Riflessioni sulla Mente
di Luciano Peccarisi - indice articoli
La mente autentica?
ottobre 2010
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L’Anima nasce dal basso
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Il fascino dell’autenticità
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Spirito autentico
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Siamo sempre noi stessi
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Cervello e mente
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L’entità della coscienza
La vita autentica (1) è un piccolo libro di Vito Mancuso, un intelligente teologo che si rivolge spesso ai laici, che a volte dice di apprezzare più dei credenti, quando sono tali solo per un bisogno d’appartenenza. Il libro offre spunti per continuare le nostre riflessioni sulla mente.
La mia tesi, a differenza di quella di Mancuso, è che non possiamo pretendere troppo dalla percezione che abbiamo di noi; potrebbe essere sbagliata. Potremmo considerarci autentici, ma non esserlo per niente senza neanche accorgercene.
L’Anima nasce dal basso
L’anima è pensata da Mancuso a partire dal basso. In un corpo inanimato l’energia è concentrata nei suoi legami interni, l’energia che costituisce un corpo animato invece eccede invece la conformazione materiale. Questa eccedenza rende possibile il movimento, la vita, l’anima. Dal big bang iniziale ad oggi, il cammino dell’uomo è caratterizzato da discontinuità, fino alla complessità dell’intelligenza e da questa alla dedizione verso il bene e la giustizia (l’autenticità della vita). Ognuno può ottenere lo stesso risultato che questa logica ha raggiunto, producendo nel cammino dell’essere un’altra discontinuità: la vita come puro spirito. Non è l’anima in quanto tale ad essere immateriale, ma solo il suo vertice: lo spirito. Se noi pensiamo a che cos’è la vita, dice Mancuso, a com’è fatta, a quanto essa è probabile alla luce delle condizioni iniziali della materia, dei gas primordiali dell’universo, non possiamo cavarcela così facilmente con la teoria del caso. La vita non è a disposizione di chi la voglia manipolare per il bene supremo della causa della conoscenza e del benessere umano materiale, e senza una anche minima scintilla di felicità e di bene a cui, per dirla corta, ci siamo banalmente ridotti. La separazione dello spirito dalla materia, garanzia della sua immortalità, non è tale perché lo spirito discende dall’alto, ma perché è salito dal basso. Il dogma cattolico dell’immortalità “naturale” dell’anima, va fondato sulla ragione se si vuole proporlo sensatamente al mondo d’oggi, e non affidarlo alle improbabili “numerose conferme bibliche”. L’anima viene dalla stessa sorgente da cui proviene il corpo, vale a dire i genitori. Al contempo con un movimento ascendente dell’organizzazione della vita, si arriva a concepire, quale fenomeno che sale dal basso, la reale sussistenza dell’energia spirituale, la punta dell’anima, lo spirito, che giunge ad essere pensabile come “separato”, quindi “immortale”.
Il fascino dell’autenticità
La mente autentica, per Mancuso, si fa riconoscere, emana un profumo di coraggio, di aderenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, al suo cospetto riconosciamo un fascino tipico. Manca la doppiezza, la fastidiosa sensazione d’ambiguità, di servilismo, l’attaccamento al vantaggio, promana invece forza interiore, trasparenza, un modo d’essere forte e una sincerità di fondo. Vi sono uomini di fronte ai quali si prova un istintivo senso d’ammirazione e di stima, e altri che suscitano solo pena e disgusto. Per una vita autentica non è necessaria la fede in Dio, è però necessaria la fede nel bene e nella giustizia quali dimensioni più alte del vivere. La pienezza della vita suppone il riconoscimento pratico del primato dell'etica. Bisogna essere giusti, però, in un mondo che spesso giusto non è, occorre avere fede nella giustizia (o, che è lo stesso, nell’armonia dell’essere). L’autenticità è una cosa seria e coloro che si rendono conto di non averla, devono fare uno sforzo per conquistarla. E’ legata alla nostra coscienza. La coscienza e la libertà non sono “nulla di magico, nessun trucco” dice Mancuso. Il cervello di zebra è più ricco e complesso, ed è più organizzato di quello di una chiocciola che è meglio di quello di un’orchidea, che è più organizzata di un petalo. Tutte queste organizzazioni forniscono coscienza e libertà, in misura diversa. Ma è sempre l’organizzazione che le determina. Ma, continua Mancuso, solo certi animali (noi) possiedono ‘lo spirito’ e solo lo spirito “ è in grado di comprendere lo spirito”. Ed ecco allora che il magico (il trucco) uscito dalla porta è rientrato dalla finestra. Perciò per Mancuso le neuroscienze “non sono adeguate a comprendere il livello superiore dell’essere che si manifesta come coscienza, libertà e responsabilità”. Meglio la psicologia, la filosofia, l’arte, la teologia, la letteratura. In attesa di un verdetto unitario che non c’è, Mancuso dice la sua: l’uomo autentico è quello libero, anche da se stesso, e vive per la giustizia, il bene, la verità.
