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Nichilismo
Il nichilismo (volontà del nulla) è un orientamento filosofico che nega l'esistenza di valori e di realtà comunemente ammessi.
La diffusione del termine risale alla fine del '700 (latino NIHIL=nulla) quando Jacobi caratterizzò come nichilista la filosofia trascendentale di Kant e soprattutto la ripresa fattane da Fichte. Secondo Jacobi il sistema della pura ragione "annichila ogni cosa che sussista fuori di sé".
Successivamente Schopenhauer riprese in chiave nichilista il problema della conoscibilità e dell'essenza del reale. La realtà fenomenica è l'apparenza nullificante e dolorosa della Volontà irrazionale e inconscia che origina il cosmo intero. L'uomo può liberarsi solo cessando di volere la vita e il volere stesso, per abbracciare il nulla.
Con Dostoevskij il termine indicava la perdita dei valori tradizionali cristiani nel mondo moderno, il destino della modernità dopo "la morte di Dio". Per Dostoevskij la morte e la negazione di Dio da un lato, e la fede nel Dio negato ma redentore proprio perché sofferente (capace di salvare la sofferenza, prendendola su di sé, dall'insensatezza e dal vuoto nulla) dall'altro, avrebbero potuto ricondurre, attraverso il crogiuolo del nichilismo, il cristianesimo al rinnovamento.
Per Nietzsche il nichilismo appartiene alla vicenda del cristianesimo, che insegnando a cercare la verità in un altrove metafisico, condanna il mondo e Dio stesso al nulla.
Il termine di nichilismo fu usata da Nietzsche in tre occasioni principali:
nel passato è esistito un nichilismo intrinseco a tutte le metafisiche, dato dal prevalere in esse di un atteggiamento contrario alla vita.
Secondo Nietzsche tutti i sistemi etici, le religioni e le filosofie elaborate nell'intera storia dell'Occidente sono interpretabili come stratagemmi elaborati per infondere sicurezza alla gente, a coloro che non riescono ad accettare la natura imprevedibile della vita e quindi si rifugiano in un mondo trascendente; sono reazioni protettive di un uomo insicuro, spaventato dalla propria stessa natura (dalle passioni, dall'istinto) ed incapace di accettarsi. La massima espressione di questa nullificazione dell'uomo è stata la religione ebraico-cristiana: l'etica dell'amore, della pietà e della mortificazione del corpo in vista di una ipotetica felicità ultraterrena è solo una perversione dello spirito, una patologia dell'umanità;
in una seconda accezione Nietzsche intese con nichilismo la morte di Dio, ossia la condizione dell'uomo moderno, che a partire dall'Illuminismo ed a causa di una "accresciuta potenza dello spirito", crede sempre di meno nei valori tradizionali. E' una crisi di una civiltà che Nietzsche riassume con la formula "Dio è morto", dove Dio è il simbolo di tutte le fedi e di tutte le metafisiche. Nietzsche descrisse in termini efficaci questo nichilismo (la crisi di valori) dell'epoca attuale: notò ad esempio come il venir meno di ogni certezza, l'abbandono di ogni prospettiva religiosa o oltremondana, provochino nell'uomo contemporaneo un forte senso di fallimento e smarrimento esistenziale. Ne consegue una nostalgia del passato, il rimpianto per quel periodo felice in cui ancora si credeva alle favole metafisiche. L'uomo moderno non crede più, ma vorrebbe credere; d'altra parte non sa più in cosa credere e non riesce più ad usare i miti ed i riti del passato. Finisce quindi con l'inventarsene di nuovi, crea nuove fedi in sostituzione delle antiche spesso investendo di senso religioso le ideologie politiche. Nelle esperienze tragiche della storia moderna, nel proliferare delle sette religiose, nel persistere di credenze magiche (astrologia, parapsicologia, ufologia) e persino mistiche (le apparizioni della Madonna) si può vedere un disperato nichilismo, una "volontà di credere ad ogni costo" a qualcosa;
esiste infine per Nietzsche, un nichilismo attivo e positivo: l'atteggiamento proprio dell'oltreuomo che accetta la "morte di Dio" e con essa la fine di ogni metafisica ed è capace di reggerne psicologicamente le conseguenze.
In questo senso Nietzsche rivendicò per sé il titolo di primo nichilista.
Così Nietzsche parla di sé:
"Ciò che io racconto e' la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene, ciò che non può fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa storia può già ora essere raccontata; perché la necessità stessa e' qui all'opera. Questo futuro parla già per mille segni, questo destino si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie sono già in ascolto. Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile ad una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più ed ha paura di riflettere. - Chi prende qui la parola sinora non ha fatto altro che riflettere: come filosofo ed eremita d'istinto, che ha trovato vantaggio nell'appartarsi, nel restar fuori, nel ritardare, come uno spirito audace, indagatore e tentatore che già si e' smarrito in ogni labirinto dell'avvenire;…che guarda indietro mentre narra ciò che avverrà, come il primo nichilista compiuto d'Europa, che ha già vissuto in sé sino il nichilismo sino alla fine, e ha il nichilismo dietro di sé, sotto di se, fuori di se" (Wille zur Macht)
Il filosofo individua accanto a un "nichilismo attivo", segno di forza e crescita dello spirito, anche un "nichilismo passivo" determinato dall'attenuarsi dell'energia dello spirito e che comporta l'accettazione rassegnata della crisi dell'epoca.
Sotto questi riguardi, il nichilismo si rivela chiuso in un equivoco che lascia aperta la possibilità di essere "per l'una o per l'altra, ma anche per l'una e per l'altra"
[...] Nichilismo come segno della cresciuta potenza dello spirito: come nichilismo attivo.
Può essere un segno di forza: l’energia dello spirito può essere cresciuta tanto, che i fini sinora perseguiti ("convinzioni, articoli di fede") le riescano inadeguati.[...]
Nichilismo come declino e regresso della potenza dello spirito: il nichilismo passivo: come segno di debolezza: l’energia dello spirito può essere stanca,
2. presupposti di quest’ipotesi: Che non ci sia una verità; che non ci sia una costituzione assoluta delle cose, una "cosa in sé"; ciò stesso è un nichilismo, è anzi il nichilismo estremo. Esso ripone il valore delle cose proprio nel fatto che a tale valore non corrisponda né abbia corrisposto nessuna realtà, ma solo un sintomo di forza da parte di chi pone il valore, una semplificazione ai fini della vita.
(tratto da: F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, in Id., Opere complete, trad. it. di S. Giametta, vol. VIII, tomo II, Adelphi, Milano 1971, pp. 12-14)
Fonte: www.matmatprof.it
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