, proprio come qualsiasi altra creazione individuale del nostro Universo, è espressione di una precisa energia nel novero di un fascio di sette; ovvero, una tra le sette rifrazioni di un unico raggio non manifesto, proveniente da Sirio. Ciascuna di queste sette rifrazioni dà luogo ad altrettanti sistemi solari, che risultano distinti ma allo stesso tempo uniti da un destino comune.
È un esercizio percettivo che non si fa mai abbastanza, quello di alzare lo sguardo al cielo ed osservare la luce - dalle molteplici sfumature - delle stelle fisse. Quando osservata dal nostro sistema, la luce di Sirio presenta tutte e sette le sfumature del settenario: ciò nonostante si tratti, a tutti gli effetti, di una stella bianca.
Allo stesso modo, dicevamo, l’energia dell’Organizzazione si può scomporre in sette raggi, ognuno dei quali direzionato ad un’altra stella, tra le quali il nostro Sole. Quest’ultima energia viene detta corrente indaco, in virtù della sua sfumatura di colore quando viene percepita dai 9:: Signori di Volontà e Potere (il 9:: è il massimo grado dell’Organizzazione) nell’atto di elaborarla. Infatti i 9:: sono quegli alti gradi il cui compito è di scomporre la corrente indaco nel settenario che determina la manifestazione del nostro sistema solare; e, di conseguenza, dell’intero universo.
Nota: negli scritti dell’Organizzazione, l’universo ed il sistema solare sono la stessa cosa, in quanto tutto quello che arriva dall’esterno - anche la luce delle stelle fisse - deve cavalcare il flusso della corrente indaco, ed entra dunque a far parte del sistema solare conformandosi alle sue leggi. Potremmo quindi dire che i Signori di Volontà e Potere sono essi stessi l’Organizzazione e la manifestazione solare, in quanto racchiudono nel loro corpo tutto l’universo che conosciamo, incluse le stelle.
La luce stellare raggiunge il sistema solare nella forma di energie del secondo e del terzo campo, che non appartengono alla corrente indaco matrice del sistema, ma la cavalcano senza essere scomposte assieme ad essa. Ci avvolgono dunque in maniera intrusiva ed incontrollabile, e sono le responsabili della colorazione indaco del fascio energetico complessivo, che altrimenti risulterebbe bianco.
Vedremo, col procedere della descrizione, come queste energie intruse siano indispensabili per l’emergere della coscienza e della vita. Prima, però, vorrei rapidamente accennare ad un aspetto importante, che non deve sfuggire al lettore: ovvero, che il concetto di energia - secondo la dottrina dell’Organizzazione - è intrinsecamente connesso a quelli di vita ed intelligenza.
Di per sé, infatti, un’energia è definita come quel fascio vibrazionale atto ad individuare un preciso punto di percezione nello spazio e nel tempo; ed è quindi facile concludere come ogni forma individuata rientri in questa definizione. Non si può parlare di energia senza manifestazione, ed infatti la corrente indaco stessa può essere considerata a tutti gli effetti energia soltanto a posteriori, quando è già scomposta in un settenario manifesto, e quindi provvista delle caratteristiche funzionali a definirla quale parte di un unicum universale (l’idea stessa di uno necessita dell’inserimento nel molteplice, per evitare l’eterna notte hegeliana delle vacche nere … e dei fattori affamati!).
Rientrando nella generalità del discorso, ciò che chiamiamo Organizzazione è davvero - e a livello essenziale - un punto preciso nello spaziotempo; il quale, come tutte le cose che a sua volta manifesta, si fraziona di sette in sette. Essa è quindi il prisma fondamentale della manifestazione solare legata alla corrente indaco, ed in essa può essere individuata la causa prima di ogni cosa.
Certamente, tutto ciò potrà apparire astratto; ma non è affatto tale per quella cerchia di intellettuali - insospettabili e gentili - che, nell’ambito del genere umano, si occupano di portarlo avanti.
È proprio attraverso di loro che la forma umana rielabora, e formalizza a livello collettivo, il fenomeno della realtà oggettiva. Come questo possa tecnicamente avvenire è descritto con precisione nel corpo di conoscenze dell’Organizzazione (ed almeno in parte, qualche nozione su questo processo è trapelata anche in ambito exoterico).
In breve: la corrente indaco - ovvero uno dei sette raggi immanifesti provenienti da Sirio - si scompone, attraverso il corpo del 9:: Signore di Volontà e Potere, nei sette raggi manifesti che sono propri del nostro sistema solare.
