Spiritualità del Mondo
Massoneria teosofica. Simbolismo, Sacralità, Esoterismo, Reminiscenza, Profanità.
di Vincenzo Tartaglia indice articoli
Massoneria agonizzante, tra Iniziazione e ignoranza
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- Aprile 2016
Se un Maestro fosse convinto della spiritualità e divinità della natura umana, si preoccuperebbe di curare anzitutto questa sua immagine celeste. La manifesterebbe tramite virtuosi comportamenti, eloquenti silenzi; mostrerebbe indifferenza verso la vanità e l’ambizione che spadroneggiano tra i profani, ostacolando la loro evoluzione spirituale. Vanità ed ambizione non dovrebbero peraltro condizionare il pensare e la condotta di un autentico Maestro che ha, seppur ritualmente, sperimentato l’evento della morte-risurrezione!
La simbologia legata all’Elevazione al 3° Grado offre in effetti, al Maestro spirituale ed intuitivo, la possibilità di vivere e pregustare idealmente l’esistenza incorporea che ci attende nell’aldilà. Tramite questa Elevazione è infatti offerta la visione di ciò che realmente occorre all’anima, per raggiungere l’immortalità: le occorre l’essenziale, non l’illusorio; l’eterno, non il temporaneo.
Dall’Elevazione al Terzo Grado, l’intuitivo Maestro deduce la necessità del morire.
Le immagini simboliche gli rivelano le condizioni che l’anima sperimenta quando, passata alla morte e separata ormai dal corpo, ritrova nell’oltretomba la sua divina natura, o meglio gli antenati: gli Spiriti, i quali la guideranno verso il Sole dell’Eternità, Grande Architetto. Il rapporto con gli Spiriti, suoi Istruttori, predispone l’anima del defunto a ricevere nella maniera più diretta, più vera ed efficace la Luce ed il Fuoco dell’Iniziazione, la quale accusa invece sulla Terra l’avversa presenza della materia.
Al Maestro non deve sfuggire l’arcano rapporto dell’esistenza terrena con la morte (e della Terra con l’ultraterreno): si tratta, per noi mortali, di presentarci nell’oltretomba il meno possibile “terrosi”, ma il più possibile purificati. La purificazione è subordinata alla capacità che l’anima (temporaneamente incorporata) ha, già durante il passaggio quaggiù, di resistere agli abbagli della falsa luce (materialità) e di agire conformandosi invece alla vera Luce (Spirito). Il contenuto simbolico dell’Elevazione al 3° Grado e dei Lavori nella corrispondente Camera (improntati alla spiritualità), appunto svela l’illusorietà e l’inutilità delle glorie e dei beni terreni, effimeri quanto il nostro pianeta è esso stesso ingannevole nella sua fisicità.
La forza espressiva del Simbolismo raggiunge il Maestro, se spiritualmente dotato; agisce in lui; lo pervade. Tale condizione rafforza in lui la necessità di tenersi, sulla Terra, il più possibile al riparo da ciò che non ha futuro e allontana dall’immortalità.
Un Maestro dovrebbe quindi condurre la vita spiritualmente, pensando all’oltretomba: lì, viene respinto ciò che nell’uomo è effimero e materiale; è invece accettata l’entità spirituale-animica, affine a quell’immateriale mondo. Del resto proprio nei momenti in cui ritrova la sua vera entità e si distacca dalle cose illusorie, l’individuo spirituale riesce sulla Terra ad assaporare una relativa felicità, nell’attesa di poter gustare una pace indicibilmente più intensa nell’aldilà.
L’Elevazione al 3° Grado offre ai Fratelli questa sintetica visione: il Compagno (l’anima) deve morire nel corpo (Apprendista), per avere più vita nello Spirito (Maestro). Significa che per avvicinarsi al mondo spirituale, attraverso il quale si perviene all’immortalità, l’anima deve perdere materialità e sfuggire alle leggi che governano questo mondo terreno. Similmente il Compagno deve staccarsi dal mondo degli Apprendisti per meritare il 3° Grado e poter, esclusivamente con i Maestri lavorare, con profitto, nella loro Camera simbolicamente pervasa di Luce e vitalizzata dal Fuoco d’Amore.
