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Ma che cos’è la coscienza?
Di Luciano Peccarisi
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Andy Clark è professore di Filosofia e Scienze Cognitive nel Regno Unito e rifiuta la classica distinzione tra interno ed esterno. Per lui la mente non può che intendersi come estesa. Estesa fuori dalla scatola cranica a inglobare l'ambiente esterno: è come una sorta d’impalcatura su cui il cervello fa leva per rendere più efficaci i suoi processi di elaborazione. Il problema mente-corpo, in realtà nasconde in sé un terzo elemento: è il problema del rapporto tra mente, corpo e impalcature. Comprendere questo nuovo assetto evolutivo è decisivo per la nostra scienza, per i nostri principi morali e l'immagine di noi stessi, sia come specie che come persone (24). Bisogna superare il modello classico della mente come sistema di elaborazione di simboli e passare alla nuova scienza cognitiva incentrata sull'interazione tra percezione e azione, sulla robotica situata e la vita artificiale, sui sistemi dinamici, sulla tecnologia della cognizione. Il pensiero non è equiparabile a una sorta di calcolo formale (elaborazione di un programma) su simboli interni (rappresentazioni). Mente, corpo e ambiente perdono i loro confini che tradizionalmente li separano e bisogna immaginare un nuovo modello di cognizione nel quale ha senso dire che i nostri pensieri ‘sono in giro’, si realizzano (anche) nel mondo, o grazie al mondo, aldilà di ciò che avviene dentro la nostra testa. Le parole sono ‘attrezzi esterni’ che il bambino semplicemente incontra nel mondo (sono qualcosa in cui egli s’imbatte). Insomma l'ambiente (sociale e fisico) è parte integrante della mente umana. Le tecnologie odierne hanno permesso interventi di ‘ibridazione’ tra corpi e anche tra organico e inorganico: computer con i neuroni tratti dall'embrione di una rana. Ma non è necessario aprire scenari futuri per caratterizzare la natura umana in questo modo: infatti, diversamente dagli altri animali, gli umani siano dei cyborg ‘naturali’. Pensano e ragionano in primo luogo perché le loro menti sono costantemente dispiegate oltre i limiti del loro cervello. È alla profonda unità di mente, corpo e ambiente che occorre dunque prestare attenzione per comprendere sino in fondo quali siano i tratti pertinenti della natura umana. E oggi evidente la “tendenza generale dei ragionatori umani a dipendere pesantemente dal supporto ambientale” (25). Quando si guarda al tema in questo modo, diventa davvero difficile stabilire dove la persona finisce e dove ha inizio il mondo. Siamo portati a sperimentare i diversi artefatti, quali un bastone per ciechi, un bastone da passeggio, una bicicletta o una racchetta da tennis, come parti inseparabili di noi stessi. Il sistema che chiamiamo mente è in realtà molto più ampio di quello che chiamiamo cervello.
Vilayanur S. Rachamandran, professore di neuroscienze e psicologia a San Diego, California, afferma che tra i 75.000 e i 50.000 anni fa, apparvero sul pianeta, per opera di un essere vivente, cospicue novità. Utensili, strumenti, ornamenti, capanne, riti, opere d’arte, feste, accensione del fuoco, coltivazioni. Opera di una mente nuova capace di imitare e di parlare. L’uomo ha creato la cultura e ora il suo cervello è inestricabilmente legato all’humus culturale in cui è immerso. Se fossimo allevati in una caverna dai lupi o in un ambiente del tutto privo di cultura, saremmo a malapena umani.
La storia umana tuttavia non è stata miracolosa. Studiando i disturbi mentali e ponendosi le domande giuste i neuroscienziati possono cominciare a rispondere ad alcuni degli interrogativi più pregnanti, che fino a ieri si ponevano solo i filosofi, sulla mente e sul cervello. Noi “ siamo del tutto inconsapevoli della stragrande maggioranza degli eventi in atto nel cervello” (26). Una donna all’apparenza normale soffriva di un unico bizzarro disturbo, ogni tanto la mano sinistra le afferrava la gola cercando di strangolarla mentre con la destra si difendeva cercando di tenerla a bada. Per una lesione al corpo calloso, il ponte che unisce i due emisferi simmetrici del cervello, antiche tendenze suicide del destro che controlla la mano sinistra, non più tenute a freno dal sinistro, erano libere d’attuare l’insano proposito. Con l’altro invece la donna cercava di salvarsi (27). Questa è una dimostrazione clinica che quel che chiamiamo coscienza non è per niente un’entità unitaria, bensì un insieme di cose.
