Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Metamorphosis, ovvero la trasformazione dell'Essere secondo il mago della parola Apulejo
A lungo abbiamo riflettuto su Le Metamorfosi di Apulejo, il mago della parola, per concludere che la capacità trasformativa di questo mago è nella traduzione.
[-Chi è costui?- ti domanderai. Ti rispondo in breve. L'attica Imetto [.] qui, nei primi esercizi della mia fanciullezza, appresi la lingua attica. Poi, nella città del Lazio, io, ch'ero straniero nell'ambiente della cultura romana, intrapresi con durissima fatica lo studio dell'idioma locale, e in esso mi approfondii senza che alcun maestro mi guidasse.] (Le Metamorfosi, capitolo I, secondo periodo posto dopo una protasi 'At ego tibi sermone isto milesio [.]).
Chiedo perdono, dunque, se, parlatore inesperto, incorrerò in qualche termine esotico o forense.
D'altra parte senza dubbio proprio questa stessa mutazione del suono risponde meglio allo stile che abbiamo adottato della scienza che va per salti. Incominciamo una favola alla maniera greca. Lettore, intendi: ti divertirai. (I, 1) (1)
-Chi è costui?- Apulejo si rivolge al lettore e gli mette in bocca la domanda su chi sia Lucio, il protagonista del suo romanzo.
Che cosa significa questa 'scienza che va per salti' (2)? Si chiede poi il lettore. E quindi Apulejo dà la sua regola aurea di traduttore. Vediamo di esporla con qualche esempio.
Noi avevamo sempre tradotto vocis con 'della parola', mentre il suo primo significato è 'della voce', 'del suono' (3).
La trasformazione del suono (vocis immutatio) è il focus, il suo centro d'attenzione.
La portata della regola è enorme.
Andiamo per ordine.
Chi è Apulejo?
Un mago (4) della parola (5).
E' nozione comune che la magia sia un'attività pratica che consente di connettere con l'altro mondo (6). Solitamente il mago pronuncia sì una formula, ma fa intervenire anche un artificio, cioè usa un oggetto dotato di potere prodigioso (7).
Sant'Agostino pensava che la magia di Apulejo fosse nella sua parola, senza l'ausilio di strumenti.
"E per parlare proprio di lui, Apulejo -il quale, essendo africano è più noto a noi africani- egli non poté arrivare, non dico ad essere re, ma neppure a ricoprire una qualche carica giudiziaria nello stato, con tutte le sue arti magiche, pur essendo oriundo da una famiglia nobile nella sua patria ed educato nelle arti liberali e fornito di grande eloquenza. O mi si vorrà dire che, da buon filosofo, egli ebbe in disprezzo tali cariche, lui che, come sacerdote della provincia, ebbe una posizione tanto importante da indire giochi pubblici, addobbare gladiatori ed entrare in lite, a proposito di una statua da erigergli in Oea, città d'origine di sua moglie, con quei cittadini che si erano opposti? E perché questo fosse ben noto ai posteri, ci lasciò un discorso scritto su tale lite. Quindi, per quanto riguarda questa terrena felicità, egli fu mago nella misura in cui ne ebbe la possibilità. Da ciò risulta evidente che egli non fu nulla di più di quello che fu, non perché non volle, ma perché non poté. Eppure si difese con molta eloquenza contro certe persone che gli intentarono un processo per magia. Mi meraviglio perciò che i suoi ammiratori, i quali vanno parlando di non so quali miracoli operati con quelle magiche arti, mi meraviglio, dico, che cerchino di farsi testimoni a suo carico."- (8).
In sostanza Sant'Agostino dice: "Dal mago ci si aspetterebbero cose prodigiose, non abilità oratorie o letterarie. Mi meraviglio che questo 'mago' abbia tanto seguito."
Sant'Agostino conosce il De magia di Apulejo, cioè sa della sua autodifesa vincente nella causa intentatagli per magia. Da religioso si domanda quali miracoli e quali artifici possano avergli procurato tanti testimoni della sua magia, che a oltre due secoli dalla sua morte gli perpetua la memoria. Ma che magia sarà mai?
Noi definiamo Apulejo 'mago della parola'.
Quando un mago della parola spiega ciò che fa e si raccomanda (Lector intende.) bisogna fare molta attenzione (se ci si vuol divertire.laetaberis).
Nell'incipit il mago della parola si scusa (nella persona di Lucio) per il suo latino da dilettante.
