Riflessioni sull'Alchimia
di Elena Frasca Odorizzi indice articoli
«Adocentyn» la magica città utopica di Ermete Trismegisto
Gennaio 2014
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Note
NOTE
1) ILARIA BELTRAMME, La Società degli Eretici, Roma, Newton Compton, 2013. (Romanzo)
2) Il titolo originale del Picatrix è Gāyat-al-hakīm, lett. il Fine del Saggio, ed è attribuito a Abū- Maslama Muhammad ibn Ibrahim ibn 'Abd al-da'im al-Majrītī, oriundo di Cordova, morto nel 1007-8 d.C. In base alle fonti l'opera risulta tradotta “de arabico in hispanicum” nel 1256, sotto il regno di Alfonso X di Castiglia, detto il Savio. Nonostante la condanna della Chiesa troviamo il Picatrix nelle biblioteche dei più importanti studiosi del Rinascimento, da Pico della Mirandola e Marsilio Ficino a Enrico Cornelio Agrippa, ecc.
3) Traduzione tratta da due libri diversi: 1) Picatrix: Ghayat- al-hakim, "Il fine del saggio" dello Pseudo Maslama Al-Magriti, a cura di Paolo Aldo Rossi, Mimesis, Milano, 2000, p. 227, Libro IV, Paragrafo III; 2) FRANCES AMELIA YATES, Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica, traduzione di R. Pecchioli, Roma-Bari, Laterza, 1969, p. 80-87.
4) Testo Latino tratto da: Picatrix: The Latin Version of the Ghayat Al-Hakim, edited by David Pingree, University of London, Warburg Institute, printed in England, w. s. Maney and Son Limited, Leeds, 1986, http://warburg.sas.ac.uk/pdf/fbh295b2205454.pdf
5) ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, a cura di Angelo Tonelli, Milano, BUR, 2004, pp. 126-139.
6) Nel Picatrix si afferma che il Potere dei Talismani è simile a quello della Pietra Filosofale, dell’Elisir, che domina la materia e la altera trasmutandola in un altra materia più pura. La similitudine si baserebbe sul fatto che le Immagini Talismaniche fanno ciò per mezzo della «violenza», cioè vengono costruite secondo il momento “astronomicamente opportuno”, usando specifiche erbe, pietre, incensi, ecc, che obbligano gli spiriti vitali delle relative divinità astrali a entrare in relazione di simpatia con questi “Corpi” nei quali vengono attratti e restano imprigionati.
7) La Tradizione Medievale, attraverso la famosa Tavola di Smeraldo, ci fa sapere che Ermete era chiamato Tre Volte Grandissimo (Trismegisto), perché governava sulle tre parti della Saggezza e delle Leggi del mondo.
8) I Miti che raccontano le imprese di Thot, lo descrivono come un Dio esperto in Astronomia, Mago e Medico per eccellenza. Era infatti chiamato: «il Contatore delle Stelle», «il Numeratore della Terra», «Dio degli Scribi e della Scrittura geroglifica» (cioè del segno evocativo, dell'immagine concettuale) e «Signore delle Parole Divine», cioè delle Parole di Potere con cui è possibile dar forma e potenza al pensiero. ADA RUSSO PAVAN, Iniziazione ai Culti Egizi, divinità, Simboli, rituali, magia, amuleti, invocazioni, Roma, Mediterranee, 2000.
9) Thot a Eliopoli faceva invece parte della Piccola Enneade (a volte della Grande Enneade) aiutando Osiride nel giudizio dei Defunti nell'Aldilà. Osiride viene spesso associato dagli Esoteristi al Sole Nero, al Sole dell'Oltretomba, ma questo è sbagliato perché Osiride, il Sempreverde, in realtà è il Dio della Vegetazione, è legato al Sole perché è il Seme che muore e risorge seguendo i Cicli delle Stagioni. Thot «fa le veci del Sole di Notte», quando Ra, il vero Dio Solare, viaggia nell'oltretomba per riemergere al mattino.
10) FRANCES AMELIA YATES, Giordano Bruno e la Tradizione Ermetica, op. cit., p. 84 e pp. 80-87.
11) ELENA FRASCA ODORIZZI, Rasnal Truth. Un Gioco Archetipico di Ispirazione Etrusca, ilmiolibro.it, Roma, 2013, pp. 25-46, (L'Etrusca Disciplina e il Templum Etrusco).
12) Vedi i Popoli di Epoca Megalitica, Mesopotamici, Egizi, Etruschi, Romani, Maya, Aztechi, ecc.
13) «Magicam operari aliud non est quam maritare mundum» (la Magia non è altro che operare un Matrimonio Cosmico) dice il Pico nella sua famosissima XIII Conclusione Magica, ribadendo poi nell'Apologia "il Ministro" di questo Matrimonio tra Terra e Cielo è il Mago che opera "actuando vel uniendo virtutes naturales" (mettendo in pratica e unendo virtù naturali), cioè mettendo in pratica l'Opera Demiurgica che il Pimandro affida al Trismegisto dopo overlo istruito sul Senso e la Natura del Tutto.