Vi è una malattia che si chiama anosognosia (negazione di malattia) in cui chi ne è affetto, di solito chi ha un ictus nell’emisfero destro del cervello (ma non nel sinistro), nega la paralisi e dice che la mano è immobile perché non ha voglia di muoverla o ha l’artrite o inventa altre scuse. Questo perché l’emisfero sinistro ha il compito di rimanere sempre coerente con il comportamento e fornire spiegazioni, e quando invece si presenta un’informazione incompatibile con il sistema di convinzioni, la rifiuta e accampa le più bizzarre giustificazioni (28).
L’evoluzione ha costituito una ‘rappresentazione superiore’, una ‘metarappresentazione’ di noi stessi; una sorta di omino, un homunculus, che coinciderebbe con quello di cui invece si fanno tanto gioco i filosofi. Con questa metarappresentazione solo gli essere umani oltre ad avere le sensazioni qualitative di paura, piacere, benessere, terrore, serenità, inquietudine, hanno la coscienza di averle e possono perfino manipolarle. Un sistema particolare di neuroni capace di creare modelli interni di azione, mentre si guardano le azioni d’altri, sta alla base dell’imitazione. E’ il sistema dei neuroni specchio, scoperti da Rizzolatti e i suoi, e da lui ben descritto (29).
Questo sistema può essere divenuto circa cinquemila anni fa, così sofisticato, da determinare l’evoluzione esplosiva della capacità d’imitare (la costruzione di strumenti?) e che questo poi forse ha condotto ad una caratteristica squisitamente umana: la trasmissione culturale delle informazioni.
Jean-Pierre Changeux che è professore di neuroscienze al Collège de France guarda al cervello come ad un apparato di verità. Gli esseri umani sono gli unici animali che sentono di essere come entità separate dal corpo. Quale prodotto dell’evoluzione biologica per selezione naturale e “quali che siano l’etnia, il clima o l’ambiente, l’autorità dei geni assicura l’unità del cervello umano in seno alla specie” (30). Il cervello si comporta naturalmente come un sistema autonomo che proietta in permanenza informazione verso il mondo esterno, invece che riceverne passivamente gli influssi. “L’attività intrinseca spontanea del cervello è una delle sue principali componenti. Essa si manifesta attraverso potenziali d’azione prodotti spontaneamente dalle cellule nervose” (31). Ha scremato al suo interno, attraverso centomila generazioni di sapiens, rappresentazioni del mondo esterno sempre più efficaci e vantaggiose per l’individuo e per la specie.
Michael Gazzaniga, neuroscienziato, presidente dell’American Psycological Society, afferma che durante gli esperimenti su soggetti con i due emisferi cerebrali divisi e resi indipendenti (ovviamente per curarli da gravi malattie, specie dall’epilessia) si possono verificare diversi fenomeni di dissociazione, come se esistessero due flussi di coscienza separati l’uno dall’altro. Rappresentazioni trasmesse e affinate sia per via genetica (dalla precedente generazione) sia per via epigenetica (durante lo sviluppo del singolo individuo), come ad esempio il linguaggio e la matematica. Non bisogna guardare alla natura della materia di cui il cervello è fatto ma alla sua organizzazione. Il cervello produce conoscenze perché riesce a rispondere adattativamente alle novità ambientali. Il nostro sistema nervoso costruisce spontaneamente fin dall’inizio delle pre-rappresentazioni. Queste consistono in repertori d’attività neurali che prefigurano delle potenzialità cognitive (provano con i pensieri delle azioni), da mettere alla prova dell'esperienza e poi selezionare le migliori. Una sorta di giochi cognitivi. Su questo modello selezionistico o darwiniano, si possono allora definirne i correlati fisiologici e i problemi dell'origine evolutiva e delle basi neurobiologiche della memoria e dell'apprendimento, della coscienza individuale e sociale, del linguaggio, della morale e della cultura. In uno spazio di lavoro interno confluiscono, e vengono integrati e valutati, i dati elaborati selettivamente dai sistemi percettivi, mnestici, motori, attenzionali e di ricompensa. Con l'emergere e lo sviluppo del linguaggio il cervello è andato al di là dei giochi cognitivi mentali, creando le condizioni per una verifica non più solo individuale ma anche interpersonale e sociale della validità delle conoscenze. Inoltre la mediazione comunicativa ha prodotto l'emergere di regole esterne selezionate culturalmente, in grado di organizzare e potenziare l'efficacia cognitiva d’operazioni innate, come quelle ad esempio del calcolo. L’acquisizione del linguaggio nei primi mesi avviene non per accumulazione di dati ma al contrario per una ‘restrizione progressiva’ della relazione suono-senso (setacciata sull’intonazione e ritmo delle parole dei genitori in un mare sonoro immenso e indifferenziato). Il delinearsi dell’identità è appunto una selezione nella tempesta neuronale del bambino (due milioni di sinapsi al minuto), apprendere significa allora, in questo senso, soprattutto eliminare.
