Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Locke, Zamboni e le differenze nell'impostazione del problema dell'astrazione
Di Massimiliano Uberti - Maggio 2014
In questo breve contributo vorrei assumermi il compito di provare ad illustrare, pur fugacemente, le posizioni assunte in merito al problema teoretico dell'astrazione da parte di un pensatore moderno come Locke e di un autore primonovecentesco del calibro di Giuseppe Zamboni (1875-1950) le cui conclusioni filosofiche sono spesso inserite nell'ambito della Neoscolastica, ma che tuttavia non consentono di limitare la sua riflessione a quest'ultima.
I presupposti dai quali il filosofo veronese prese le mosse ai fini dell'elaborazione di una peculiare posizione gnoseologica furono distanti dallo studio e dall'analisi di Tommaso d'Aquino e della Scolastica in generale (le cui considerazioni, comunque, si preoccupò di rivitalizzare), pertanto essi possono perciò essere percepiti all'interno dell'attenzione che egli rivolse all'essere umano e alla sua vita psichica.
L'uomo è così uno straordinario laboratorio di sperimentazione psicologica, del quale peraltro secondo Zamboni è necessario comprendere appieno i meccanismi e le dinamiche che ne caratterizzano in maniera incisiva il processo cognitivo e fu proprio questo forte interesse nei riguardi della modalità del conoscere che lo condusse alle osservazioni sapientemente esposte nel suo Corso di gnoseologia pura elementare(1) circa il procedimento dell'astrazionedisindividuante.
Ora, per riuscire a comprendere appieno la portata ed il carattere innovativo della concezione zamboniana si rivela fondamentale per noi provare ad evidenziare un punto di vista divergente che possiamo individuare nella posizione assunta nello specifico da un eminente rappresentante dell'Empirismo come John Locke.
Quest'ultimo all'interno del Libro II del suo Saggio sull'intelletto umano(2) rivolge la sua attenzione proprio al processo dell'astrazione intendendolo agganciato al linguaggio, vediamo come, facendo direttamente riferimento alle parole dell'autore: “L'utilità delle parole consiste quindi nel significare esternamente le nostre interne idee […] prese dalle singole cose, se ogni singola idea che possediamo avesse un proprio nome distinto, i nomi dovrebbero essere infiniti...” , ed ancora, “ per evitare ciò, la mente tramuta in idee generali quelle stesse idee particolari ricevute dai singoli oggetti”(3). Così, è da tali parole che possiamo dedurre come, per Locke, l'astrazione altro non sia che un processo peculiare improntato sull'universalizzazione/generalizzazione ed è lo stesso filosofo inglese a chiarircelo: “ l'astrazione è l'atto con cui idee tratte dalle cose particolari vengono a rappresentare in generale tutte le idee dello stesso tipo, ed i loro nomi divengono pure generali, applicabili a tutto quanto esista di conforme a tali idee astratte”(4); per questa ragione diviene possibile comprendere, ad esempio, nell'idea di bianco (idea che grazie al processo intellettivo dell'astrazione viene ad assumere un tratto universale e generale) sia l'idea di neve, di latte, di formaggio, di gesso, ecc...
Ad ogni modo, nel Saggio sull'intelletto umano viene evidenziato, tuttavia, come codeste idee generali e universali siano del tutto prive di una loro sostanzialità, dato che il generale e l'universale non appartengono al mondo reale, ma sono esclusivamente frutto di un operazione compiuta dall'intelletto per sua utilità e fini propri.
Per correttezza espositiva dobbiamo, certamente, rammentare come pure Locke si prodighi nel successivo Libro III di delineare il modo in cui si vengano a formare i termini generali che determinano, del resto, la stessa generalità del linguaggio umano. E' vero, dunque, che alla base del carattere generale delle parole vi è il fatto che siano chiamate ad erigersi a segni di idee altrettanto generali e che queste, a loro volta, si costituiscano nel momento in cui da esse si separino l'idea di tempo e l'idea di spazio e tutto ciò che possa rischiare di far perdere loro l'universalità riconducendole a questa o quella esistenza particolare.
Al di là di quanto abbiamo voluto aggiungere, non viene comunque meno l'immagine lockiana dell'astrazione come di un processo di universalizzazione, idea peraltro molto comune alla stragrande maggioranza dei pensatori occidentali.