Questa scusa è un gioco dell'autore perché contrasta col successivo passo (Le Metamorfosi IV 32):
"Ma Apollo, benché Greco della Ionia, avendo riguardo all'autore del milesio romanzo, dette il suo vaticinio in lingua latina" (9)
"Sed Apollo, quanquam Graecus et Ionicus, propter Milesiae conditorem sic Latina sorte respondit:
Apollo, il veridico, risponde in lingua latina per riguardo alla sostanza linguistica latina dell'opera, il cui titolo però, Metamorphoseon libri XI, mescola il latino "libri 11" con il greco "delle trasformazioni" (10). La forma milesia (11), l'andar per favole in stile greco, non ha importanza per il dio vaticinatore greco.
L'autore gioca tra le due lingue greco e latino, come nel titolo. Chiarisce che solo l'orientamento religioso mette ordine nelle trasformazioni.
L'orientamento religioso è ciò che abbiamo perduto nel passaggio dalla forma greca e latina metamorphosis a quella italiana metamorfosi.
Veniamo alla 'regola aurea di Apulejo', mago della parola:
"D'altronde senza dubbio proprio questa stessa certa precisa mutazione della voce risponde meglio alla scienza che va per salti che abbiamo scelto." (I, 1) (12)
Si può 'saltare' da una lingua all'altra traducendo secondo la vox (pronuncia) di 'metamorfosi', nel sinonimo 'trasformazioni'/e, componendo meta- ('che va oltre' , es. meta-linguaggio), -morfè ('forme'; di forme diverse, es. poli-morfo): 'che va oltre le forme'.
Oppure si può procedere per metonimia, (scambio di nome, meta -cambiamento- onoma - nome), cioè con quella figura retorica che consiste nel trasferire un termine dal concetto cui strettamente si riferisce ad un altro con cui si è in rapporto di reciproca dipendenza.
Is è la finale delle parole antiche non presente in quella moderna.
Corrisponde ad 'Is' di Isis e di ISH TAR, l'Essere (e non essere: TAR).
IS TAR è 'essere' + salto/non essere. Il non essere viene espresso nell'antica letteratura latina come l'interruzione del verso saturnio di Nevio, cioè come un' interruzione del flusso delle parole (13).
'Trasformazioni dell'Essere' si propone come la traduzione completa che dà a 'Le Metamorfosi' la dimensione divina che è nel pensiero dell'autore. Omettere l'Essere porta alla degradazione del significato religioso in una fantasticheria o in una favola moralistica.
A conferma: si legga il significato delle trasformazioni dell'Essere nel carnevale della processione dedicata ad Iside ("matrem siderum, parentem temporum, orbisque totius dominam blando mulcentes adfamine" XI 1), con tutti i figuranti (al XI 8) mascherati nelle forme più diverse. È lì che avviene il miracolo della ritrasformazione di Lucio da asino ad essere umano, dopo che la bestia, seguendo le indicazioni della dea, ha mangiato le rose da una corona offertagli dal sacerdote (14). In particolare si entri dentro (si 'intenda' (15)) nella frase che apre l'iniziazione ("Compiuto poi il sacrificio mattutino, trasse fuori dalla cella più segreta del tempio certi volumi che mostravano titoli in caratteri ignoti: alcuni di essi riportavano formule abbreviate di prescrizioni liturgiche, espresse mediante figure d'animali di ogni sorta [.] XI 22) e che si ricollega alla richiesta iniziale dell'opera (Ti divertirai, a patto che tu non disdegni di guardare con attenzione un papiro egiziano [.] dove uomini sono cambiati in altre figure, i quali con alterna vicenda ritorneranno nuovamente nelle forme primitive (I 1)).
Apulejo va letto come gnostico, cioè come un iniziato, uno che cerca oltre la forma apparente (Tertulliano, nel Liber de anima, si occupa del suo pensiero e sant'Ireneo, nel Contro le eresie, aveva già dato una traccia precisa della 'falsa gnosi'). Letto come influenzato dalla gnosi ed accettato come sacerdote di Iside, Apulejo ridà all'attenzione del lettore il filo religioso che collega le sue favole.
Facciamo un altro esempio, più semplice e linguisticamente radicale. La parola teleta, che Apulejo usa nell'opera sei volte, tutte nel XI libro (16), si traduce con 'iniziazione'. Non è passata nell'italiano (17). Ha in 'tele' la stessa fonìa (vocis immutatio, variazione di voce nella parola più complessa) di tele-fono, tele-visione, tele-fax, tele-ferica, tele-cinesi, tele-trasporto, tele-patia, tele-plastìa, tele-scopia, tele-radiografia, tele-fotografia, tele-scrivente, tele-selezione, tele-manipolatore, tele-gramma, tele-optilo (piumaggio di un uccello che vola) ecc., strumenti di collegamento a grande distanza attraverso l'aria mai conosciuti da Apulejo.
