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Aletheia di Emanuela Trotta

Aletheia

di Emanuela Trotta - indice articoli


Il male di vivere

Maggio 2023


L'uomo è un animale sociale e in quanto tale ha bisogno di interagire e di trovare il proprio posto all'interno della comunità, quando non riesce ad instaurare legami significativi, entra in crisi, mettendo in discussione tutto il proprio mondo.
Nella sofferenza della solitudine si annulla e viene compromessa la comunicazione con il mondo esterno. Il singolo, in questo suo vagare in silenzio, crede che non ci siano più sguardi che lo facciano essere nel mondo e tra gli altri. Inconsciamente diventa prigioniero di sé stesso, avendo creato un muro di silenzio che non gli permette più di relazionarsi con tutto ciò che lo circonda. Questi segnali chiedono attenzione, ma per accogliere questa richiesta di aiuto bisogna avere occhi per osservare e per comprendere oltre l’evidenza.

I nostri sono i tempi delle relazioni liquide, dell’assenza di impegno e responsabilità, di una società pervasa da un individualismo sfrenato, dove vengono meno i valori della comunità. Una modernità che si regge sull’immagine, sull’apparenza, ma mancano basi affettive solide, dove tutto è destinato a dissolversi in fretta. Si costituisce una società fragile con una popolazione amorfa, emotiva, in cui gli individui sono più esposti al rischio della manipolazione. Le relazioni interpersonali e affettive registrano difficoltà, diventano fatica di vivere.

Il vero allarme non è nella solitudine di per sé, che è un’esperienza umana, ma nel come quell’esperienza viene percepita e supportata. La percezione di solitudine può generare odio e disapprovazione verso sé stessi, intrappolando la persona in un circolo vizioso di autodenigrazione, insicurezza, mancanza di autostima che inibiscono la persona dall’intraprendere attività sociali.

Confrontarsi con i propri limiti e i propri fallimenti, affrontare le proprie insicurezze, le proprie difficoltà può provocare sofferenza, richiede impegno, coraggio, e a volte si preferisce fuggire, isolarsi, evitando il confronto, tanto temuto. Il malessere ha sempre alla sua base l’evitamento, un’interruzione del contatto con la realtà.

Il disagio ha origine culturale, l’esistenza non appare priva di senso, perché costellata dalla sofferenza, ma al contrario appare insopportabile perché priva di senso.
La negatività del nichilismo è la percezione dell’insensatezza del proprio esistere, una cultura che anziché alimentare, ha spento i sogni dei giovani.
Noi siamo esseri relazionali che nascono e si sviluppano all’interno di relazioni significative. Spesso è la nostra storia di relazione che struttura in noi l’idea di essere soli, di non riuscire ad essere in contatto più profondo con gli altri. Rielaborare la nostra storia significa ripercorrerla, riuscendo a liberarci dalle catene emotive che ci legano al passato. Solo se so da dove vengo posso comprendere dove sono. Questa conoscenza è il primo passo per il cambiamento nella direzione desiderata. Più diventiamo consapevoli di noi stessi e più riusciamo ad accorgerci di ciò che accade nel qui ed ora della vita. Prima di riconnetterci agli altri è importante iniziare a prendersi cura di sé stessi. Per quanto possa sembrare paradossale, la nostra era della comunicazione è anche l’era della solitudine, che genera il male di vivere, il quotidiano malessere, il dolore intimo che si vive in silenzio, ma il dolore non è fine a sé stesso, è un mezzo che ci accompagna verso dimensioni dell’esistenza di cui si era inconsapevoli, ci guida verso un senso ancora più profondo delle cose. Il dolore scuote le nostre coscienze, è la ricerca di uno scopo, di un perché.

Il percorso che conduce alla scoperta del nostro personale scopo della vita non può che essere impegnativo e irto di ostacoli.

Oggi si è da soli e non più assieme agli altri; dentro una società caratterizzata dalla perdita di senso e di prospettive, senza più idee, progetti e utopie.
Una società frantumata rende più difficile la presa d’atto collettiva delle contraddizioni nelle quali si è intrappolati. Mentre ci dicono che finalmente siamo tutti liberi di scegliere ciò che siamo, saremo o potremmo essere, poche persone scelgono e decidono indipendentemente da noi. Non siamo più artefici, ma spettatori impotenti e spesso disinteressati. Solo ritornando assieme si può riconquistare la libertà personale, perché essa non può nascere e sostenersi se non in un progetto comune e condiviso.

Più a lungo trascuriamo la nostra responsabilità di prenderci cura l’uno dell’altro, più perderemo la capacità di fare queste cose, meno umana sarà la nostra società.

Empatia, sensibilità e presenza possono aiutare a riportare nel mondo anche un’anima smarrita. Molteplici richieste di aiuto silenziose chiedono ascolto, un ascolto urgente e doveroso a cui non ci si può sottrarre. Non ci si salva da soli, si ha bisogno dell’altro per sopravvivere. Solo la presenza autentica può dare un senso all’esistenza di chi la vita la vuole lasciare.

Emanuela Trotta


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