14) Il numero 23 è costitutio dalle cifre 2 e 3, che per i Pitagorici rappresentavano i principi costitutivi dell'Unità primordiale e divina del nostro Mondo. Sommando il 2 (il primo dei numeri pari) e il 3 (il primo dei numeri dispari) otteniamo infatti una ierogamia aritmetica che si manifesta nel sacro numero 5, chiamato «assenza di contesa» in quanto espressione matematica della Dea Armonia. Su Adocentyn brilla dunque una Stella che riversa sulla Città la sua capacità di armonizzare gli opposti.
15) Il Cosmo Filosofico Ellenistico è la rielaborazione finale di tutte le conoscenze magico-misteriche del mondo egizio-mesopotamico, filtrate dalla Cultura Greca. I nomi dei 7 Pianeti, così come li conosciamo, sono la traslitterazione Latina dei nomi degli Dèi Greci.
16) Se corrispondesse all'omonima costellazione del Cane Maggiore spiegherebbe l'elemento Acqua. La "canìcola" rappresenta infatti il periodo di caldo afoso e opprimente delle ore centrali della giornata, caratterizzato da alti valori di temperatura e umidità e assenza di vento. Il nome deriva dal latino Canicula ("piccolo cane"), ovvero la stella più luminosa (Sirio) della costellazione del Canis Maior, che sorge e tramonta con il Sole (levata eliaca) dal 24 luglio al 26 agosto (il periodo appunto della "canìcola"). Il nome della costellazione deriva probabilmente dagli antichi Egizi, in quanto avvertiva (come un cane vigile) l'arrivo del periodo delle inondazioni del Nilo.
17) Se il Cane si riferisse alla Stella Sothis, e quindi a Iside, avremmo il nostro “Angelo”.
18) Un altro altro Culto Misterico, di natura sincretistica, nel quale sono utilizzate Parole di Passo per accedere a Mondi Superiori attraverso una Via Planetaria è il Culto di Mithra. Questa concezione confluì poi, in modo confuso, nello Gnosticismo.
19) GIAMBLICO, I Misteri dell’Egitto, Como, Red Edizioni, 1999.
20) La traduzione latina dell'Asclepius viene fatta risalire al IV sec. d.C., in quanto viene usata da S. Agostino e non da Lattanzio, che lavora ancora direttamente sull'originale greco. Ritroviamo l'Asclepius nel Corpus Hermeticum raccolto e collezionato intorno al 1050 circa, dallo studioso bizantino Michele Psello il quale rimosse probabilmente elementi strettamente magici e alchemici, rendendo il Corpus più accettabile per la Chiesa Cristiana Ortodossa.
21) Questa sorta di Albero Cosmico che produce ogni genere di frutto, quasi custodisse il DNA di ogni pianta, ricorda gli Alberi Alchemici sui quale sono presenti i simboli dei 7 Pianeti e dei 7 Metalli. Quella dell'Albero è infatti una immagine ricorrente nell'Alchimia, anche semplicemente per indicare l'Opera della Natura, rispetto all'Opera Artificiale o Imitativa dell'Essere Umano.
22) Ficino, nel suo Argumentum preposto al Pimander, lo interpreta similmente. Rifacendosi a Cicerone scrisse anche che Ermete “dette leggi e lettere agli Egizi” e fondò la città di Ermopoli.
23) MICHELE PSELLO, Oracoli Caldaici, con appendici su Proclo e Michele Italo, a cura di Silvia Lanzi,I Cabiri, Milano, Mimesis, 2001, fr.153.
24) Anche Ermete, in uno dei suoi libri dice che «se onorerai ciascun Decano con la propria Pietra, la propria Pianta e la relativa Immagine, tu possiederai un potente Talismano. Poiché niente accade senza il volere dei Decani, dato che in esso il Tutto si compie».
25) ERMETE TRISMEGISTO, Corpo Ermetico e Asclepio, a cura di Bianca Maria Tordini Portogalli, Milano, SE, 1997, pp. 134-138.
26) Soprattutto il Dio mesopotamico Sin, che è una divinità Maschile e Lunare come il dio Thot.
27) Vedi Manuale di Storia della Filosofia Medievale, Cultura Harranica, http://www.unisi.it/ricerca/prog/fil-med-online/temi/htm/harran.htm, JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, Roma, Mediterrane, 1984, p. 182 ; ARISLEO, La turba dei filosofi seguita dal discorso di un anonimo sulla turba, Biblioteca Ermetica , Roma, Mediterranee, 2002, p. 15, Introduzione e Commento di Paolo Lucarelli. Cfr. anche MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, Roma, Carocci, 2001, pp. 79-80.
28) LIBANIO DI ANTIOCHIA, In Difesa dei Templi.