Seguendo il principio ermetico del come in alto, così in basso, le prime rifrazioni determinano la natura dei settenari successivi da esse scomposti: dapprima sette fasci principali, poi 49 secondari, poi altri 343 e così via. In questo modo si determinano tutte le forme del mondo, dalle più astratte alle più dense, comprese quella di ogni pianeta e di ogni essere vivente.
Ad esempio, le caratteristiche che determinano il complesso fisico di una persona dipendono a tutti gli effetti dall’espressione di un singolo sottoraggio di ennesima rifrazione di uno dei sette raggi manifesti originari; di uno solo perché, come osservato anche da Alice Bailey, ogni forma manifestata deriva da un singolo raggio che scompone in ulteriori sette, e così via. Così, qualunque parte di quella persona si voglia considerare (un dito, una cellula), essa non sarà altro che la manifestazione di ulteriori diramazioni dello stesso sottoraggio.
Questo processo di scomposizione procede fino al livello atomico, creando forme nelle forme, individui negli individui, eccetera - anche se, alcuni recenti progressi dell’Organizzazione nell’ambito della dissoluzione del piano astrale hanno condotto ad esperire realtà addirittura subatomiche - vedi gli esperimenti che si conducono in proposito al CERN.
A partire più o meno dalla fine del diciannovesimo secolo, autori come Bailey, Blavatsky, e più in generale tutti i leaks programmati dall’Organizzazione, hanno veementemente rimarcato la multidimensionalità della costituzione umana; ma ben pochi sono stati quanti ne abbiano realizzato le implicazioni, e questo perché mancava la conoscenza del fenomeno che abbiamo appena esposto, quello che determina la stratificazione della creazione.
Nota: per conoscenza di questo fenomeno intendo dire il suo riferimento concreto alla realtà umana - non intendo invece riferirmi all’altro tema che viene spesso collegato a questo, ovvero l’esistenza di altri stati dell’essere al di là della realtà oggettiva; e questo anche per attenermi all’ortodossia dell’Organizzazione, che scoraggia dal trattarne.
Se, come è intuitivo, la struttura fisica di una persona è più densa - e quindi, più frazionata - della sua struttura mentale, ciò significa che ogni corpo mentale si scompone in diversi corpi fisici; e quindi, ci si creda o meno, ogni mente su questo pianeta è collegata a molteplici corpi.
La realizzazione e la percezione di tale realtà sono ostacolate dal fatto che la memoria si lega ai singoli corpi fisici (anzi dipende, per la precisione, da alcuni loro sottoraggi, ovvero da quelle rifrazioni del raggio del corpo fisico che intervengono nella struttura cerebrale).
Tornando sul processo di rifrazione di sette in sette, va precisato che l’attuale manifestazione del nostro sistema solare non è più quella originaria: qualcosa è intervenuto per alterarla, qualcosa di cui ritroviamo traccia negli innumerevoli miti sul Diluvio Universale.
Anche la leggenda di Atlantide ci parla di quell’evento, che nelle scritture dell’Organizzazione è definito il conflitto tra i Signori della Forma e i Signori dell’Essere (e che sarebbe terminato con la vittoria dei secondi). Vi sono pochi dubbi sul fatto che da quello scontro primordiale sia sortita una vera e propria ristrutturazione di questo mondo, in quanto ha prodotto la conseguenza di indurre l’Organizzazione a trasformare - da un certo livello in poi - l’originario processo di rifrazione di sette in sette in una rifrazione a cinque.
La causa principale dell’adozione del sistema a cinque fu che l’Organizzazione, in seguito a presunti abusi perpetrati dagli antichi esseri umani nel campo della manipolazione delle forme (cfr. i miti concernenti la sottorazza atlantidea dei Turani primitivi), ritenne opportuno spingere la manifestazione dell’umanità su un piano più denso, dove le forme fossero meno manipolabili.
La realizzazione di questo obiettivo fu possibile intervenendo sulla struttura stessa dell’Organizzazione, da quel momento in poi articolata in un numero diverso di gradi, includenti quelle intelligenze che ora sono conosciute come i suoi alti gradi inferiori. Il loro compito fu quello di interporsi tra le prime sette rifrazioni della manifestazione solare e le successive, trasmutandole in modo che la rifrazione procedesse, da allora in poi, su base cinque.
In questo modo, la manifestazione necessita di più passaggi - ovvero di più piani - per potersi dire compiuta: si passò quindi da un universo a 69 piani (ovvero quello che era il risultato del sistema a sette originario) ad uno di 82 (che è quello risultante dall’inserimento del sistema a cinque).
