Riflessioni Antropologiche
di Andrea Bocchi Modrone
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Santisima Muerte
settembre 2009
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Gli aztechi annoveravano nel loro pantheon parecchie divinità deputate a mantenere l’ordine cosmico in equilibrio.
Tra queste possiamo segnalare Huitzilopòchtli (dio del sole) che si credeva avesse accompagnato il popolo, dopo interminabili peregrinazioni in vari luoghi, a Tenochtitlàn (sorta di terra promessa); Tlàloc (dio della pioggia), intimamente legato alla produzione dei raccolti agricoli; Quetzalcòatl (dio della creazione) associato al pianeta Venere, e Coatlicue (madre di tutti gli dei), legata alla terra, alla vita e alla morte.
Una delle offerte più importanti che venivano fatte agli dei era il sacrificio umano, attraverso cui l’uomo, tramite il proprio sangue, “collaborava” alla preservazione del mondo da una “fine” sempre alle porte. Spesso era legittimato anche una sorta di sacrificio volontario, un suicidio sacro per offrire il proprio sangue agli dei in cambio di favori per la comunità.
Oltre a questo genere di sacrificio agli dei venivano fatte offerte di alimenti, incenso, coppale e ogni divinità veniva poi onorata con una festa annuale.
Secondo il mito, il mondo che abitavano sarebbe stato distrutto da terremoti. Questa catastrofe aveva maggiori possibilità di verificarsi ogni cinquantadue anni, quando il loro calendario completava il suo ciclo temporale.
Ed era proprio in questa ricorrenza che avvenivano la maggior parte degli omicidi rituali, effettuati sulla cima di un monte a fianco di una grande pira – simbolo del fuoco nuovo - da cui veniva prelevata la fiamma per accendere le lampade dei templi e di tutte le case, metafora di un sole che avrebbe illuminato per un altro mezzo secolo le loro mattine sorgendo puntuale ogni giorno.
Erano i sacerdoti – profondi conoscitori delle arti magiche - i principali incaricati della preparazione di queste grandi cerimonie, ma questi non erano gli unici operatori del sacro, c’erano altre persone incaricate di realizzare i rituali per gli dei: i ticitl si occupavano di trovare le cause delle malattie che, nella maggior parte dei casi si credeva fossero inviate dalle divinità. Diagnosi e trattamento dipendevano intrinsecamente dall’identità del dio che aveva causato l’infermità.
Sacerdoti e ticitl operavano in favore della comunità, avevano una funzione sociale ben precisa e riconosciuta anche dagli altri poteri governativi come indispensabile e giusta. Oltre a loro, tuttavia, esisteva una schiera di altri individui che, come avveniva in Africa e in altre culture, dotati di conoscenze magiche ed esoteriche, agivano a proprio beneficio e utilizzavano i loro poteri per danneggiare il prossimo con fini egoistici e non in favore del benessere della società. Questi agivano sotto l’egida del dio Tezcatlipoca (considerato un dio guerriero e vendicatore, signore del cielo notturno).
Con la conquista spagnola e l’introduzione del cattolicesimo in Messico, il panorama della religione e le credenze magiche subirono un cambio di considerevole importanza. Successivamente alla conquista fisica propriamente detta, i missionari evangelizzatori si prodigarono in una seconda conquista, quella spirituale, imponendo una religione che inevitabilmente si fuse con le loro antiche credenze e alle pratiche magiche: il culto dei santi associato a storie miracolose e al sacrificio fisico dei devoti trovava strabilianti analogie con certe pratiche religiose di autosacrificio. Fece la sua comparsa il diavolo, figura completamente aliena alla precedente religione azteca (dal momento che gli dei erano per natura buoni o cattivi a seconda delle circostanze) e venne associato a tutte quelle pratiche magiche che avevano una connotazione antisociale o comunque atta ad apportare danno al prossimo.
In un primo momento i culti e gli dei indigeni, uniti alle credenze di tipo magico, furono considerate dai conquistatori e dai missionari come pratiche sataniche, pertanto si prodigarono in una minuziosa distruzione di quelle tradizioni che ai loro occhi altro non erano che eresie: sacerdoti e specialisti del sacro furono disprezzati e perseguitati, come tutti coloro che si ostinavano a portare avanti le credenze dei loro padri.
Molti luoghi di culto vennero distrutti, altri furono cristianizzati, sostituendo alle immagini pagane figure del Cristo, della Vergine o di Santi che, nell’iconografia, presentassero affinità con quelle delle antiche divinità, in modo da facilitare l’assimilazione, da parte della popolazione conquistata, del nuovo credo religioso.
