Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli
Interviste a personaggi della cultura italiana e straniera - Indice
Gesù e Paolo: un confronto
Conversazione con Giuseppe Barbaglio
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it
- novembre 2005
Giuseppe Barbaglio (studioso di scienze bibliche), vive e lavora a Roma. Presso le EDB, cura due collane di argomento biblico: “La Bibbia nella storia” e “Scritti delle origini cristiane” (con Romano Penna); ha curato Schede bibliche pastorali (8 voll.), Spiritualità del Nuovo Testamento e l’edizione greco-italiano di A. Merk; è autore di La Prima Lettera ai Corinzi. Introduzione, versione, commento (1996), La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (2001), Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica (2003), Il pensare dell’apostolo Paolo (2004); Davanti a Dio. Il cammino spirituale di Mosè, di Elia e di Gesù (2001), insieme a Piero Stefani; Canti d’amore nell’antico Israele. Traduzione poetica del Cantico dei Cantici (2004), insieme a Luigi Commissari. Ha inoltre pubblicato: I Vangeli, Cittadella, Assisi 1978, di cui ha curato la traduzione e il commento insieme a Rinaldo Fabris e Bruno Maggioni; Paolo di Tarso e le origini cristiane, Cittadella, Assisi, 2002; Le lettere di Paolo, 2 voll., Borla, Roma 1990; Dio violento? Lettura delle scritture ebraiche e cristiane, Cittadella, Assisi 1991; SAN PAOLO, Lettere, 2 voll., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1997, di cui ha curato l’introduzione e la traduzione.
Che cosa ha significato, profondamente, per lei studiare nel corso degli anni Paolo di Tarso?
Sì, è vero, ho dedicato allo studio delle lettere di Paolo molti anni del mio lavoro di esegeta. Devo confessarlo, nutro una grande passione intellettuale per i suoi scritti: sono espressione di un temperamento focoso, passionale, graniticamente afferrato alle sue profonde convinzioni di fede, uomo di grande sentimenti, sia di collera che di affettuosità. Ma ancor più mi attira in lui la straordinaria capacità di argomentare le sue prese di posizione: scrivendo alle sue comunità non fa valere l'ipse dixit, non chiede adesione immotivata, fedeltà coatta alla sue tesi: intende invece convincere e persuadere i suoi interlocutori e lo fa ricorrendo a una vastissima gamma di argomenti: la testimonianza delle Scritture ebraiche, la logica stringente dei sillogismi, la mozione degli affetti, ecc. Oggi in primo piano negli studi paolini è l'arte retorica dell'apostolo Paolo, che tende appunto a persuadere, non a costringere, un fine perseguito con gli stessi mezzi della retorica classica, greca e romana: il pathos, cioè la capacità di suscitare emozioni negli interlocutori, l'ethos, vale a dire la presentazione di se stesso come persona affidabile e credibile, e il logos, le argomentazioni razionali. Per non dire della forza e della profondità della sua lettura del vangelo tradizionale, in altre parole della sua interpretazione della fede cristiana vista in chiave universalistica, cioè aperta indiscriminatamente a tutti gli uomini non privati delle loro diversità culturali e storico-sociali. Mi basti qui citare il famoso passo della lettera ai Galati: "non c'è giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio o femmina, perché tutti siete un solo essere in Cristo". Le diversità non sono annullate, ma ridimensionate, relativizzate; quello che è tolto di mezzo è il privilegio degli uni e l'handicap degli altri: tutti parificati davanti alla nuova realtà creata da Cristo, tutti messi uniformemente al palo.
Di cosa voleva innanzitutto render conto il suo volume "Gesù ebreo di Galilea"?
Da più di vent'anni avevo in animo di impegnarmi in una approfondita ricerca storica su Gesù di Nazaret e ultimati alcuni lavori su Paolo ho potuto utilizzare tempo e studio per fare il punto sulla grande avventura scientifica, come ha detto A. Schweitzer, che ha impegnato a fondo gli studiosi tedeschi in prevalenza nei secoli XVIII e XIX, continuando, tra alti e bassi, anche nel secolo scorso, e che nell'ultimo ventennio conosce una primavera di ricerche e di proposte. In Italia in particolare si avvertiva l'esigenza di una ricerca scevra da condizionamenti di carattere fideistico, per un verso, e di timbro illuministico, per l'altro. Ho così vagliato tutte le testimonianze antiche cristiane, giudaiche e greco-romane soppesandone con rigore l'attendibilità storica per poter così farmi e presentare un'immagine di Gesù, che è pur sempre frutto della soggettività dello storico, eppure dotata di una sua plausibilità, essendo tracciata sulla base di dati testimoniali antichi che preservano lo studioso da ricostruzioni fantastiche e soggettivistiche, capaci di suggestionare lettori sprovveduti ma prive di qualsiasi valore storico, come per esempio il notissimo Codice da Vinci.
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