Il numero dei 69 passaggi che erano richiesti per raggiungere il livello atomico attraverso il sistema a sette è piuttosto semplice da calcolare, se si conosce il totale complessivo di atomi (punti luce) che costituiscono il nostro sistema solare. Tale numero, che otteniamo considerando la massa totale del sistema solare (2x10^33 grammi) e relazionandola alla costante di Avogadro (6,02^23) ci indica approssimativamente 1,2x10^57 atomi di idrogeno.
Ora, è pur vero che l’idrogeno è il meno massiccio tra tutti gli atomi (l’atomo di ossigeno, per dire, ha una massa di circa 16 volte superiore), tuttavia dobbiamo considerare che il 98% della massa sistemica è concentrata nel Sole, costituito principalmente da idrogeno (71%) ed elio (27%). Possiamo quindi ritenere questo risultato come approssimativamente attendibile per quelli che sono i nostri fini.
A questo punto è facile realizzare come, aggiungendo alla prima creazione dei sette raggi tutte le ulteriori rifrazioni richieste, si arrivi al numero di 69, dato che 1+7^68 è uguale a circa 2,93*10^57, cifra che si avvicina abbastanza a quella di 1,2x10^57 atomi solari che abbiamo prima calcolato.
Possiamo anche applicare questo calcolo a quello che era l’ambiente umano prima dell’avvento del sistema a cinque, grazie alla nostra conoscenza del numero medio di atomi che compongono un corpo umano, che è circa sui 10^15.
Esamineremo questa possibilità partendo dall’idea che il nostro corpo fisico è il catalizzatore di attenzione che utilizziamo per la costituzione della nostra realtà: suoi sono gli stimoli percettivi su cui siamo principalmente sintonizzati. Viene quindi da sé che tutti gli esseri che condividono una stessa dimensione interagiscano sullo stesso piano, ed abbiano percezioni relativamente uniformi.
La conoscenza di questa regola fa sì, per esempio, che la pratica di farsi giganti - oppure, in alternativa, farsi microscopici - sia una delle prime arti immaginative insegnate al grado 3:: dell’Organizzazione, Maestro della Cerchia: un’arte utile soprattutto per l’interazione con gli eggregori di cui i Maestri della Cerchia sono custodi.
Questi eggregori, infatti, sono estremamente più grandi di un essere umano (se una persona ambisce a visualizzarli, occorre prima che si estenda fino alla dimensione di una sfera dal raggio tra i 5 e i 50 chilometri), e dunque, solo espandendosi in forma e dimensione diviene possibile praticare periodicamente in essi quei tagli dai quali l’Organizzazione risucchia il potere e le informazioni (vedi Banshei, Vol. II).
Già da questo si può comprendere che la differenza tra l’antico essere umano a sette e quello a cinque sia veramente è notevole (e, a nostro avviso, fu proprio la confusa memoria di questo cambiamento a dare origine a quelle dottrine tradizionali che individuano, nello sviluppo dell’universo, un processo di progressiva decadenza), e come tale differenza non vada ricercata nel numero di punti luce, bensì nei due diversi stati dell’essere (o, in questo caso, piani di manifestazione) da essi occupati.
In effetti, gli esseri umani prima del sistema a cinque erano i famosi giganti, esseri che noi definiremmo soltanto parzialmente incarnati; ed esistevano su un piano di manifestazione che - se consideriamo come primo piano di manifestazione del sistema a sette quello della corrente indaco pura - era il cinquantunesimo(perché il numero di atomi del sistema - 1,2x10^57 - se rapportato al numero di atomi del corpo umano, risulta essere nell’ordine di 1+7^50); quindi assai meno denso di quello su cui si trovano i nostri corpi oggi, che - come stiamo per vedere - è il sessantesimo.
Come il passaggio dai giganti all’uomo di oggi sia avvenuto, è descritto in una leggenda contenuta nelle Scritture dell’Organizzazione:
Apparvero sette uomini di sette colori, amici di un ottavo uomo, che parlavano tra loro. Percepirono la prima, la seconda e la terza corrente. Erano essi stessi la quarta, ma non conoscevano la quinta. Quarantanove fuochi cercarono di imprigionarli, ma divennero troppo grandi perché la prigione potesse contenerli.