Questo processo di epurazione diede luogo ad un processo sincretico tutt’ora presente.
Gli evangelizzatori spagnoli, cercarono di sradicare completamente ogni antica vestigia pagana, dietro la quale vedevano lo zampino del diavolo, e tacciarono di stregoneria ogni cosa che risultasse incomprensibile al loro modo di percepire il reale e il trascendente.
I curanderos (guaritori) e i medici indigeni furono accusati di avere stipulato patti col diavolo, quando in realtà erano solamente grandi conoscitori delle varie piante medicinali che utilizzavano nelle loro cure. Il problema nasceva dal fatto che questa gente aveva un concetto olistico del cosmo, e non poteva immaginare una cura corporale svincolata da una preghiera agli dei o da un’offerta sacrificale.
Fu restaurato così il Santo Ufficio dell’Inquisizione, che in Spagna era attivo dal secolo XIII., per imporre con la forza il cristianesimo.
Per i conquistadores spagnoli i brujos e le brujas altro non erano, tout court, che persone che avevano votato la loro anima al demonio. Così li accusavano di utilizzare bambole per effettuare i loro sortilegi, rospi e galline nere per affatturare, erbe velenose per scatenare potenti incantesimi e altre idee magiche di contatto con le forze occulte che tanta popolarità godevano nell’Europa del sedicesimo secolo.
Per buffo che possa sembrare furono proprio loro a trasmettere certi concetti di occultismo alle popolazioni indigene.
Come accennato poche righe fa inizialmente le due culture religiose, quella indigena e quella cristiana, viaggiavano su binari differenti, ma poco a poco si unirono.
Il panorama attuale della magia - ma sarebbe più corretto parlare di spiritualità - in Messico, oggi, è il risultato della fusione delle tradizioni occulte degli indigeni preispanici e quelle degli spagnoli che arrivarono nel periodo successivo la conquista, un po’ come avvenne col Vaudou di Haiti, con la Macumba brasiliana e altre tradizione a matrice sincretica dell’area caraibica.
Le antiche divinità pagane vestirono gli abiti di compiacenti santi cattolici dietro cui si celarono fino al punto di fondersi con essi; accanto ai santi ufficialmente riconosciuti ne comparvero altri che, estranei al calendario cattolico, sono però presenti in quello popolare. La Santisima Muerte è da annoverare, in un certo senso, tra questi, anche se il suo ruolo di distacco e il grandissimo potere che le viene attribuito, la distingue da altri personaggi quali Santa Clara Lavandera, San Deshacedor, Santa Librada.
Secondo l’antropologa Ortìz Echeniz, autrice del saggio “Una religiosidad popular en México”, il culto alla Santa Morte, negli ultimi vent’anni, si è incrociato, oltre che con i santi cattolici, anche con altre tradizioni esterne quali la santerìa, il vaudou e il satanismo. In realtà la cosa è leggermente più complessa. Innanzi tutto la Santisima Muerte non ha nulla a che vedere col satanismo, non ha nessun legame nè con Satana nè con la di lui adorazione. Anche se la Echeniz ha potuto osservare degli altari privati in cui la Santa fosse affiancata a un’immagine del diavolo questo non significa necessariamente che questo spirito sia da associare al Satana cristiano.
In Messico alcuni brujos negros, ossia “stregoni” che operano i loro lavori spirituali sotto l’egida di entità tenebrose/aggressive, hanno un altare dedicato all’Amigo, ossia al diavolo. L’altare dell’Amigo è separato da quello dei santi cattolici, imprescindibile e sempre presente, comunque, nelle case dei brujos, siano questi considerati buoni o cattivi soggetti.
Dal momento che la figura della Santisima Muerte è molto popolare in Messico non c’è da stupirsi che, anche brujos che operino con entità negative, abbiano nei loro altari una statua o un’immaginetta che la rappresenti, ma questo non fa della Santisima uno spirito negativo nel senso deleterio del termine. L’epiteto di Signora delle Tenebre non implica una connotazione “cattiva”, è semplicemente un termine qualificativo. Le tenebre a cui si fa riferimento non sono le tenebre del male, ma quell’abisso sconosciuto che precede la nascita della vita e segue la vita stessa. Quell’abisso misterioso da cui veniamo ed a cui tendiamo dopo quella parentesi luminosa, bellissima, seppur per taluni effimera, che chiamiamo vita.
ABM
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