29) « Il Serapeo, il cui splendore è tale che le semplici parole possono solamente sminuirlo, è talmente ornato di grandi sale colonnate, di statue che sembrano vive e tanta moltitudine di altre opere, che niente altro, eccetto il Campidoglio, simbolo dell'eternità della venerabile Roma, può essere considerato più fastoso al mondo.» AMMIANO MARCELLINO, Res Gestae, XXII, 16.
30) Dalla struttura diroccata di questa Torre, secondo alcuni studiosi deriverebbe l'immagine iconografica del Tarocco della Torre. Allo stesso modo i due Pilastri dell'Arcano della Luna sarebbero un richiamo ai Pilastri della Conoscenza della città di Edessa, l'antica Ur, ricostruiti nel I secolo sul luogo dove la leggenda riferisce che Nimrod, il costruttore della città di Babele (e per la Bibbia della sua famosa Torre), avesse innalzato due pilastri contenenti la sintesi di tutta la scienza dei cieli di prima del diluvio (così come riportato anche da Giuseppe Flavio). Pilastri che ricordano i due pilastri posti di fronte al tempio di Gerusalemme, compresi i Dadofori del Tempio di Mithra, passati poi nei Templi Massonici.
31) A questo proposito è necessario aprire una parantesi sulla tanto famosa Torre degli Yazidi, facente parte delle «Sette Torri di Satana» citate da Guenon. Che nel Mondo ci siano persone che non vogliono certo il benessere e il progresso dell'Umanità, siamo tutti d'accordo, ma attaccare etichette a un popolo e perpetrare razzismo, ignoranza e violenza, è un'altra cosa. Gli Yaziti discendono degli Assiri, il loro Santuario si trova sul Monte Lalish dove un tempo si trovava la città di Ninive. Nella loro religione sono confluiti, nel tempo, elementi di giudaismo cabalistico, zoroastrismo e misticismo islamico, ma ovviamente il substrato è di origine Caldea. Se esiste una fantomatica Torre degli Yaziti questa trae evidentemente origine dalle Torri Astronomiche mesopotamiche, senza contare che il Pavone, l'animale con cui si manifesta “l'angelo caduto” degli Yaziti, per gli Ermetisti è uno dei simboli alchemici della Grande Opera che si manifesta attraverso la ruota dei 7 colori dei Pianeti.
32) Tutte queste notizie su Harran provengono dal'l'unico studio pubblicato sull'argomento The ancient observatory of Eski Sumatar, di Theodor Hary, citato in rete su http://mystero.forumcommunity.net/?t=51178992 - http://unchartedruins.blogspot.it/2012/07/harran-of-sabians.html - http://unchartedruins.blogspot.it/2012/08/the-hall-of-records-temple-of-seven.html . Su questi siti è possibile vedere anche numerose e splendide foto di Harran e Eski Soğmatar.
33) Cosimo I dè Medici nel 1564 fece costruire, ex novo, una città fortificata che chiamò «Terra del Sole». Questa doveva assolvere a funzioni amministrative, giudiziarie, militari, religiose e commerciali ai confini con la Romagna, oltre a rafforzare l'identificazione tra la figura di Cosimo e il Sole, simbolo di quell'Ordine e di quella Razionalità che il Duca voleva incarnare.
34) ANNA MARIA PARTINI, Magia astrologica: da Ermete a Cecco D'Ascoli e da Cecco D'Ascoli a Campanella.
35) Va notato come anche la Tomba di Rosenkreutz, descritta nella Fama Fraternitas, sia stata costruita astronomicamente come Adocentyn, per rappresentare una immagine dell'Universo. «La mattina seguente aprimmo la porta e vedemmo un sepolcro con sette lati e sette angoli; ogni lato era lungo un metro e mezzo e alto due metri e mezzo circa. Sebbene la luce del sole non vi fosse mai penetrata, la cappella era illuminata da un Sole artificiale, che pareva aver imparato dall'astro il segreto dell'illuminazione ed era sospeso in alto al centro della volta. Nel mezzo, invece di una pietra tombale, vi era un altare rotondo, ricoperto da una lastra di ottone su cui era inciso: «A.C.R.C. Hoc universi compendium unius mihi sepulcrum feci» [«Feci questo compendio dell'universo durante la mia vita perché costituisse la mia tomba»]. Intorno al primo cerchio, o bordo, vi era: «Iesus mihi omnia» [«Gesù, tutto per me»]. Al centro vi erano quattro figure, inscritte in cerchi, ciascuna circondata da uno dei seguenti motti [...]. Questa cappella la dividemmo in tre parti: la volta o soffitto, le pareti o lati, il pavimento o suolo.»
36) CLAUDIO STROPPA, Jan Amos Comenius e il Sogno Urbano, Milano, Franco Angeli Editore, 2007.
37) JEAN SERVIER, Storia dell'Utopia. Il Sogno dell'Occidente da Platone ad Aldous Huxley, Roma, Edizioni Mediterranee, 2002 (1a ed. 1967).
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