Percorrendo il cammino iniziatico, il Compagno sperimenta quella condizione di libertà determinata dall’espandersi della coscienza (Compasso che si slarga). Attraverso tale espansione, l’anima eletta conquista l’Eternità: lo splendente Oriente del Tempio. Questo splendore è in effetti molto significativo. Dice che nel mondo spirituale saremo entità ad immagine della Luce, Essenze prive di corpo e di esteriorità: perché non smorzare già sulla Terra, per quanto possibile, la brama delle cose materiali e la vanità?
Una tornata nella Camera di Maestro sarebbe inutile, se i Lavori offrissero spunti che ricordano piuttosto la Camera di Apprendista! Se è del resto opportuno e doveroso non parlare da Maestro, tra gli Apprendisti, dobbiamo pur riconoscere che non è certamente elevante, costruttivo e spiritualizzante parlare da Apprendista tra Maestri, nella Camera di Maestro: sappiamo infatti che i Lavori nel Terzo Grado ripropongono, ritualmente, le condizioni di vita che lo Spirito umano sperimenta nel suo mondo, il quale è addirittura capovolto (a 180°) rispetto al mondo fisico rievocato dalla Camera di Apprendista!
Se i Maestri fossero dunque gli Iniziati che dovrebbero essere, al termine di ogni tornata nel 3° Grado si sentirebbero realmente trasformati, spiritualizzati; elevati nella coscienza; più convinti, circa la realtà dell’oltretomba e dell’Iniziazione.
Sappiamo peraltro che sin dall’Antichità è stato agli Iniziati concesso il privilegio di sperimentare, consapevolmente e realmente, l’evento della morte-risurrezione. Ciò al fine di ricordarlo e parlarne, ma velatamente, una volta tornati dall’oltretomba; inoltre per beneficiare gli “eletti” individui, loro affini, dotati della capacità simbolica. E’ infatti grazie a questa capacità che l’eletto Fratello coglie a sua volta qua e là, ancora oggigiorno, l’elevante senso delle iniziatiche “parole velate”, potendo così penetrare negli arcani dell’eterna Scienza Muratoria in esse custodita e nascosta.
Se dunque l’Iniziazione massonica non avesse smarrito la sua efficacia, indubbiamente la divina Scienza Muratoria ancora illuminerebbe un Maestro Libero Muratore; lo rafforzerebbe nella virtù: illuminato e guidato dall’interno, egli potrebbe condurre una vita esemplare. Mostrerebbe allora di poter senza pena rinunciare alle cose illusorie, ai vili metalli; concentrerebbe la sua esistenza sui “metalli nobili” e duraturi: l’Argento e l’Oro invisibili, immateriali, i quali rappresentano gli eterni beni che chiamiamo Anima (Argento) e Spirito (Oro).
Allora tu, Maestro Venerabile, sei davvero attratto e guidato dall’Eterno? Oppure con facilità ancora scivoli verso le illusioni, il superfluo, il temporaneo? Sei insomma degno di rappresentare per i Fratelli un modello, un sole spirituale a cui possano essi volgere con ottimismo lo sguardo dell’anima?
Per quanto vaste e profonde e dettagliate siano le profane conoscenze acquisite, un Maestro non illuminato ha invero ben poco da svelare e mostrare: il Fuoco e la Luce non hanno in effetti trasformato i suoi pensieri, in ideali; non raggiungendo il suo Cuore, neppure hanno purificato i suoi sentimenti e le inclinazioni. E’ quel falso Maestro davvero predisposto ad operare per il comune bene, sacrificando con gioia il proprio?