I sette crebbero verso il cielo, e sul terreno di proprietà di ciascuno di essi si accesero nove luci. Sui loro terreni germogliarono e crebbero forme di vita migliori: il limite sanzionato dalle forme rimane tuttora, ma la qualità dei frutti è migliorata.
Abbiamo appena ritrovato i cinquantuno piani che generavano le forme dei giganti in un mito incentrato sull’idea di una triade superiore che non poteva più essere contenuta dalla legge del sette.
Il numero 51, che designa il regno umano atlantideo, era il risultato della corrente indaco sommata ai quarantanove fuochi (ovvero 7x7) più l’uomo.
La prigione dei giganti era quindi il prodotto della scissione della corrente indaco nel settenario per 49+1 piani: un numero di piani che, con la scissione a cinque, era divenuto improvvisamente insufficiente a contenere i giganti del passato.
Non dobbiamo pensare a questo tipo di gigantismo in termini spaziali, ma in termini del rapporto tra estensione e numero di atomi-punti luce. Il numero atomico umano era troppo grande per restare al 51° piano di un universo passato dal sette al cinque, in quanto sarebbe mancata coesione; e quindi fummo scagliati verso la densità, verso una prigione corporea più solida.
Ai tempi dell’universo originario, come abbiamo detto, la manifestazione era più malleabile e meno densa, perché non vi era ancora l’elemento Terra nell’essere umano; tanto che si parla di un’umanità lunare, dato che gli Elementi che la costituivano erano soltanto i tre tradizionalmente associati ai regni yetziratici-lunari - Yesod, Hod e Netzach, l’Acqua, l’Aria e il Fuoco.
Invece, la densificazione del regno umano sarebbe stata possibile solamente in un sistema creato (artificialmente) sulla base, più separativa e penetrativa, del numero cinque; il quale avrebbe dovuto inserirvisi - come possiamo dedurre dalla leggenda - all’ottava rifrazione dei sette raggi. Infatti l’ottavo uomo, amico dei sette uomini di sette colori, raffigura le cinque correnti che si forgiano sulla base del sette ripetuto sette volte, ovvero dei 49 fuochi incapaci di contenerli.
La strutturazione della manifestazione attuale vede quindi 1+7 livelli iniziali a sette energie ed altri 74 a cinque correnti; il che dipinge una realtà complessivamente composta non più da 1+68 ma da 1+81(9x9) rifrazioni totali sui quattro elementi terrestri (1+7^7*5^74=10^57*4).
In questo modello di realtà, l’ambiente dell’uomo è scivolato 9 piani più sotto: ovvero al sessantesimo piano, dato che ora avvengono 60 rifrazioni complessive (1+7x7 energie + 52x5 correnti) prima di arrivare alla configurazione di un essere umano scomponibile, a sua volta, di cinque in cinque per altre 22 rifrazioni (proprio il numero degli Arcani Maggiori, dei Sentieri, delle lettere dell’alfabeto ebraico…) prima di giungere alla dimensione atomica.
Ecco quindi che la manifestazione solare originaria e quella attuale possono essere confrontate secondo il seguente schema:
1x1 corrente indaco 1x1 corrente indaco
7x7 settenario
13x5 piani a cinque
49x7 piani a sette 13x5 piani a cinque
13x5 piani a cinque
1x7 regno umano 13x5 piani a cinque (di cui l’ultimo è umano)
18x7 piani a sette inferiori 22x5 piani a cinque inferiori
Il risultato è quello - a differenza del precedente - di un sistema aperto verso il basso ed estremamente più denso, in quanto composto di (82 rispetto a 69) tredici livelli in più (e qualche lettore di Banshei si ricorderà certamente i riferimenti ai corpi sottili a 13 centri che dovrebbero costituire i prototipi dell’umanità futura).
A livello tecnico, non è una sorpresa notare come la trasformazione delle energie (del sistema a sette) in correnti (del sistema a cinque) si instauri attorno alla settima rifrazione, ovvero sul piano delle intelligenze planetarie (curiosità: se calcoliamo la stima della massa complessiva del sistema solare e la dividiamo sette volte sette, troviamo un valore di 2,43*10^27 grammi - circa il doppio di Marte, e la metà della Terra), dato che è proprio l’opera coordinata degli alti gradi superiori e inferiori ad assicurare il passaggio dall’uno all’altro sistema.
