Riflessioni dal web Indice
Gruppi in Internet, dal sé al gruppo virtuale
di Walter Iacobelli
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Proiezione
Secondo Laplanche e Pontalis (1967) il concetto di proiezione è usato in diversi ambiti.
In neurologia, si parla di proiezione in un senso geometrico, cioè come di una corrispondenza punto per punto in una struttura. Da questa deriva un’altra accezione, di un movimento dal centro verso la periferia. In psicologia si parla di proiezione per designare un insieme di processi: quando il soggetto si rapporta con l’ambiente in funzione dei suoi bisogni, dei propri interessi, attese, stati d’animo ecc.; quando il soggetto assimila una persona ad un’altra, o quando il soggetto attribuisce ad altri sue caratteristiche, cioè proietta su altri le proprie propensioni inconfessate.
Nel senso propriamente psicoanalitico, la proiezione è intesa come un processo per mezzo del quale il soggetto espelle da sé e localizza nell’altro, persona o cosa, delle caratteristiche e perfino degli oggetti, che egli non riconosce o rifiuta in sé. È considerata una forma di difesa molto arcaica, che agisce non soltanto in situazioni francamente patologiche, come la paranoia, ma anche in fenomeni che possono rientrare nella normalità, come la superstizione.
Le varie accezioni nelle quali è usato il termine proiezione hanno in comune l’operazione per mezzo della quale certi oggetti sono spostati o localizzati all’esterno, passando da un punto all’altro, dal soggetto all’oggetto. L’uso delle tecniche proiettive, come nel caso del test di Roschach, è giustificato proprio dall’assunto più generale che il soggetto ritrova nell’altro da sé, siano persone o cose, caratteristiche che gli sono proprie.
Kaës (1976) fa ampio uso delle tecniche proiettive ipotizzando che qualsiasi situazione proiettiva controllata sia adatta all’analisi della rappresentazione e dei suoi organizzatori.
Rappresentazione
Per rappresentazione si intende un insieme composito di fenomeni.
In Laplanche e Pontalis (1967) il termine deriva dalla filosofia classica, in cui indicava sia l’atto con il quale la coscienza riproduce un oggetto esterno (per es. una cosa) o un oggetto interno (uno stato d’animo o un’immagine fantastica), sia il contenuto stesso di tale operazione riproduttiva.
J. Sandler (1991), che si è molto occupato di questo fenomeno, usa il termine rappresentazione in due diverse accezioni: sia come un’organizzazione stabile, una mappa interna che raccoglie e integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali di sé e degli altri, situate per lo più nell’ambito non esperienziale (lo schema corporeo o l’immagine corporea ne costituiscono due esempi), sia come i contenuti e le inclinazioni cognitivo-affettive di queste immagini nell’ambito esperienziale.
J. Bruner dal canto suo sostiene l’esistenza di tre forme di rappresentazione, che corrispondono a tre diversi modi di organizzare la conoscenza: la rappresentazione esecutiva o attiva, quella iconica, e quella simbolica.
Il primo tipo consiste nella rappresentazione di sequenze di movimenti, ed è legato all’azione; esso permette di cogliere eventi e oggetti in relazione con le azioni condotte nei loro confronti: “un oggetto non è altro che quello che si fa con esso” (Bruner, 1966, p31). Questo tipo di rappresentazione è molto importante nello sviluppo del pensiero del bambino, e non cessa mai di compiere la sua funzione.
Il secondo tipo di rappresentazione, quello iconico, dipende prevalentemente dalla percezione visiva e consente, attraverso un’immagine o uno schema spaziale, di organizzare l’esperienza.
Il terzo tipo di rappresentazione organizza la conoscenza attraverso vari sistemi simbolici, il più rilevante dei quali è quello verbale. Quest’ultimo è il sistema più evoluto di elaborazione e di conoscenza.
M. Tramonte (1999, p. 66) scorge una significativa analogia tra il terzo tipo di rappresentazione proposto da Bruner, e uno dei due livelli di rappresentazione nei quali Freud distingueva l’esperienza della Vorstellung, termine tedesco che indica la rappresentazione, e precisamente quello più vicino al sistema Cs: la rappresentazione della parola; come noto l’altro livello era costituito dalla rappresentazione della cosa, termine che per Freud era molto vicino a quello di traccia mnestica, con un essenziale differenza: “la rappresentazione ravviva la traccia mnestica, che in sé stessa non sarebbe altro che la trascrizione dell’evento” (Laplanche e Pontalis, 1967, p.507). Quest’ultimo livello di rappresentazione, a differenza dell’altro, è caratteristico del sistema Ics.
È importante soffermarsi ancora su questa differenza tra i due tipi di rappresentazioni in Freud, dal momento che Kaës (1976), trattando della costruzione dell’apparato psichico gruppale, la prenderà spesso in considerazione e risulterà importante per esaminare le rappresentazioni del gruppo in Internet.
Freud, inizialmente, non modifica l’accezione del termine Vorstellung introdotto da Leibniz, inteso quale il contenuto concreto di un atto di pensiero, ed in particolare come riproduzione di una percezione antecedente, ma ne fa un uso particolare. La particolarità risiede nel fatto che la rappresentazione, investita dall’affetto, si rivitalizza e riceve direzione. In questo senso Kaës considera la rappresentazione come un reticolo, nel quale circola l’affetto investito. Freud opponeva la rappresentazione all’affetto, dato che nei processi psichici questi due elementi subiscono un destino diverso.
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