Riflessioni sulla Mente
di Luciano Peccarisi - indice articoli
La mente e il tempo dentro di noi
Settembre 2010
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Esperienza di “ora”
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L'uomo dall'eterno presente
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A che serve il tempo
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Collocati nel mondo
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Un tempo sta dentro e un tempo sta fuori di noi. Il nostro tempo non è il senso che ne abbiamo e nemmeno quello che misuriamo. Ci troviamo nel punto di congiunzione tra il fenomeno interiore e il tempo cosmico. Il tempo serve a rendere presente questo momento, 'noi e il mondo'. Ci sembra di vivere sempre 'ora', e poter riferire le cose, a un prima e a un dopo. Serve a darci una direzione e una proiezione, uno scopo e una speranza. Il tempo è nella mente, il tempo siamo noi.
Esperienza di “ora”
Possiamo organizzare il flusso di idee e di pensieri in un singolo momento psicologico, unificato e coerente. Possiamo selezionare gli eventi del mondo fisico e raffigurarceli come contemporanei, ordinati, fluenti in una direzione, come una collana mentale di perle. Ogni presente sembra costituito da una percezione istantanea, 'impressione originaria', accompagnata da una 'ritenzione' dell'oggetto appena scomparso e da una 'protensione' rivolta al futuro. La durata dei fenomeni è percepita ed esperita direttamente, come un intero. Una nota sbagliata in una musica desta sorpresa, perché non in linea con le aspettative. Se non si completa una frase, si prova un senso di incompletezza, perché la coscienza comporta anticipazione. Non esiste esperienza diretta di ciò che non è ancora accaduto, tuttavia ricordi e percezioni dell'istante sono rivolti in avanti, “la direzione fondamentale di tutta la coscienza” disse Husserl, “ è rivolta al futuro” (1). “Aria e terra costituiscono un formicaio” scrive Musil, “treni, aerei, catene di auto sfrecciano orizzontalmente, ascensori velocissimi pompano in senso verticale masse di uomini dall'uno all'altro piano (…) negli intervalli di congiunzione, si salta dall'uno all'altro (...) la gente riesce appena a scambiare in fretta due parole ...domande e risposte ingranano come pezzi di una macchina ...si mangia mentre si è in movimento (2). Ma per alcuni organismi che vivono solo poche ore o per certe tartarughe che vivono secoli, che potrà mai essere il tempo? L’organismo possiede orologi biologici, come il ritmo sonno-veglia, ritmi circadiani, stagionali, annuali. Abbiamo sensori per il tatto, la luce, le onde sonore e per le molecole sciolte nell'aria, ma siamo sforniti d'organi per la percezione cosciente del tempo. Il tempo lega e incolla il mondo; ed è come se fosse sottinteso dall'organismo; “in un certo senso, il tempo è il materiale di cui un soggetto è costituito” (3). E’ probabile che ogni cellula abbia un suo 'orologio' (metronomo) sincronizzato con quello di tutte le altre (4). Alla coscienza il senso del tempo descrive una realtà scandita. E’come se ci camminassimo e la percorressimo, incontrando una serie di avvenimenti, superando una successione di fatti singoli. Le sequenze della vita che si susseguono ci fanno sentire distesi, spalmati nel tempo. Siamo fatti di tempo; senza tempo non ci può apparire un mondo, che sembra invece tutto intero ora, e l'esperienza tutta in questo momento.L'universo invece non ha nessuna ora e nemmeno un qui. Stephen Hawking, l'astrofisico più famoso del mondo, nel suo recente The Grand Design, afferma che il tempo cosmico è nato dal nulla. Noi abbiamo fatto nascere il tempo misurabile: alle ore 10 del mattino del 1 luglio 1913, la torre Eiffel inviò il primo segnale orario trasmesso al mondo (5).