In una persona normale il cervello è uno perché i due emisferi comunicano attraverso un ponte detto corpo calloso. Se l’emisfero destro vede ad esempio un cucchiaio, passa il messaggio al sinistro che essendo dotato dei centri del linguaggio, può denominarlo. Se i collegamenti sono interrotti vede il cucchiaio ma non sa chiamarlo; anche se l’emisfero non linguistico destro non ha problemi nella percezione del cucchiaio (32). L’emisfero sinistro contiene l’interprete, il cui compito consiste appunto nell’interpretare il comportamento e le risposte cognitive ed emotive. Di costruire una storia continua delle nostre azioni, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri e dei nostri sogni. Esso fornisce, tra l’altro, al nostro bagaglio d’istinti individuali l’illusione che siamo qualcosa di diverso. Lascia che l’emisfero destro sogni, viva allucinazioni e stati alternativi di coscienza, crei metafore e miti, accolga ispirazioni musicali o letterarie. Tuttavia nulla di tutto ciò raggiungerà la soglia del cosciente se il censore digitale (l’interprete) rinverrà un alto tasso di irrazionalità nel contenuto. Sembra proprio esistere un meccanismo nella mente dell’uomo, più precisamente in questa parte digitale, che si sente in qualche modo obbligato a giustificare il perché della nostra condotta, costruendo delle vere e proprie teorie circa il suo significato. Sempre pronto a scattare in maniera del tutto automatica ogni volta che facciamo qualcosa, sempre attento a giustificare quanto fatto, lasciando rientrare il comportamento in una logica più accettabile. Nei test sulla memoria si è visto che l’emisfero destro tende ad essere veritiero mentre il sinistro genera spesso resoconti falsi, se servono ad essere coerenti e calzano con le convinzioni. Crea le differenze, scarta e accoglie in funzione della sua univoca logica. Tutto il resto cade nella sfera del non detto, nel regno dell’emisfero silente. L’interprete ci crea un’autobiografia. Gli animali non hanno una biografia, "la biografia è una creazione della mente. L'autobiografia è inevitabilmente un'invenzione” (33).
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NOTE
24) Clark A. (2003) Natural-Born Cyborgs. Minds, Technologies, and the Future of Human Intelligence, in Forme di Vita, n. 2-3, tr. it. Cyborg nati. Mente, Tecnologa, e il Futuro dell’Intelligenza Umana, Derive Approdi, Roma 2004, p. 175
25) Clark A, Chalmers D. (1998) The extended mind, in “Analys”, 58, p. 8
26) Ramachandran V.S. (2003), The Emerging mind, tr. it. 2004, Che cosa sappiamo della mente, Milano, Mondadori, p. 254
27) Rachamandran V.S. Blakeslee S. (1998) Phantoms in the Brain, tr. it. 2003, La donna che morì dal ridere e altre storie incredibili sui misteri della mente umana, Quark, Mondatori, p. 25
28) Rachamandran, V.S. et al. (1996) Illusions of body image: what they reveal about human nature. In The Mind-Brain Continuum, Cambridge, MA, MIT Press, pp. 29-603
29) Rizzolatti, G. Sinigaglia C. (2006) So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina, Milano
30) Changeaux J.-P. (1983) L’Homme neuronal, Paris, Fayard, trad. it. 1983, L’uomo neuronale, Feltrinelli, Milano (IV) ed. p. 238
31) Changeaux J.-P. (2002) L’Homme De Veritè, Editions Odile Jacob, trad. it. 2003, L’uomo di verità, Feltrinelli, Milano, p. 28
32) Gazzaniga M.S. (1998) The Split Brain revisited, in “Scientific American”, 279, I, pp. 50-55
33) Gazzaniga M.S. (1998) Mind’s past, Berkeley and Los Angeles, University of California Press; tr. it. 1999, La mente inventata, Guerini e Associati, Milano, p. 27
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