Il latino conosceva tellus, terra -considerata come corpo nello spazio (18), e l'arabo ha 'tell' per collinetta -, Tellumo, Tellumone -forza generatrice della terra personificata da una divinità mascolina-, telum, arma da getto [nell'aria] in genere, tela, tela, tessuto, Theletos (19), che richiama il teleta conservato nel tecnico marinaresco come 'rete'. Sono tutti termini che si collegano all'aria: te-le = TE EL 'entro in contatto con EL, EN LIL, dio dell'Aria.
Il greco ha tele, lontano, a distanza, che è originato da TE LE lettura di TE EL.
Telepinus, il dio ittita, sarà una nostra futura indagine.
Approfondiremo teleta sia come 'iniziazione' nel contesto delle Metamorfosi sia come TE LE TA = TE EL TA = TA (luogo) TE (di incontro) di EL.
L'inversione limitata LE > EL viene motivata dal 'peso' della sillaba oggetto di numerose rotazioni nelle diverse scritture del dio sovrano degli Accadi, EN LIL, dio dell'Aria.
EL ha anche scrittura IL: LIL è una sua rotazione di lettura, tolto EN, Signore. Il suo numero nella KA BA LA sumera è 50, conservato nella numerologia romana come L. Casa E di L(IL) è un'altra lettura di EL. LIL LA, 'profumo da fuori-porta', è un LIL va oltre la porta.
BAB IL, un nome di Babilonia, è da intendere porta di (EN L)IL, e non 'porta degli dèi, come è stato scritto. Ellash, nome dell'Ellade (Grecia), si legge da: EL ASH LA, EL l'Uno all'origine che va oltre.
Qui ci basta di aver enunciato la regola aurea del mago della parola: per saltare da una lingua ad un'altra si badi alla sillabazione che isola la vocis immutatio (20), la mutazione (l'italiano immutato significa non mutato. In latino invece è mutazione. In un primo momento confonde) del suono che segnala il salto, la desultatio.
NOTE
(1) En ecce prefamur veniam, siquid exotici ac forensis sermonis locutor offendero. Iam haec equidem ipsa vocis immutatio desultoriae scientiae stilo quem accessimus respondet. Fabulam Graecanicam incipimus. Lector intende: laetaberis.
(2) Da
rifiutare la traduzione di Claudio
Annaratore: "Del resto, anche la varietà
del mio linguaggio corrisponde all'abilità
di passare da una storia all'altra, che è
propria dell'argomento da me trattato" a
p. 64, 65 edizione BUR. Il saltatore è
capace soprattutto di passare velocemente
da una lingua all'altra come mago della
parola. Da una favola all'altra passa
qualunque favolista medio.
(3) "Vocis",
Georges Calonghi ( Ferruccio CALONGHI,
Torino, Rosemberg & Seller , 1964, 3a
edizione del Georges-Calonghi).
(4) Il quale,
all'accusa rivoltagli: "accusiamo dinnanzi
a te un filosofo di bell'aspetto e sì in
greco, sì in latino -guarda che delitto-
facondissimo" (De magia IV), risponde:
"E affermo io stesso di essere
facondissimo" (De magia V); in
greco ed in latino, aggiungiamo noi.
(5) "Ogni atto
umano è preceduto dalla parola [.]
nell'uomo nulla tu osservi più presto
quand'egli tace, nulla più spesso
quand'egli parla" (De magia VII).
(6) "An ideo
magus, quin poeta?". Sono forse mago perché sono poeta? (De magia IX).
(7) "Oppure per
questo io sono da riprendere, per avere
inviato una polverina tratta da piante
arabiche a Calpurniano" [.]- (De magia
VI).
(8) De
civitate Dei, XVIII, 18: -Apuleius
in libris quos Asini aurei titulo
inscripsit.-.
(9)
APULEIO, Le metamorfosi o
l'asino d'oro, Milano, BUR, 1998, p.273.
(10) Come aveva
già fatto Ovidio prima di lui con i suoi
15 Metamorphoseon libri.
(11) La fabula Milesia, racconto di
trama erotica con sviluppi complessi e
avventurosi, conclusi da un lieto fine,
deriva il nome da Mileto, il centro
principale di quella cultura ionica
all'interno della quale si produsse la
novella milesia. "Storie milesie" era il
titolo di una raccolta messa in opera da
Aristide di Mileto intorno al 100 a.C.
Lucio Cornelio Sisenna la tradusse in
latino e secondo Plutarco (Crasso, 32) gli
ufficiali romani la portavano nel loro
bagaglio; questo ci dice della diffusione
del genere.
(12) En ecce
prefamur veniam, siquid exotici ac
forensis sermonis locutor offendero. Iam
haec equidem ipsa vocis immutatio
desultoriae scientiae stilo quem
accessimus respondet. Fabulam Graecanicam
incipimus. Lector intende:
laetaberis.