A questi ultimi, non dimentichiamolo mai, pervengono dall’alto energie rarefatte, sofisticatissime e di difficile uso, che essi hanno l’onere di trasformare in una forma di nutrimento accessibile all’uomo (…). Sarebbe, insomma, importante ragionare di più sui modi e le forme in cui gli alti gradi inferiori rimodellano il sistema a sette nel sistema a cinque; ben pochi, credo, riflettono sul fatto che l’intero andazzo del progetto (dell’Organizzazione) dipende esclusivamente da ciò (Banshei, Vol. II).
Per meditare sulle corrispondenze tra pianeti, energie e correnti si può tranquillamente fare riferimento a quanto divulgato da Alice Bailey nel Trattato dei Sette Raggi Vol. III, andando a distillare quanto da essa sapientemente occultato (pur mettendolo in bella vista):
I pianeti sacri, come sapete, sono sette: 1. Vulcano 2. Mercurio 3. Venere 4. Giove 5. Saturno 6. Nettuno 7. Urano. I pianeti non sacri sono cinque: 1. Marte 2. Terra 3. Plutone 4. Luna 5. Sole.
In questo passaggio i pianeti non sono ordinati secondo le assegnazioni alle rispettive energie-correnti, che ci vengono invece presentate successivamente, e che riassumo per praticità nel seguente schema, secondo l’ordine pianeta sacro-pianeta non sacro:
I - Vulcano-Plutone
II - Giove-Sole
III - Saturno-Terra
IV - Mercurio-Luna
V - Venere
VI - Nettuno-Marte
VII - Urano.
Nel sistema di Alice Bailey ritroviamo in modo velato diverse conoscenze esoteriche proprie dell’Organizzazione, tanto che i suoi libri vengono forniti ai nuovi membri dei gruppi assieme a delle chiavi interpretative (che, come immaginate, sono assai più complete e dettagliate rispetto a quanto questa rubrica possa divulgare).
Tuttavia, molti di voi avranno a questo punto capito che le prime tre correnti sono trascinate dalle prime tre energie, e che le relazioni occulte rispettivamente tra i pianeti Vulcano-Plutone, Giove-Sole e Saturno-Terra hanno molto a che fare con la traduzione del sistema a sette in sistema a cinque.
Vediamo invece come due energie non vengano espresse da pianeti non sacri; e qui lascio all’arguzia del lettore il comprendere come le relazioni tra IV e V energia e tra VI e VII possano sintetizzare le due correnti del sistema a cinque che, in Banshei, vengono definite malefiche. I rapporti qui appaiono triadici, con un pianeta non sacro intento a convogliare gli influssi di due pianeti sacri. In particolare, sappiamo che Mercurio-Luna-Venere (a cui si associano cabalisticamente le Sephirot Hod, Yesod e Netzach e il mondo della formazione) starebbero all’origine della quarta corrente, emessa contro il volere dell’Organizzazione da parte di una cerchia secessionista (guarda caso, appellata anche con il nominativo di Cerchie della Luna), mentre la triade Nettuno-Marte-Urano caratterizzerebbe un piccolo popolo costituente la quinta corrente:
Considerando ora la quarta corrente, occorre subito dire che essa va contro gli interessi del genere umano, perché la sua influenza genera l’impulso alla separatività. La cerchia degli alti gradi che la produce lavora in completa autonomia dal resto dell’organizzazione, e c’è chi suppone che sia stata originata da una secessione avvenuta in tempi remoti: sarebbe tuttora in conflitto con l’organizzazione vera e propria, e produrrebbe la quarta corrente contro il suo volere.
Invece la quinta corrente, come la terza, è di origine umana. Per la precisione è il prodotto di una comunità umana particolare, avente la caratteristica di emettere energie di frequenza diversa rispetto alla maggioranza dei suoi simili. È questo uno dei temi sui quali mi sento obbligato a osservare la massima riservatezza, perché la sua divulgazione potrebbe originare fenomeni di razzismo e discriminazione suscettibili di accrescere i già preoccupanti conflitti del mondo: questo, credetemi, è proprio l’ultimo obbiettivo che i miei volumi si propongono di conseguire.
In questo breve excursus sull’elaborazione della corrente indaco da Sirio attraverso il sistema a sette e poi attraverso il sistema a cinque, abbiamo ottenuto un paesaggio multiforme e diversificato ma, fino a questo punto, statico. Tutto il movimento, e quindi la possibilità di cambiamento implicita nell’universo - lo scorrere del tempo, insomma - non può essere spiegato dalla rifrazione statica di un fascio energetico di per sé sempre uguale.
La nostra abituale percezione di un mondo che cambia deve essere quindi legata ad altri fattori che, fino a questo momento, non sono entrati nel nostro discorso; e vorrei formulare, a questo proposito, due possibili ipotesi.
