Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
La figlia della serva
Conversazione con Patrizia Carrano
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- Marzo 2024
Due anni dopo il fortunato La bambina che mangiava i comunisti Patrizia Carrano (giornalista, scrittrice, autrice radiofonica e sceneggiatrice televisiva) torna in libreria e negli store con La figlia della serva, ancora una volta protagonista Elisabetta, la bambina capace di intuire prima degli adulti i disastri del socialismo reale che iniziarono a rivelarsi nel ‘56. In questo nuovo romanzo, che parte dai lontani anni Cinquanta per approdare al terzo millennio, Elisabetta, divenuta adulta, prende le distanze dagli imperativi ideologici di sua madre, inanellando illusioni e delusioni politiche o sentimentali, vittorie e sconfitte. Fanno da sfondo alla sua odissea esistenziale le nuove contraddizioni della sinistra, che cambiano aspetto ma restano pesanti e presenti.
Ancora una volta la sinistra sul banco degli imputati?
Ho sempre guardato a quel mondo con tenerezza, e nostalgia: “Chi rivuole il Pci è un pazzo ma chi non lo rimpiange è senza cuore” avevo scritto in apertura del libro precedente. Quel senso di appartenenza, di condivisione, di comunità che si respirava nelle sezioni è un patrimonio, umano oltre che politico, impossibile da dimenticare. Però, seguendo la vicenda di Elisabetta, i suoi amori, il suo percorso di vita e di lavoro, scopriamo che nel corso degli anni la sinistra ha avuto tantissimi meriti ma anche molte colpe. Responsabilità che in questa vicenda sono uno sfondo determinante, poiché il romanzo racconta la storia sentimentale e familiare di una giovane donna profondamente democratica ma anche quella della sua imperiosa genitrice, ormai accasata con un anaffettivo studioso marxista: una coppia di comunisti duri e puri, solidali con il terzo mondo sfruttato dall’imperialismo, ma incapaci di comprendere le umane difficoltà della colf che serve il caffellatte alla loro tavola.
Da qui il titolo “La figlia della serva”.
Si, perché la vicenda di Elisabetta non attraversa soltanto uno spaccato della borghesia intellettuale, ma guarda anche con occhi attenti e affettuosi il piccolo esercito di domestiche, portinaie, donne a ore e badanti che passano per casa: quella gente minuta, senza voce, senza cui il nostro paese, con tanti anziani, andrebbe a carte quarantotto. La madre di Elisabetta, che in questo nuovo romanzo ha finalmente un nome, Franca, divenuta una vegliarda imperiosa, non potrebbe cavarsela senza il sostegno di Manuel, un intelligente badante peruviano. Che lei, come una zarina rossa, si ostina a trattare sgarbatamente. Questa contraddizione adombra la frattura politica e sociale che negli anni si è creata fra le istanze teoriche delle élites intellettuali della sinistra e i sogni e bisogni della gente più semplice. Quel popolo rosso che, non sentendosi più compreso e riconosciuto, si è poi allontanato dalla politica, consegnandosi fatalmente a un mondo che lo rimbambisce con il miraggio di un consumismo compulsivo e ignorante.
In questo romanzo scorre anche molta ironia.
Direi che la leggerezza del racconto fa da contrappeso alla serietà dei temi che percorrono sotterraneamente la vicenda. Elisabetta ha un approccio sentimentale all’esistenza, ma la guerra guerreggiata che sua madre Franca è costretta a combattere contro la figliastra che vuole cacciarla di casa, corre sul filo di un umorismo paradossale. “Trattare con levità le cose serie” è una raccomandazione preziosa che io ho fatto mia. Poiché sono una romanziera ho messo da parte ogni analisi sociale, badando piuttosto al fluire delle vicende e affidando ai personaggi l’intero compito di raccontarsi: la mia speranza è che le intemperanze caratteriali di Franca; i faticosi traguardi di Elisabetta; i modesti sogni della Beppa, serva veneta e semianalfabeta; la forza tranquilla del badante Manuel che si ritrova figlio e padre dell’anziana che accudisce; e le vicende di tutti gli altri, siano di Frosinone o di Manila, abbiano la forza necessaria a trascinare il lettore fino all’ultima riga di un racconto che si svolge solo apparentemente nelle stanze di casa, ma che riguarda cinquant’anni della storia politica e sociale del nostro Paese. E anche del mondo.
Doriano Fasoli
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