(13) Esempio di versi saturni
di Nevio:
inerant signa expressa, quomodo
Titani,
bicorpores Gigantes magnique
Atlantes,
Runcus atque Purpureus, filii Terras
Marino BARCHIESI, Nevio epico, 1962 Cedam, Padova, p.274.
dove si può
vedere l'interruzione del verso a SAG US,
inizio-interruzione-fine.
(14) L'etimologia
di rosa < rosa < RU SA, 'sacro
utero'.
(15) "Lector
intende: laetaberis" chiude il
capo 1 del libro I il genio: Lettore,
capisci bene: ti divertirai. E' l'invito
del mago della parola; non è il pour
parler di un novelliere. Leggi e capisci
andando oltre le apparenze. La gnosi basa
su quest'approccio ed è il movimento
culturale di moda nel II secolo. Il papa
Pio I (140-155) dovette affrontare la
diffusione delle dottrine gnostiche del
filosofo greco Valentino, dall'Egitto, che
morì nel 161, l'anno successivo alla
pubblicazione delle Metamorfosi.
L'eresiarca Marcione morì proprio in
quell'anno. Le idee montaniste, combattute
con minor vigore, venivano resistite da
papa Eleutero (175-189). Ireneo di Lione, Contra Haereses, Contro le eresie,
pagano convertito, fu attivo durante
questo papato. I commentatori dell'opera
di Apulejo devono aver seguito il canone:
letterati con letterati, religiosi con
religiosi. Erano contemporanei e si
influenzavano reciprocamente, almeno su
temi religiosi. Riconoscere le influenze
gnostiche nell'opera di Apulejo ridà unità
al suo lavoro e luce alla sua grandezza.
(16) Ai capi 22,
24, 26, 27, 29, 30.
(17) Zingarelli,
Vocabolario della lingua italiana,
Bologna, Zanichelli, 1998.
(18) "nec
circumfuso pendebat in aere tellus //
ponderibus librata suis" P. Ovidio N., Metamorphoseon libri, Liber primus, 12-13. Tr.:"in mezzo all'aria, libera dei
suoi pesi, non si librava la terra",
densior his tellus elementaque grandia
traxit // et pressa est gravitate sua,
29-30. Tr.: la terra, resa densa dai
massicci elementi assorbiti, // rimase
oppressa dal peso.
(19) Che vedremo
in altro articolo. Ireneo, vescovo di
Lione dal 178, 18 anni dopo la data
supposta per la pubblicazione de
Metamorfoseon libri XI, scrisse Contro
le eresie, dove (p. 53 ediz. Jaka Book) si
legge di Theletos-Sophia, gli eoni con
limite Horos. Per questo motivo
approfondiremo teleta, nonché il
successivo Liber de anima di
Tertulliano.
(20) Mentre
l'aggettivo italiano 'immutato' vale 'non
mutato' la parola latina 'immutatio'
ha il significato di 'mutatio',
cioè 'mutazione', 'cambiamento'. Come nel
sumero il significato latino di im non
cambia il seguito; ad es.:
im-ma-al: milk cow (cf.,
immal(2)),
particolarmente :
im-me: to be the
one for (ì +
me
+
a).
Pare che IM sia la tavoletta scrittoria
sulla quale si imprime il ME, il nome che
dà nome a tutti i nomi. Decisivo questo mi-ir: Emesal
dialect for Gíri,
'scorpion'.
me-re: Emesal
dialect for Gìri.
Ovvero:
mi-ir vale, nel dialetto Emesal, Giri, 'Scorpione'.
Me-re vale Giri, Scorpione, in dialetto
Emesal. L'identità come tra ciò che è nel
timbro e nella timbratura.
Ringrazio della collaborazione Bruna GRAZIANI, autrice di Una fiaba per il re in Cantastorie 3, Schio, stampa Safigraf, 2004, Paolo PERUCH, autore di Fierùn, Godega di S.U., grafiche De Bastiani, 2001, e di la bèla dei sète veli, Pasian di Prato, Campanotto editore, 2003 e Carlo FRISON per i suggerimenti sulla forma espositiva.
E' morto
nell'ultima decade del mese concluso
Giovanni Semerano, il mio linguista di
riferimento. Ho acquistato il suo
capolavoro (Le origini della cultura
europea) nel dicembre 1999 ed ho
ricevuto la sua prima lettera di
incoraggiamento nel Capodanno del 2000. Ha
fatto a tempo a pubblicare il suo ultimo
libro (La favola dell'indoeuropeo),
a 92 anni, dove conclude con una domanda:
- Canto per me solo?-.
No, Semerano.
Questo libro è già in ristampa. Quando un
genio canta l'accordo si fa. Basta
lasciare un po' di tempo ai timorosi.
Carlo Forin
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