Quando comincia la libertà, soprattutto a livello di vita spirituale, inizia pure la possibilità dell’inautenticità. Lo spirito libero è anche capace di mentire. Mancuso riferisce la possibilità di una menzogna inconscia. Il narcisista ossessivo, ha un ottimismo di facciata, ma è dominato a livello mentale da una tale forza di gravità che, come un buco nero risucchia tutto quanto gli passa vicino. Per questo ha un destino di solitudine e rimane solo, anche in mezzo agli altri, triste, gelido, a contemplarsi. Quelli che lo frequentano hanno la spiacevole sensazione di dover stare attenti ad esprimere il proprio pensiero e a modificarlo poter compiacere. Si crea un vortice di malintesi e menzogne. Il narcisismo è inautenticità e Mancuso lo definisce una terribile “malattia”, non del corpo però ma “spirituale”. Allora si evade con la finzione, si cerca di uscire, non si è autentici, non si è più fedeli a se stessi, come lo sono invece le pietre, gli alberi e i gatti. Giacché noi siamo liberi e loro no. Noi abbiamo lo spirito e lo spirito è capace di menzogna. Non solo di menzogna volontaria, ma, e qui è meno chiaro, possono essere l’espressione del nostro “inconscio inautentico”.
Spirito autentico
Ma come facciamo a verificare che lo spirito è autentico? Se dico ad un seguace di Berlusconi che non è libero e si è fatto infinocchiare dalla televisione, lui a sua volta potrebbe considerarmi imprigionato da idee comuniste. Se ognuno insiste sulla propria libertà, ci vorrà un terzo osservatore, un ente superiore, un ulteriore spirito a decidere.
Le neuroscienze non possono ambire ad essere un osservatore neutrale. Del resto non sono in grado di prevedere il comportamento di un gatto figuriamoci pertanto dell’essere umano. Ma attenzione basta non insistere sul concetto ‘difficile’ di libertà, e, più modestamente, ricorrere a quello di ‘gradi’ o ‘elasticità’ del comportamento rispetto alla rigidità biolgica. Bin Laden si considera libero ed autentico? Se interrogato, forse ci direbbe che è lui a produrre bene e giustizia e noi violenza e distruzione. Forse direbbero così anche Hitler o Mussolini. Poi Mancuso si dice a favore della “guerra giusta” (se ne dispiacerà Gino Strada, il fondatore di Emergency) e qui ritorna il solito problema dell’ente superiore che valuta quando la guerra debba considerasi giusta.
Certo che c’è di male a dire che la vita autentica é quella vissuta all’insegna del bene e dell’amore, ma ognuno potrebbe credere legittimamente di possederla.
Dice Mancuso: “per essere autentici occorre essere fedeli a se stessi ma, nello stesso tempo, diffidare di sé: “C’è un necessario legame con se stessi, ma un’altrettanta necessaria esigenza di superarsi”.
Siamo sempre noi stessi
Le generazioni di milioni d’anni prima di noi, ci hanno fornito carattere, emozioni, tratti, tendenze e predisposizioni, con cui dovremo fare i conti tutta la vita. Poi i virus della mente ci hanno infestato, fin da quando siamo stati esposti alle prime idee e alle convinzioni degli altri. Le esperienze personali infine hanno forgiato l’inconscio.Nella condizione di ‘consapevolezza’ solo alcuni contenuti giungono all’io. Gli altri stanno sotto, in coperta, competono tra loro; quello che vince, volta per volta, salirà poi nella sala comando. A guidare la nave.
Ora, avere come dice Mancuso il controllo e il governo completo di tutte queste cose da parte di un povero io, mi pare poco probabile.
Chi è questo io? A cui dovrò essere fedele o diffidare? Se io ho (vale a dire possiedo) un ‘io’ allora posso guardarlo e cercare di cambiarlo, ma io non possiedo nulla, io sono io stesso. Mancuso, per quadrare il cerchio, ricorre alla vecchia soluzione dei primi uomini animisti: un ingrediente in più. Un ‘fantasma nella macchina’ direbbe Gilbert Ryle. Oltre al “groviglio di fili” che ci permette di funzionare noi possediamo lo spirito. Solo lo spirito è in grado di comprendere lo spirito e può parlare di libertà “la quale per definizione è autonomia dalla materia”. La materia da una parte e lo spirito da un’altra. Io, tuttavia, io posso conoscere il mio spirito? Quando sono sveglio e attento mi sento padrone di me stesso, e i miei sentimenti li conosco bene. Ma mi- sento – padrone - di me, che significa? Io sta al posto del mi, poi sono sempre io che sento, e sempre io il me stesso. E’un gioco di parole. “Alcuni” dice Mancuso “ sono giunti perfino ad affermare che non esiste alcuna entità reale corrispondente al termine coscienza”.