Il veronese Giuseppe Zamboni rappresenta, sicuramente, una significativa eccezione al panorama filosofico proprio in quest'ottica. La gnoseologia zamboniana si mostra, così, capace di esprimere una profonda critica al concetto lockiano di astrazione: a Locke viene sì riconosciuto il merito di occupare un ruolo preminente nella storia del pensiero, soprattutto per quanto concerne la sua teoria delle idee; tuttavia l'empirista, a giudizio dell'autore veronese commette un errore non indifferente, sarebbe a dire quello di sottovalutare la portata e la funzione che le idee (dal filosofo inglese definite semplici) ricoprono nella procedura di astrazione messa in atto dall'intelletto. In altre parole, Zamboni accusa Locke di “aver preso in considerazione nella formazione dei concetti di genere, soltanto le idee complesse formatesi (nella nostra mente) dalla riunione di più idee semplici attraverso una procedura compositiva operata dal nostro intelletto”(5), quindi, egli si è fatto ingannare ed intrappolare dalla sua stessa concezione di idea semplice.
Le idee semplici si costituiscono attraverso l'azione congiunta o separata delle loro due fonti principali quali sono la sensazione e la riflessione, di conseguenza vi sono idee semplici che s'instaurano nella nostra mente tramite un solo senso, altre che vi giungono tramite l'agire di più percezioni sensoriali, altre per mezzo della sola riflessione oppure attraverso un processo che vede coinvolte sensazione e riflessione insieme; per questo Locke reputa idee come il verde, il bianco, il dolce, l'amaro, il salato, il suono, e via dicendo alla stregua di idee semplici, ma che nonostante tutto non lo sono.
Per Zamboni, è l'intera distinzione fra idee semplici e complesse ad essere, a suo avviso, fuori luogo; infatti, ribadisce “il verde, il rosso, il giallo, ecc... non sono idee semplici, ma soltanto idee non composte di elementi distinti e indipendenti come quelle di uomo o di animale”(6).
Zamboni pertanto, a differenza di molti altri pensatori mostra l'intenzione di voler esplicitare una nuova concezione del processo astrattivo identificandolo prevalentemente con la disindividuazione, cioè con il coglimento del dato esperienziale nella sua essenzialità e separatamente dall'hic et nunc, dalle sue determinazioni spazio- temporali che pure contribuiscono a conferirgli un'esistenza concreta e attuale. D'altronde agli scettici sostenitori di una concezione universalistica del suddetto processo, il pensatore veronese risponde dimostrando come l'universalità non sia affatto alla base dell'astrattezza, ma anzi sia proprio l'astrattezza intesa come astrazione dall'individualità o dall'attualità e quindi disindividuazione ad essere causa prima dell'universalizzazione medesima.
L'universalizzazione è allora semplicemente il passaggio successivo che, per l'appunto, fa seguito alla vera astrazione, la quale è sempre disindividuante nel senso in cui l'abbiamo intesa con l'autore del Corso. La disindividuazione consente al Soggetto di cogliere appieno la quiddità, l'essenza considerandola a parte dalle determinazioni spazio-temporali che caratterizzano l'esistere.
Dunque se il concreto, il reale è dato dall'unione di essenza ed esistenza, ecco che la disindividuazione si prospetta, agli occhi di Zamboni come la soluzione gnoseologica ideale in grado di “salvaguardare” anche l'individualità stessa, la quale non viene meno, ma risulta preservata da un procedimento che si mostra capace di attestarne la presenza nel mondo esterno, nella natura e non soltanto a livello psichico.
Massimiliano Uberti
NOTE
1) Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Giuseppe Zamboni, Corso di gnoseologia pura elementare (parte prima, tomo secondo), Ferdinando Luigi Marcolungo (a cura di), Ed. Ipl, Milano 1990, pp. 6- 130.
2) Anche qui ai fini di ulteriori approfondimenti si rimanda a John Locke, Saggio sull'intelletto umano, Giancarlo Penati (a cura di), trad. it., Ed. La Scuola, Brescia 1995 (VIII Edizione).
3) Ivi, p. 99.
4) Ibidem.
5) Giuseppe Zamboni, Corso di gnoseologia pura elementare (parte prima, tomo secondo), op. cit., p. 18
6) Ivi, p. 19.
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