L'uomo dall'eterno presente
David entra nello studio del dottore; si salutano, come vecchi amici. Si siedono e bevono il caffè, tutto naturale, chi osservasse dietro un vetro non rileverebbe niente d’insolito. Ma David vive solo nell'immediato presente. Chi sono io? Chiede il dottore; un amico, risponde garbatamente; sì, ma come mi chiamo? ...a quel punto David spara: il cugino George McKenzi! David in realtà non sa chi ha di fronte, che fa, se l’ha già visto, non sa il nome di chi l'ha in cura da vent'anni. Non sa neppure che ore sono, il giorno, il mese, la città, il luogo dove si trova in quel momento. Lontano da dettagli relativi a persone, eventi, tempi, e se il contenuto è generico David però se la cava. Sceglie bene le parole, la prosodia è adeguata alla situazione e al momento. E' attento e può giocare persino a dama; cerca la sedia per sedersi e il cibo per nutrirsi. L'espressione del volto, i gesti delle mani e delle braccia e la postura, quando si rilassa sedendosi, sono esattamente quelli che ci si aspetterebbe in tale situazione. Il tempo a disposizione per fare un pensiero e per ricordare tuttavia è limitato a meno di un minuto. I fatti particolari appresi fino all'età di quarantasei anni (quando un'encefalite gli distrusse entrambi i lobi temporali) li ha persi tutti, ed è incapace di imparare fatti nuovi. Continua a possedere un senso di sé e una coscienza, un flusso d’immagini e di pensieri. Che si mantengono però sulle generali e senza contenuti specifici, ciò provoca una mancanza di conoscenza della provenienza del significato o del sentimento associato a quell'evento. Ogni evento è senza passato e senza futuro. Egli ha un senso normale solo nell'ambito del qui e ora; è capace ad esempio di svolgere un compito che richieda di considerare insieme il colore, la forma e le dimensioni di un oggetto. Manca, però della coscienza estesa e integrata e non può programmare alcunché, poiché ciò richiede la manipolazione intelligente d’immagini specifiche del passato. La memoria fornisce il quadro della nostra intera vita, nel cui interno le nostre esperienze hanno un senso. Situazioni ed eventi passati, continuamente e senza sforzo, consapevolmente o inconsapevolmente, danno un senso a ciò che siamo e a ciò che esperiamo in ogni momento attuale. David ha perso la memoria, ha perso il senso del tempo e quindi ha perso anche se stesso (6).
A che serve il tempo
Nel mondo esterno non esiste qualcosa come il concetto di ora. Ma a noi serve. Serve a farci percepire gli oggetti temporalmente estesi, e non solo nello spazio.Serve a organizzarci la vita, perciò l'evoluzione l'ha inventato. Serve per organizzare il mondo intorno ad un orario: l'orario è ora, questo momento. Senza orologi e su di un'isola deserta, non sapremmo mai l'ora, ma saremmo sempre coscienti di questo tempo: “ora”. Questo senso di presenza è una finestra virtuale implementata nei cervelli, senza che la si possa riconoscere. A che serve saperlo? E' vantaggioso per creature come noi. E’ utile per gestire il presente, i suoi pericoli e le sue opportunità, le imprevedibilità dell'ambiente; a stare in immediato contatto con la mutevole e cangiante realtà. Dobbiamo regolare e selezionare le nostre armi migliori e metterle a disposizione al momento giusto: la vista, l'udito, il tatto, il gusto, il ricordo, la percezione, l'attenzione, per un’interazione perfetta. Per mettere a punto i piani d'azione verso le insidie e i piaceri presenti in ciò che ci circonda. I nostri antenati che non lo fecero bene furono sostituiti da altri che lo fecero meglio. Dobbiamo distribuire nel tempo gli eventi, l'inizio e la fine, marcarli come cause ed effetti. Non potremmo farlo se non attorno, tutti quanti sincronizzati, simultaneamente, a un punto interno di riferimento, l''adesso'. Serve perciò a creare una prospettiva individuale. Prospettiva che all'albero di ulivo del giardino non serve, perciò è congelato in un eterno presente. Tutti noi, invece, in questo momento stiamo facendo esperienza dei nostri pensieri, sentimenti, percezioni, stimolazioni, che trovano spazio e posto in quest’attuale istante vissuto. Il cervello è stato capace di farci apparire un mondo ma a che ora? doveva mettere un orario e allora ce lo fa percepire ora. Abbiamo bisogno “di questo senso temporale di presenza”(7).