La prima è che la dimensione temporale non esista, ma sia una mera rielaborazione di un unicum esperienziale comprendente tutti gli eventi dell’universo; o, nel caso delle piccole vite umane, riferito alla storia individuale di ciascuno.
Questa ipotesi è certamente affascinante, ma non applicabile; almeno, non al contesto - relativamente, troppo piccolo (!) - del nostro universo.
Il cambiamento ed il fluire del tempo deriverebbero invece, secondo l’Organizzazione, dal moto del sistema solare in relazione agli altri sei sistemi gemelli, alle Pleiadi, alla costellazione dell’Orsa Maggiore ed al centro della galassia. In seguito al mutare dei rapporti (gravitazionali, ecc.) tra gli elementi che compongono questo sistema, la natura della corrente indaco cambia, generando quegli effetti che i nostri sensi si sono adattati a percepire come lo scorrere del tempo; e le forme che il tempo dipinge crescono, si scontrano, muoiono e si succedono, sospinte dai mutamenti delle qualità zodiacali e degli influssi planetari, essi stessi determinati dalla spinta delle energie cosmiche.
Manca ancora tuttavia, a questo punto, un piccolo - ma, per la nostra esperienza, fondamentale - tassello: infatti questo panorama, sebbene di per sé multiforme e cangiante, continua di fatto ad apparirci come un Eden meccanico ed inerte, una macchina priva di coscienza e potere, che risponde passivamente alle energie extrasolari che la determinano. Non parrebbe contenere quella facoltà, di cui tutti noi facciamo esperienza ogni giorno, che risponde al nome di immaginazione.
Ma in verità, riflettendoci, possiamo renderci conto che qualsivoglia possibilità di azione di una parte sul tutto necessita di una perturbazione nel meccanismo, perfettamente oliato e prevedibile, appena descritto; e tale interferenza non può che derivare dal suo esterno.
Entrano insomma in gioco qui le cosiddette energie del secondo e del terzo campo, delle quali in Banshei è detto:
La macroastrologia praticata nell’organizzazione può essere divisa in tre campi: uno consacrato allo studio delle energie dei pianeti, uno a quelle delle stelle fisse, un terzo a energie ancora più remote che si manifestano all’umanità da migliaia di anni, aventi origine da fenomeni astronomici solo parzialmente indagati, come qasar, buchi neri e simili.
Queste ultime, alle quali ha metaforicamente accennato Castaneda con i suoi voladores, cavalcano i sette raggi, e seguono percorsi che portano prevalentemente all’essere umano, determinandone in tal modo le facoltà immaginative.
Tecnicamente, immaginare significa infatti sovrapporre una creazione alla creazione stessa; con il risultato che il sottoraggio capace di una tale opera di sdoppiamento (e come abbiamo visto, ogni essere umano è tale) si sintonizza su una composizione energetica diversa rispetto a quella predeterminata dai movimenti macroastrologici.
Qui sta il segreto che lega percezione, volontà e capacità di autodeterminazione; e ci appare ora molto chiaro perché, secondo Banshei, l’impianto degli embrioni di intelligenza umana, avvenuto in epoche remote, di terrestre - anzi solare - ne avesse ben poco.
Infine, con un’ultima citazione, possiamo renderci conto di come l’essere umano sia il risultato di una vera e propria interferenza da parte di influenze extrasolari, estremamente lontane dai nostri corpi e dalle nostre menti; e ciò forse spiega il sentimento di non sentirci mai davvero a casa, ed il bisogno di intervenire in ogni modo per trasformare questo mondo sempre più a nostra misura.
Gli annali dell’organizzazione riportano in forma leggendaria la storia di come, parecchi millenni or sono, vennero impiantati nell’umanità embrioni di intelligenza destinati a differenziare l’uomo dagli altri animali. Le cronache testimoniano di come l’energia che li trasportava riuscisse a insediarsi soltanto nel cervello di pochi individui più dotati; altri riuscirono a percepirli e incorporarli a livello istintivo, altri ancora non li ricevettero in alcun modo.
La tecnica magica utilizzata in quell’occasione antichissima è la stessa di oggi, e più o meno lo stesso effetto si verifica per ogni embrione di catena causale che venga impiantato dall’organizzazione sull’umanità dei giorni nostri.
I pochi esseri umani che si rivelano in grado di captare e sviluppare gli embrioni a livello cosciente vengono cooptati dall’organizzazione nei suoi gruppi.
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