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Superstizione e religione
di Domenico Caruso - Febbraio 2012
Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.), "degli altri poeti onore e lume" (Inf. I, 81) che Dante scelse come guida attraverso i gironi dell'Inferno e del Purgatorio, affermò che occorre incominciare da Giove, poiché tutte le cose sono piene del re degli dei: «Ab Jove principium, Musae; Jovis omnia plena» (Ecl. III, 60).
La religione rappresenta la realtà assoluta, indicata col nome di Dio (in greco thèos). Per alcuni il termine deriverebbe dalla radice latina del verbo ligare (legare), equivalente al rapporto di devozione verso la divinità, mentre la voce monoteismo (dal greco monos) denota la fede in un solo Dio. Quest'ultimo nome proviene dall'indoeuropeo deiwo e dalla radice div, col significato di luce. Ma la storia dell'umanità conobbe, nel corso dei secoli, diverse forme di riti e usi sacri, per cui è opportuno formulare un concetto: «La religione non è solo conoscenza più o meno speculativa di una realtà. Presa così sarebbe uno studio o una riflessione filosofica. E neppure si riduce al desiderio di un bene percepito sotto forma di divinità. L'elemento fondamentale della religione è la contingenza, l'essere stesso e l'esistere creaturale dell'uomo». (1)
L'analisi delle religioni presenta dei punti in comune (costanti), partendo dai quali si giunge alla configurazione religiosa dei popoli.
A motivo di sintesi seguirò la classificazione adottata dallo studioso spagnolo Manuel Guerra, già docente di Teologia all'Università di Burgos.
La più arcaica religiosità, quella tellurica, espressa sotto forma di dea madre Terra (le cui figure femminili risalgono a circa 30.000 anni or sono), fa sì che nella terra si cali l'origine e il destino dell'uomo. Nel «bacino del Mediterraneo, attorno al quale i Greci si insediarono, a dire di Platone, come rane attorno a uno stagno, è la culla del Cristianesimo. Sotto l'aspetto religioso, in epoche precedenti l'avvento del Cristianesimo e nei primi secoli dopo Cristo, questa area fu dominata dalle religioni celesti e misteriche». (2) In tale divisione la rappresentazione umana (antropomorfismo) della divinità è Zeus, termine associato a quello di padre. Durante la costante etnico-politica, che segue, ogni popolo ebbe la propria religione; mancarono un fondatore conosciuto e il proselitismo; si tese alla conservazione e alla prosperità della comunità sotto i diversi aspetti. Mentre le radici delle religioni etnico-politiche e di quelle celesti si fusero nel sottosuolo del clan o del popolo, quelle misteriche trovarono corrispondenza nella terra resa divinizzata. A differenza di quanto avveniva nel fatto tellurico, l'efficacia si ebbe nel serpente quale simbolo e presenza del dio misterioso. Unito alla divinità, fin dal principio, l'iniziato aspirò al bene futuro.
«La salvezza e la felicità si misurano in base all'intensità della sympàtheia o com-passione, nel significato etimologico dei termini (greco il primo - simpatia - di origine latina il secondo), vale a dire, nella misura in cui sono sentiti con la divinità i propri dolori, la morte e altre sventure». (3)
Appariva indispensabile condurre un'esistenza corretta, costituendo la morte il passaggio da una vita all'altra.
Tralascio la trattazione delle religioni universali come l'induismo, il confucianesimo e il taoismo, il buddhismo, il jinismo, l'islamismo, lo yahvismo israelita poiché meriterebbero un approfondimento specifico.
Passo, così, al Cristianesimo che - pur possedendo tratti caratteristici delle religioni universali - si differenzia per la figura particolare del suo fondatore, Gesù Cristo. Anzi, nella storia generale delle religioni s'inserisce anche la Chiesa, la quale come «…Popolo di Dio presenta caratteristiche che lo distinguono nettamente da tutti i raggruppamenti religiosi, etnici, politici o culturali della storia…». (4) Diversamente dalle altre comunità, quella cristiana (in greco ekklesìa, chiesa, significa adunanza), proclama di essere la prosecuzione reale di Gesù Cristo. La presenza della Chiesa nel mondo avviene in modo sacramentale per la partecipazione amorevole di Dio, che si rivelò e si donò all'uomo. Prendo a prestito le parole di Corrado Balducci (1923-2008) per affermare: «…Nessuno poteva immaginare duemila anni fa, quando gli dei della mitologia greco-romana scagliavano i loro fulmini, una religione in cui Dio stesso venendo sulla terra avrebbe insegnato agli uomini una preghiera che incomincia: - Padre nostro… - ». (5) Poiché dipende da Dio, non c'è dubbio che «l'uomo non può convertire la divinità, in quanto realtà suprema, in oggetto di sua proprietà né in strumento al servizio delle personali necessità e capricci». (6)
Sembra incredibile come, nell'era presente contraddistinta dal progresso scientifico e tecnologico, l'uomo sia ancora schiavo di antiche sopravvivenze.