Collocati nel mondo
Se togli il giocattolo al piccolo quello piange. Inutile dire te lo darò più tardi o dopo, un attimo, quello piange perché non sa collocare le cose nel tempo; lo capirà verso i tre anni (8), non sa aspettare. Se il mondo ci apparisse senza collocazione alcuna, sarebbe indecifrabile, per questo occorre un tempo e uno spazio interno, se no il mondo dove lo sistemiamo? E' quel che succede per esempio nel sogno (anche in quello a occhi aperti) dove spaziamo in un mondo senza riferimento; l'isola della coscienza vaga senza rotta nel mare e la nuvola dell'io senza meta nel cielo. Nella veglia c'è sempre un punto che permane, intorno al quale la vita scorre, come l'arcobaleno sulla cascata che mantiene immutate le sue qualità, mentre il flusso d'acqua lo attraversa (9). Lo sfondo delle cose già successe ci accompagna, ma siamo protesi in avanti; siamo nati già condizionati a esser presenti e a progettare, portandoci dietro la nostra storia. Il nostro tempo è soggettivo e oggettivo, è il tempo della nostra vita, intrecciata alle storie dei genitori, fratelli, amici, amanti, sconosciuti. Ogni tempo è il nostro tempo, ed è un concetto astratto (10), ma noi lo avvertiamo come reale e concreto. Avvertiamo il tempo dentro, come privato e variabile; e fuori, come pubblico e misurabile. Ma non sappiamo descriverlo. Il linguaggio non serve; mirabile la risposta di Agostino, nelle Confessioni; lo so ma se me lo chiedi non lo so più, “dovunque sono, qualunque cosa sono, non sono che presente” (11). Nella sala d'attesa non passa mai, davanti al computer vola. Le giornate dell'adulto sono rapide, quelle del bambino scorrono piano. In posti nuovi il tempo rallenta, nella routine una settimana passa come un giorno. L'alcool da al tempo una percezione più lenta; la caffeina più veloce, così come la febbre alta, la marijuana può indurre a errori. C'è un tempo dove contano le emozioni e uno dove prevale il calcolo. Non siamo mai in contatto immediato con la realtà, che sembra scivolare via nel passato, e nemmeno con il futuro, che sembra stare davanti “come un iceberg, che ondeggia a picco di fronte alla prua di una nave” (12). Nei nostri processi mentali inconsci non esiste il tempo, poiché il trascorrere del tempo può non modificarli affatto (13). Il tempo in realtà non passa, come canta De André, : “Vola il tempo lo sai che vola e va, forse non ce ne accorgiamo ma più ancora del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo” (14).
Luciano Peccarisi
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NOTE
1) Husserl E, (1981) Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Angeli ed., Milano, pp. 59-136
2) Musil R. (1957) L'uomo senza qualità, Einaudi, Torino, 1957, I, p. 12
3) Manzotti R., Tagliasco V. (2008) L’esperienza. Perché i neuroni non spiegano tutto, Codice, Torino p. 213
4) Foster R., Kreitzman, L. (2007) I ritmi della vita. Gli orologi biologici che controllano la vita quotidiana di ogni essere vivente, Longanesi, Milano, p. 103
5) Kern S. (1983) Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, il Mulino, Bologna, 1988, p. 21
6) Damasio A. (1999) The Feeling of What Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, tr. it. 2000, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, p. 142-150
7) Metzinger, T. (2009) Il tunnel dell'io, tr. it. 2010, R.Cortina, Milano p. 43
8) Piaget J. (1946) La Génèse du Temps chez l'Enfant, PUF, Paris
9) James W. (1890), The Principles of Psychology I-II. Dover, New York, p. 630, tr. it. Principi di psicologia, Principato Editore, Messina, 1969
10) Lowe E.J. (1097) The Indexical Fallacy in McTaggart's Proof of the Unreality of Time, Mind N.S., 96, pp. 62-70
11) Agostino, Confessioni, Valla-Mondadori, Milano, 1996, vol. IV, p. 132
12) Minkowski E. (1971) Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia, Torino, p. 89
13) Freud S. Al di là del principio del piacere, in Opere IX, 1917-1923, Torino, 1977
14) Fabrizio D'André Valzer per un amore
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