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Gottfried Benn
Gottfried Benn nasce a Mansfeld (Prussia occidentale) nel 1886 (muore a Berlino nel 1956), determinanti per la formazione della sua personalità furono l'ambiente della casa paterna (il padre era parroco protestante) e gli studi di medicina. Le prime liriche, Morgue (1912), che elaborano motivi e impressioni in un linguaggio permeato dal gergo medico, fanno di Benn un caso letterario e uno dei fondatori dell'espressionismo. Celebre la lirica intitolata "Bella gioventù" in cui demolisce sentimenti religiosi e ideali romantici scrivendo sul cadavere di una fanciulla rinvenuta in un canneto:
La bocca (...) appariva tutta rosicchiata
quando venne aperto il ventre, l'esofago era crivellato di buchi.
Si trovò infine in una pergola sotto il diaframma
un nido di giovani topi.
Una piccola sorellina era morta
gli altri vivevano di fegato e di reni
bevevano il freddo sangue ed era
passata qui una bella gioventù (...)
L'immagine dell'uomo vi subisce una dissacrazione nella quale si esprime un nichilismo aggressivo, polemico contro la civiltà e le sue sicurezze.
Nel 1916 è il racconto-saggio Cervelli (Gehime). Nelle liriche composte durante la prima guerra mondiale, Carne (Fleisch, 1917) affiora una nuova tematica che diverrà centrale negli anni '20: frustrato dal dominio della razionalità, il poeta evoca in sempre nuove variazioni il ritorno alle strutture primordiali dell'Io, che sopravvivono nel nostro inconscio. Se la razionalità ha distrutto l'unità paradisiaca dell'uomo con la natura, nell'ebbrezza e nel sogno egli può riuscire a liberarsi dalle sovrastrutture razionali e riscoprire le sue origini mitiche.
Il contributo di Benn all'espressione dell'Io espressionistico è essenziale. Tutte le sue poesie rappresentano con grandiosa tragicità il disfacimento dell'Io. Una centralità dell'Io evidente per esempio nella poesia Creazione (Schöpfung):
"Da giungle, da una sei giorni impantanata in coccodrilli - chi sa, chi conosce il luogo -, dopo tutta la dannazione di sorso e di grido: il primo Io, la prima parola. Una paro la, un Io, una lanugine, un fuoco, un azzurro di fiaccola, una fila di stelle - da dove, verso dove - nell'immensità dello spazio vuoto attorno alla parola, all'Io"
Aus Dschungeln, krokodilverschlammten
six days - wer weiss, wer kennt den Ort -,
nach all dem Schluck-und Schreiverdammten:
das erste Ich, das erste Wort.
Ein Wort, ein Ich, ein Flaum, ein Feuer,
ein Fackelblau, ein Sternenstrich -
woher, wohin - ins Ungeheuer
von leerem Raum um Wort, um Ich.
La prassi poetica di Benn come si presenta in Scissione (Spaltung, 1925) e Onda ebbra (Trunkene Flut, 1927) corrisponde solo in parte alle enunciazioni teoriche: il ritmo incalzante delle sue poesie rimate tradisce sempre la presenza di uno spirito saldamente razionale. Benn si rende conto di questa contraddizione: l'arte del futuro nascerà dal connubio tra concetto e allucinazione, i materiali emersi dall'inconscio collettivo dovranno sottostare all'intervento tecnico dello spirito costruttivo.
La nostalgia per le origini prelogiche dell'umanità e l'avversione per la civiltà moderna portarono Benn a salutare con entusiasmo l'avvento del nazismo, in Il nuovo stato e gli intellettuali (Der neue Staat un die Intellektuellen, 1933). Lo affascina la concezione dello stato totalitario, che realizza la piena identità di potere e spirito, individuo e collettività. In Il mondo dorico (Dorische Welt, 1934) e Arte e potere (Kunst und Macht, 1934) Benn celebra il totalitarismo come trionfo della forma. "L'eccezionale istinto biologico per il perfezionamento razziale che aleggia su tutto il movimento non consente di perdere di vista un solo momento quest'unico pensiero" scriveva in incipit a "L'Espressionismo" (1933).
Il suo passato di espressionista lo rese però inviso al nuovo potere che considerava quel movimento parte integrante dell'"arte degenerata" che occorreva recidere. Il fallimento dell'impegno pubblico rafforza in lui la tendenza a separare nettamente arte e vita, a passare a una sorta di "emigrazione interna": la sua autobiografia Doppia vita (Doppelleben, 1950) descrive questa scissione cosciente della personalità, in cui il poeta identifica la cifra dell'uomo moderno.
Negli anni 1935-1950 Benn cerca di realizzare l'idea di "prosa assoluta": in L'osteria Wolf (Weinhaus Wolf, 1937), Romanzo del fenotipo (Roman des Phänotyps, 1944), Il tolemaico (Der Ptolem äer, 1947) il tessuto narrativo realistico-psicologico si dissolve in un gioco di materiali storico - culturali montati secondo meccanismi associativi. La summa poetica di questi dieci anni è nella raccolta Poesie statiche (Statische Gedichte, 1948), ricostruzione di un io lirico che riflette la situazione biografica dell'autore.
Le ultime raccolte poetiche tentano di ricavare sostanza lirica da un contesto impoetico e triviale: Frammenti (Fragmente, 1951), Distillazioni (Destillationen, 1953), Aprèslude (1955), Giorni primari (Primare Tage, 1958).
fonte: www.girodivite.it/antenati/antenati.htm - an open content project
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