In tal senso collochiamo la voce superstizione (dal latino superstitio, che sta sopra), contrapposto a religio. Accanto alle costanti religiose, infatti, si svilupparono forme secondarie o degradate giunte fino a noi - come l'animismo, il feticismo e la magia. A proposito, il capolavoro comico di Peppino De Filippo (1903-1980) recita: «Non è vero… ma ci credo!». Il ricercare con la magia l'amore, la salute o altro dimostra di non voler accettare con serenità la volontà divina. Il mondo dei simboli, oltre che nelle superstizioni, è presente ed importante per l'esplorazione del nostro spirito nell'ambito prettamente cattolico. A nessuno sfuggono, ad esempio, i segni espressi nei sacramenti come l'acqua del battesimo, il pane di vita per entrare in comunione con Dio, il calice di vino (il sangue dell'uva, usato nel linguaggio rituale dell'antico patto d'alleanza). Ed ancora, il cero pasquale che rappresenta la luce del Cristo risorto, la domenica giorno del sole e del Signore; lo stesso rituale della Messa riassume altri numerosi simboli. La Chiesa si è posto l'arduo impegno di fare assumere a Cristo il ruolo di Elios, il dio sole dei greci e dell'antica Roma.
Al fine di scongiurare mali e disgrazie o per procurarsi il successo e la fortuna, vige ancora l'uso di portare addosso qualche piccolo oggetto, un amuleto. Il termine potrebbe derivare dal latino à-molior (tener lontano) oppure dal greco àmulon (specie di focaccia, che si offriva sugli altari o sulle tombe per propiziarsi gli dei o gli spiriti dei defunti). L'oggetto consacrato (in greco tèlesma) è noto anche come talismano.
Gli antichi egizi consideravano un efficace amuleto lo scarabeo alato (Kepher), animale rappresentante il dio-sole RA che moriva al tramonto per risorgere all'alba del giorno successivo. Lo scarabeus sacer, dalle braccia lunghe, originario del Taiwan, come lo stercoraro ha l'abitudine di creare pallottole di fango ed escrementi che, oltre a procacciargli il nutrimento, favoriscono il dischiudersi delle sue uova. Pure il dio sole (Khepri) svaniva per poi rinascere. Nei primi secoli del Cristianesimo, i Padri della Chiesa proibirono le pratiche pagane e considerarono gli amuleti fonte di idolatria.
Durante il governo di alcuni imperatori romani, persino le leggi civili vietarono l'uso degli amuleti per la cura di malattie o applicarono il supplizio a chi si giovava di parole magiche per lo stesso fine.
Fra le credenze degli avi, nella nostra Piana erano note le cerimonie d'ascolto. Dopo la recita di alcune formule, si chiedeva al santo un segno di buono o di cattivo presagio. Così a S. Martino di Taurianova, Santa Monica o S. Elena avrebbero rivelato in anticipo al proprio devoto l'esito di un evento. Ecco la traduzione di una formula:
Sant'Elena mia, imperatrice,
figlia del re Carmelitano,
vi partiste con un grande esercito
per cercare la Santa Croce;
dopo averla trovata,
la Croce vi abbracciaste.
Per la mia indegnità,
per la vostra santità:
mostratemi la pura verità!
Prima di disporsi all'ascolto si recitavano un Pater, un'Ave e un Gloria. Era di buon auspicio l'aprirsi di porte e finestre, l'accensione di luci, l'abbaiare di cani; di cattivo augurio - invece - il pianto di bimbi, la chiusura di imposte, lo squittio della civetta. L'animismo figurava molto diffuso: a parte i semplici dotati di un certo carisma, numerose altre persone presumevano di vedere e di parlare con i cari defunti.
Mentre il cristiano si metteva al servizio di Dio, c'era chi avrebbe voluto servirsi di Dio o di potenze occulte per il proprio interesse.
Oggi il prosperare dei nuovi movimenti religiosi, composti prevalentemente di giovani che si distaccano dalla fede, viene condannato come idolatria.
Fra le figure del Vangelo, quella di Tommaso ci induce ad una responsabile riflessione. Pur avendo sempre dimostrato fermezza d'animo e lealtà nei confronti di Gesù, l'apostolo si rivelò incredulo allorquando il Divino Maestro nella sua assenza apparve ai discepoli. Un ragionevole scetticismo non è da condannare, ma giova a stimolare la ricerca della verità: «Beati quelli che hanno creduto senza aver visto!» (Gv 20, 29). Va bene la fede, ma anche chi è nel dubbio potrà divenire beato: dipenderà dalla sua scelta.
Vale per tutti riflettere sull'opera Orme sulla sabbia della scrittrice canadese Margaret Fishback Powers (nel mio adattamento):
Ho sognato che passeggiavo
lungo la spiaggia con il mio Signore
e rivedevo sullo schermo del cielo
proiettate le scene della mia vita.
E per ogni giorno trascorso
apparivano due orme sulla sabbia:
le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho notato una sola orma,
in coincidenza con i periodi di maggiore angustia e di dolore...
Allora ho domandato: - Signore,
ho scelto di vivere con te
e tu mi avevi promesso
che avresti camminato sempre accanto a me.
Perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti più difficili? -
E Lui mi ha risposto:
- Figlio mio, lo sai che ti amo
e non ti ho abbandonato mai:
i giorni nei quali
hai visto soltanto un’orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui
ti ho portato in braccio -
Domenico Caruso
Pubblicato sul mensile "La Piana" di Palmi-RC - Anno X, n.3 - Marzo 2011
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NOTE
1) Manuel Guerra, Storia delle religioni - Editrice La Scuola, Brescia - 1989.
2) M. Guerra, op. citata.
3) M. Guerra, op. citata.
4) Catechismo della Chiesa Cattolica - (al n. 782) - Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano - 1992.
5) Domenico Caruso, Parapsicologia Oggi - Nel Mondo del Mistero, Centro Studi S. Martino - S. Martino-RC, 1987.
6) M. Guerra, op. citata.
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