Cervello e mente
Quando il cervello è sano la mente, l’espressione del suo funzionamento, può esser sana. Le predisposizioni genetiche e lo sviluppo successivo formano l’insieme delle caratteristiche mentali e di comportamento. Tuttavia esse dipendono sempre dal cervello; io non posso dire al mio cervello, sii autentico. Oppure lui è autentico e la mente no; e devo fare ogni sforzo possibile per riportare la mente bizzosa alla serietà del cervello. Questo significa separare cervello e mente, corpo e anima; questo è il dualismo di memoria cartesiana. Mentre nessuno sa dove sta la mente e l’anima; tutti sanno invece dove sta il cervello. E quello che può succedere quando funziona male. Come per S., una giovane donna, in cura con il dott. Damasio, affetta dal morbo di Urbach-Wiethe, (in cui non funzionava l’amigdala, un ammasso di neuroni del cervello che, tra l’altro, regola la percezione della paura) (2). Dal punto di vista della socialità, S. era eccezionale, un atteggiamento estremamente positivo, “altri parlerebbero di eccessiva e inopportuna disponibilità”, dava l’impressione di essere priva di riserbo e reticenza; allacciava troppo facilmente rapporti di amicizia, cotte romantiche, e coloro di cui si fidava spesso n’approfittavano. Come dice Damasio “La natura umana è davvero piena di contraddizioni e difficile da descrivere anche nelle circostanze migliori e nel pieno della salute, ma è quasi impossibile renderle giustizia quando si entra nel regno della malattia”.
L’entità della coscienza
Ma che tipo di entità è la coscienza? Forse è bene pensare ad un’entità virtuale. Tutti ammettono ad esempio che esiste la cultura, la giustizia, la democrazia, l’arte, ma non sono oggetti, nessuno sa dove si trovano. La cultura è fatta da milioni di piccole cose, pensieri, scritti, libri, biblioteche, scuole, università, film, dibattiti. La giustizia è fatta di tribunali, leggi, regole, giudici, avvocati, arringhe, testimoni. La democrazia, di leggi, parlamenti, regole, votazioni, campagne elettorali. L’arte di pittori, scultori, musicisti, mostre, musei, stili, correnti. Lo spirito potrebbe essere della stessa stoffa. Sorto da tante cose, dalla scoperta del fuoco, ascia, arco e frecce, parole, linguaggio, villaggi, paesi, strade, auto, internet. Ed in ognuno si cristallizza, si coagula, in quella forma, quella storia di pensieri, opere e parole che chiamiamo spirito. Il nostro spirito è forse solo costituito dal modulo della mente, un modulo virtuale. Con cui siamo nati, e poi da ciò che abbiamo appreso e da quello che abbiamo fatto, si è raffinato e ‘umanizzato’. Non siamo doppi, siamo solo anomali. Non abbiamo due io, uno poverello e scarso e l’altro ricco e buono (presente in tutti), verso cui tendere per essere davvero autentici. La ricerca dell’autenticità è un processo naturale, ma solo per chi ha i presupposti per averla.
Mancuso è uomo di cultura, fa un sacco di citazioni; dice ad esempio di sentire un’istintiva simpatia per il principe Miskin protagonista dell’Idiota di Dostoevskij, che ha una “istintiva repulsione per la furbizia” (3). Eppure è Dostoevskij che fa dire a Ganja, durante un alterco con il principe (che pure in un primo tempo aveva ritenuto idiota) “il furbo mi ha fatto chiacchierare più del dovere, e poi di botto si è tolto la maschera” (p. 74). E un altro personaggio, Ed Keller, dice al principe: “ Con una parola voi fate trasecolare un uomo! Siete così semplice e ingenuo…e nello stesso tempo avete una profonda comprensione psicologica” (p. 213) Qual’è allora l’autentico principe Miskin, quello che appare o quello che in effetti è? E il principe ne è consapevole?
Luciano Peccarisi
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NOTE
1) Mancuso V. (2009) la vita autentica, Cortina
2) Damasio A. (1999) The Feeling of What Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, trad. it. 2000, Emozione e coscienza, Adelphi, p. 83-85
3) Dostoevskij F.M. L’Idiota Biblioteca Economica Newton, 1995
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