Dalla bocca di un Maestro iniziato, la parola “Fuoco” (Amore) non è pronunciata con distacco e superficialità, nell’ignoranza. E’ emessa dall’entità spirituale-animica: quindi proviene dalla più profonda interiorità umana, e risuona come una rivelazione. Quella parola porta infatti in sé una semenza molto antica, incorporea, duratura ed inalterabile; evoca qualcosa di cosmico, una Forza immateriale ma altrettanto vivente, che raggiunge i Fratelli predisposti a riceverla. Sicché la parola “Fuoco” non è soltanto un suono, se pronunciata con intenzioni spirituali: essa ha potere, ed in un certo senso è magica!
La parola “Luce” (Sapienza) non ha invero altrettanta Forza: del resto il solo ONNIPOTENTE è l’AMORE, esattamente il FUOCO che dà vita alla Luce. Se pensiamo al SUPREMO ESSERE, dobbiamo quindi rappresentarceLO come AMORE Infinito, Onniforme: ad una sola Scintilla di questo divino FUOCO inesauribile, debbono l’esistenza tutti gli esseri “solari” e tutti gli esseri possibili, nella DURATA illimitata (COSTRUZIONE; VITA)!
…vi è assai dell’assurdo, in quanto appena detto! Ma a DIO soltanto l’assurdo si addice, pienamente: ossia l’eternamente Indeterminato, Incognoscibile, Onniforme, Onnicomprensivo, Onnipervadente… Simili magnifiche espressioni che sembrano sorvolarci, sono sintetizzate in un unico simbolo eccelso: l’assoluta TENEBRA. Questo divino FUOCO, sempre oscuro, è rievocato dal massonico “testimone” indiviso e indifferenziato, nel quale è configurata la più pura, fedele e perfetta Entità Cosmica. Questa è la sola in grado di rivelare gli aspetti nel contempo più veritieri e più occulti di DIO, Il Quale rimane tuttavia infinitamente Oscuro, Irraggiungibile, Inesprimibile, Innominabile!
Sappiamo che il “testimone” è una candelina quasi invisibile, quasi nascosta, assai insignificante: per mezzo di essa il Maestro delle Cerimonie distribuisce idealmente il Fuoco e la Luce. Orbene la condizione cosmica più elevata e misteriosa che lo spirito di un Libero Muratore possa esplorare coscientemente, credo coincida con quella in cui il Maestro delle Cerimonie è, ritualmente (come “figura” simbolica), ancora indifferenziato, omogeneo, indiviso. E’ la condizione che precede l’Apertura dei Lavori e segue la Chiusura (meglio direi la Sospensione): oltre questo stato è l’Altissimo DIO, TENEBRA assoluta.
Tornando a questo punto idealmente nel Tempio, cerchiamo allora di cogliere la sacralità del momento in cui il M.d.C. si appropria visibilmente del testimone! …Immaginiamo quanto dissacranti siano i sospiri…parlottii…commenti dei Fratelli, da una parte, la distrazione e l’insufficienza rituale dello stesso M.d.C. dall’altra!
Al risplendere del testimone nella mano del Venerabile, che lo riceve dal Maestro delle Cerimonie, dobbiamo associare la prima manifestazione del FUOCO e della LUCE: in altri termini, il primordiale sfolgorare del Grande Architetto nell’oscuro SPAZIO.
…la commozione divampa nelle anime elette…; le solleva…; le porta oltre i confini della Terra, e della coscienza umana…
Sia il FUOCO, per te, Fratello Maestro, l’unico vero PADRE; lo SPIRITO; la sola REALTA’; l’incorruttibile UNO; l’ONNIPOTENZA: sia l’AMORE divino, che soccorre e conduce gli esseri lungo l’Infinito CAMMINO…
Non è pensabile, che per un solo istante il FUOCO privi l’eletto Fratello della sua assistenza e della guida! Gli parla anzi interiormente, senza voce:
“Pur nella mia ONNIPOTENZA, nulla sarei senza l’umile Scintilla…E questo è per te un mistero, anima mia, mia Scintilla, desiderio del mio AMORE Infinito!”
… DIO mostra il Suo Amore tramite l’umiltà!
... Immaginiamo un fuoco senza limiti, che implora l’amore di una scintilla…
Vincenzo Tartaglia
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