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Riflessioni in forma di conversazioni

Riflessioni in forma di conversazioni

di Doriano Fasoli

Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice


Cinema e scrittura

Conversazione con Marguerite Duras
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it

- ottobre 2005
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Allora Madame Duras, come definirebbe il cinema?
Un passatempo. È fatto per passare il tempo. È assai raramente uno spettacolo. Per me il cinema non ha mai sostituito il teatro, né è mai stato un'alternativa alla lettura... La gente nuova, i giovani, i vecchi, la destra, la sinistra: è un linguaggio finito, morto. C'è bisogno che qualcuno faccia un film, che qualcun altro scriva un libro. Come si dice sempre, il cinema è una persona. A un tratto Dreyer fa un film, è una persona che fa un film. Questo è il cinema. È una cattiva contabilità quella di dire "il cinema italiano", "il cinema francese". Si definisce, si va ancora oltre, nel minimalismo...

Lei che posto sente di occupare nel cinema?
Importante, forse perché non l'ho mai cercato.

Le è più facile, diciamo così, realizzare un film o scrivere un libro?
Nella realizzazione di un film ti viene in aiuto l'immagine, il colore, il formato della fotografia e tante altre cose. Davanti a un foglio bianco non si ha scampo, si è soli con se stessi, con le proprie parole. Dunque, scrivere un'opera è sicuramente più difficile, più doloroso.

Ritiene di aver subìto qualche influenza?
No, nessuna. È la letteratura che m'influenza, sono i miei testi che m'influenzano. Non vedo nessun cineasta che m'influenzi. Se ne vedi uno, dimmelo. Ne vedi uno? Ho senz'altro subìto l'influenza del mio primo film. Cioè, ho subìto la mia propria influenza con Hiroshima. Fino a India Song ho subìto l'influenza di Hiroshima, poi non più...

Qual è il suo rapporto con gli attori?
È un rapporto molto fedele, molto forte, del tutto passionale. A volte si finisce anche in grandi collere, ma in genere lavoro sempre con gli stessi attori.

Con chi è riuscita a entrare meglio in sintonia?
Sicuramente con Bulle Ogier, per la quale ho una vera passione. È un'attrice completamente anti-italiana. Come c'è un minimo al di sopra della modulazione e un minimo al di sotto della modulazione nei registratori, così lei è al di sotto della modulazione...

Ma cosa intende esattamente per anti-italiana?
Intendo anti-star. Se vogliamo parlare dell'attore sul piano nazionale, senza nessuna pretesa, perché devo dire di non essere molto aggiornata sul cinema in genere, la pratica cinematografica e teatrale che preferisco al mondo è la pratica inglese. Mi piacciono gli attori inglesi innanzitutto: per la profondità del
gioco e dei giochi anti-star che essi hanno. Tutti gli americani e gli italiani sono delle star; gli inglesi invece no, anche i grandissimi attori, anche quelli dell'Old Vic Theatre. Vanessa Redgrave, per esempio, non è una star, sta sempre al di sotto delle sue possibilità. Ho detto una cosa che per me conta molto, la più grande qualità che trovo in un attore è di essere leggermente al di sotto di quanto egli può dare e ciò, allo stesso modo, può essere ritrovato in ogni pratica creativa. Ma non mi piacciono gli altri giochi. Non mi piace la pratica cinematografica e teatrale italiana e nemmeno quella americana e francese. Mi piacciono gli attori di Dreyer, alla follia. Mi piacciono Ordet, Dies Irae, Vampyr, Gertrud... È quello che ti dicevo prima, sulla linea della modulazione: tutti gli attori di Dreyer si tengono al di sotto della modulazione e di conseguenza ti lasciano tutto il campo libero al di sopra della linea di modulazione. Non so come spiegartela, mi rendo conto che è un pò difficile. Insomma, c'è una linea di modulazione e tutti gli attori di Dreyer, a volte anche gli attori di Bergman (che non amo molto), si tengono al di sotto e dunque lasciano tutto il campo libero sopra allo spettatore. Invece in Francia, ma soprattutto in America e in Italia, c'è - vorrei che traducessi letteralmente - un ingombro enorme della voce, dello spazio sonoro tramite la voce umana. Io non vedo più e non posso più vedere il cinema italiano... Quando l'attore è presente è solo lui presente, mentre invece dovrebbe inserirsi nelle cose, dovrebbe inserirsi nel testo. Prendere sì un pò di spazio, ma non tutto lo spazio al posto del testo. Fellini, per esempio, pretende di essere sempre all'altezza dell'immagine che vuol imporre ai suoi spettatori. È una specie di megalomaniaco ed è comunque la vostra fierezza nazionale. Lui fa uno sforzo, ma questo sforzo è visibile per essere all'altezza dell'idea che egli vuole che gli spettatori abbiano di lui. È un miliardario dell'immagine. È un cinema eroico, completamente teatrale, completamente narcisista, completamente noioso.


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